Clack

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T: “Non mi va di litigare Le, basta, basta, è una mia amica, non capisco cosa ci sia di male”

L: “Non è lei, ma il fatto che, come tuo solito, devi fare il coglione e far pensare cose che non ci sono.”

T: “Io scherzo, lo sanno anche  loro, Emanuele per favore”

L: “NO, loro non lo sanno, se no non sarei qui a dirti qualcosa. Non voglio che mi si chieda se ci siamo lasciati perchè tu devi fare  il minchione”

T: “E cosa devo fare? Se mi chiedono se la trovo bella è chiaro che dico sì, non mi sembra di uccidere qualcuno”

Non gli risposi nemmeno: non ne valeva la pena, uscii semplicemente dalla stanza senza dire nulla. Perchè litigare con una persona che tanto si ostinava a non voler capire? Come sempre andava a sommarsi tutto assieme: problema su problema, casini su casini.

Diego era inavvicinabile: ogni volta che mi vedeva cambiava strada ed era preoccupante dato che condividevamo  una stanza. 

Tancredi aveva la sua nuova amica, le volevo pure bene, mi ci trovavo bene a parlare, era gentile, ma come sempre lui non era in grado di farsi roteare qualcuno attorno senza creare scandalo e chiacchiericcio ed ero stufo, dopo tutto quel tempo assieme.

Zoe aveva lasciato la casa prima ancora che iniziasse quel progetto, Valerio era Valerio, con Gian non stavo più parlando. In più si erano aggiunte un sacco di persone, che spesso mi infastidivano e creavano ansia, ma non potevo dire nulla. Quella non era più casa nostra.

Stavo vivendo una situazione di quasi totale solitudine, dovuta ai momenti no delle persone che avevo attorno, dei loro pensieri e delle loro scelte. 

Mi accomodai sulle sedie fuori e mi accesi una sigaretta, per poi sbuffare: era talmente poco che eravamo lì, eppure tutto stava iniziando come a sgretolarsi, frantumarsi. Forse era una cosa che avevamo sempre saputo: crescere significava venire sempre più individualisti, ma, a parer mio, era solo una stronzata per nascondere che, a ognuno di noi, quella casa facesse schifo. 

Ciò che stavamo vivendo, ciò che stavamo sentendo, ci faceva schifo.

Lo: “Posso?”

Mi voltai a guardare Lorenzo e gli sorrisi: certo che poteva.

Lo: “Sono uscito a prendere un po’ d’aria, dentro c’è un casino che mi sta per esplodere la testa”

L: “Lascia stare, odio tutta sta massa di persone, neanche fosse un hotel sta casa”

Lo: “Guarda che anche io mi sono aggiunto dopo”

Lo sentii ridere e scossi il capo.

L: “Lollo, per favore. Mi conosci da quando ero un bambino, ovvio che non parlassi di te”

Lo: “Lo so, posso sapere di chi stessi parlando?”

Lo guardai e non aggiunsi nulla spegnendo la sigaretta ormai al termine nel posacenere.

Lo: “Oh, penso di aver capito”

L: “Pensi di aver capito o ci hai sentito litigare? Pettegolo che non sei altro”

Lo: “Honey, maybe both, ma non voglio parlare di questo. Non capisco perchè tu te la prenda così tanto, sono amici”

L: “Non ci sei stato prima, non riesce a essere amico di una ragazza senza combinare casini”

Lo: “Dovresti fidarti di lui”

L: “Dovrei, ma quando fa così è difficile, non sai quanto”

Futuro per i Tankele//Part ThreeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora