Faccia a faccia

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Sentendolo entrare in casa avevo deciso che avrei affrontato quella persona di merda. Aver visto Emanuele in quella condizione mi aveva devastato psicologicamente. Sentirlo parlare come avrebbe fatto qualche tempo prima, vederlo così spento, così grigio, era un dolore che non potevo sopportare.

L: “Non andare T”

T: “Vado  eccome, tu stai qui e chiudi la porta mh? Ti chiedo scusa se urlerò, ma non penso di potermi controllare”

Gli diedi un bacio sopra alla fronte e uscii dalla stanza per andare da quell’emerito minchione.

Quando arrivai davanti a lui nel salotto, l’unico desiderio che avevo era spaccargli la faccia, ma non ero più quel Tancredi e non mi sarei dovuto comportare in quel modo.

D: “Che cazzo fai tu qui?”

T: “Sono venuto a trovare un mio...amico e a te non deve interessare”

D: “È casa mia cazzo e poi con te ho parecchi problemi Tancredi, dal giorno in cui siamo andati al Mcdonald. Come ci si sente a non essere più i preferiti?”

T: “Tralasciando che non è un gara a essere il suo preferito o meno, ma comunque starò sempre un gradino sopra di te, se non nel suo cuore almeno a livello umano. Non sono un pazzo, manipolatore, ignorante e ottuso”

D: “Cos’è? Ti da fastidio non controllarlo più con i tuoi trucchetti?”

T: “Trucchetti? “

D: “Tutte le vostre cose, le vostre pillole, credete che io non lo sappia che sono stronzate?”

E con quella frase iniziai a scaldarmi. Sapevo che avrei iniziato a urlare e sapevo quanto avrebbe spaventato Emanuele nelle condizioni in cui si trovava.

T: “STRONZATE?! Ma lo vedi come sta? Sei dotato di occhi? Ti sembra una persona che stia bene?”

D: “Che ha che non va? Non ha nulla di male, fa le cose di sempre”

T: “STARE STESO IN UN CAZZO DI LETTO A FISSARE LA FINESTRA TI SEMBRA NORMALE?!”

D: “È fatto così, quanti problemi”

T: “Non è fatto così, non sai un cazzo di lui, un cazzo”

D: “Non saprò niente, ma almeno non sono stato lasciato e non mi sono messa con una dopo neanche una settimana dalla rottura. Questo è il rispetto che hai per lui Tancredi”

A quelle parole sentii i sensi di colpa. Capii quanto ero stato stronzo con lui, quanto lo avessi fatto soffrire con quel mio atteggiamento. Non ero stato meglio del ragazzo che avevo davanti ed era il motivo per cui Emanuele mi aveva lasciato: la fiducia.

Non volevo mollare però e non avevo voglia di lasciarlo in quelle condizioni. Per quanto lo avessi ferito, non mi sarei mai permesso di controllarlo o di vietargli qualcosa se riguardava il suo bene.

T: “Lo avrò anche fatto star male, ma non l’ho mai ridotto così. L’ho accompagnato nel suo percorso, sono sempre stato attento che prendesse le sue cure, l’ho amato con tutto il mio cazzo di cuore. Tu non sai cosa vuol dire aver la persona che ami davanti, che piange, perchè non riesce a vedere la luce. Non sai cosa vuol dire vederlo distruggersi e non poter far nulla. Non sai cosa vuol dire stare senza di lui per un mese per poi vederlo rinascere. Non sai un cazzo tu e non ti puoi permettere di giudicarci”

D: “Non siete un noi”

T: “Non saremo un noi, ma lo amo molto più di quanto potrai fare nella tua vita merdosa”

Detto quello mi girai e mi trovai Lele, stretto in una felpa, che ci guardava.

D: “Amore scusa, Tancredi è venuto a fare una delle sue scenate”

L: “Tancredi ha ragione...”

Lo sentii sussurrare flebilmente, mentre si avvicinava a me e mi stringeva delicatamente la mano.

D: “Cosa cazzo dici Emanuele? Ti sei fottuto il cervello. Lasciagli la mano”

L: “Vado con lui...”

D: “Vai, ma non tornare poi da me quando ti tratterà di nuovo come un tappetino”

L: “Non lo farà, mi fido di lui”

A quelle parole sentii gli occhi farsi lucidi. Lui si fidava di me? Non era possibile, non lo diceva da un po’. Gli strinsi la mano e, semplicemente, decisi di portarlo fuori da quella casa degli orrori.

L: “Non voglio uscire così”

T: “Chiamiamo Diego così ci porta in macchina da te?”

L: “Sì, ma poi non andate via”

T: “No, non andiamo via”

Ci sedemmo sui gradini fuori dal palazzo in attesa di Diego. Gli avevo mandato un messaggio e, fortunatamente, aveva risposto. Lo avremmo riportato a casa sua: era un posto che lo aveva sempre fatto sentire sicuro e protetto. Si appoggiò alla mia spalla, tenendo ancora una mano stretta alla mia.

Finalmente era al sicuro fra le mie braccia e quello importava.

L: “Io ti do fiducia T, ma non mi fare del male, ti scongiuro”

T: “Non potrei mai farti del male Lele, voglio vederti felice”

L: “E Martina?”

T: “Martina sa perfettamente ogni cosa che sta succedendo qua, sa cosa sei tu per me e non devi preoccuparti di lei”

L: “Non devi trascurarla per colpa mia. Lo hai già fatto con la tua vita, non farlo anche con lei”

T: “Non devi preoccuparti, okay?”

L: “Come faccio Tancredi?”

T: “A fare cosa?”

L: “A stare senza di te, a lasciarti andare”

T: “Non devi lasciarmi andare”

Dette quelle parole non gli risposi più, non bisognava aggiungere altro. C’era bisogno di tempo, di farlo riprendere e, sicuramente, il pensiero di noi due era l’ultima cosa che mi passava per la testa. Prima doveva stare bene, poi veniva tutto il resto.

Quando Diego arrivò con la macchina, ci fiondammo praticamente dentro: Emanuele seduto davanti e io dietro. Passai il viaggio sorridendo: Lele aveva preso la mano di Diego e non l’aveva mai lasciata, nemmeno per un secondo. Probabilmente in passato mi sarei incazzato, ma col passare del tempo avevo capito che nessuno poteva essere al pari del ragazzo che guidava, forse solo sua madre. Per quanto potesse amarti e donarti tutto sé stesso, chiunque veniva dopo Diego, ma andava bene così, perché lo rendeva felice.

Una volta sotto casa sua e dopo aver trovato un parcheggio di fortuna, salimmo e andammo diretti in camera: con la madre avrei parlato dopo .

D: “Tesoro, cosa vuoi fare?”

L: “Posso dormire?”

D: “Ma certo che puoi”

T: “Prima prendi le tue cose Le, poi fai la nanna”

L: “Non so se le ho ancora...forse nel cassetto”

Mi avvicinai al cassetto e trovai un flaconcino con dentro ancora alcune pillole. Gliene porsi una e senza fare troppe storie la ingoió.

L: “Restate qui?”

T: “Certo, se non ci trovi siamo magari da tua mamma a spiegare un secondo che è successo”

L: “Va bene e grazie”

D: “Non ringraziare, non poteva continuare così”

L: “Vi amo tanto”

T: “Sono geloso, ma anche io “

D: “Dio, ricominciamo...”

Scoppiammo a ridere: sembrava di essere tornati a casa.

Someone’s note

Ciao a tutt ed eccoci qua.

Grazie di leggermi, commentate e che gli anticorpi siano con voi. 

Someone

Futuro per i Tankele//Part ThreeWhere stories live. Discover now