Terzo Appuntamento

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Harry

Uscire da quel posticino niente male, con lo sguardo di Louis addosso, stretto in un completo di canotta e skinny jeans mi dava alla testa. Se solo ripensavo all'appuntamento della settimana scorsa impazzivo, il desiderio mi aveva consumato tutta la notte, tutto il giorno successivo e persino per l'intera settimana. Avevo avuto dei problemi con mia madre, ero sto occupato a sistemare certi documenti con lei per potermi fare accettare in una nuova scuola. Aveva insistito così tanto affinché passassi qualche serata con lei da farmi accettare per forza, facendo leva sui miei sensi di colpa per essere stato così lontano per tutto quel tempo. Louis non aveva fatto altro che inondarmi di messaggini poco carini, troppo spinti o troppo sdolcinati. C'era un qualcosa in tutta quella situazione che mi ricordava le nottate passate fra i messaggi con Liam. Scacciai immediatamente quel pensiero quando, Louis con la sua vocina squillante m'invitò a chiarirgli dove fossimo diretti. “Louis, non hai ancora imparato niente?”, lo presi in giro. Sbuffò ma alla fine si accoccolò al sedile e sorrise distendendo le labbra. Distesi un braccio fino a poggiare una mano sul suo ginocchio e farlo voltare in mia direzione, mi sorrise in un misto d'eccitazione e delicatezza. Era una sensazione strana, eppure la sentii aleggiare dentro allo stomaco e per la prima volta non provai a cacciarla via. La lasciai lì, a marcire dentro alla pancia con la sola voglia di darle un nome preciso. “Di qua non si arriva all'Hampstead Heath Park?”, mi chiese con un bel sorriso ad imperlare le sue belle labbra fini. Gli feci un occhiolino ingranando la marcia e continuando il nostro percorso a nord della città. Non disse altro, da quando eravamo usciti da quel ristorante non faceva altro che sorridere e starsene buono, come se aspettasse qualcosa da un momento all'altro o come se volesse dire qualcosa nel momento giusto. Beh, forse il punto più alto di Londra lo sarebbe stato. Quando giungemmo a destinazione vidi Louis saltare giù dall'auto e correre verso il grande parco. Da quell'altezza riuscimmo a vedere il London Eye e tutta Londra illuminata sotto ai nostri piedi. Era decisamente un posto magico quello, mi era capitato di trovarmici da solo o con Liam, a fumare una canna come un povero idiota depresso. “Come ti è venuto in mente?”, il suo sorriso avrebbe potuto accendere l'intero parco e persino l'intera città, era raggiante. Era rapito da quel panorama e quei due occhi azzurri acquosi e lucenti ne furono la prova. “Non lo so ma ero sicuro che ti sarebbe piaciuto”, dissi, mi morsi le labbra e lo affiancai. “Il tuo animo romantico esce sempre fuori e questo posto ha fatto il suo dovere”. Ridacchiai gettandomi in terra e distendendomi subito dopo sull'erba. Osservai il cielo puntato di stelle e tutte le preoccupazioni, gli attimi di paura provati, le mancanze, i sensi di colpa sparirono. Vennero sotterrati dal corpo di Louis che, con un tonfo sordo, si appollaiò al mio fianco. Il suo profilo per metà illuminato mi diede la possibilità di studiare la sua mascella poco mascolina, ma comunque bellissima da mordere, la barba accennata e il naso perfettamente dritto. “Anche il tuo di animo è venuto fuori, non hai pensato solo a me”, ed aveva ragione. Probabilmente la scelta di quel posto era stata più per me che per lui. Era un posto rilassante, un posto in cui riflettere e poter sentire il proprio cuore correre e galoppare. Un posto perfetto per ascoltare il proprio respiro e leggervi tra le righe qualunque cosa ci fosse scritto. “E' vero, questo posto è bellissimo per potersene restare in pace, non credi?”, mi voltai ad osservarlo e potei notare il suo movimento lento e quasi sensuale nello stendersi al mio fianco. Si voltò e mi persi dentro i suoi occhi azzurri, mi morsi le labbra per trattenermi dal muovermi di qualche centimetro ed avvicinare ancora una volta le nostre labbra. Era stato bello, quell'accostamento di labbra, quel sapore che ancora sentivo sulla lingua, quel bacio appena accennato dal sapor d'attesa. Volevo andarci piano, ma sarei stato capace di resistere ancora a quella lenta tortura? “E' romantico”, sorrise come un bambino e poi osservò il cielo puntinato da macchie bianche e luminose. “Ci sono le stelle, la luna, una città illuminata a farci da sfondo... è come nei più smielati film d'amore”, rise appena, leggero come una folata di vento facendomi distogliere lo sguardo dal cielo per poterlo guardare. Era vero, era terribilmente e schifosamente romantico ma niente di tutto quello mi diede fastidio. Sentivo di essere nel posto giusto e per una volta, anche con la persona giusta. Il pensiero di Liam, che mi aveva torturato per un lungo periodo, sparì, venne eclissato ancora da Louis e dal suo sorriso fanciullesco. Era incredibile il fatto che sembrasse un bambino quando il più grande fra i due fosse proprio lui. “Però noi due non siamo in un film e non ci stiamo per baciare con uno sfondo del genere...”, la mia parve più una richiesta silenziosa, scritta fra le righe, che una semplice constatazione. Volevo essere baciato. Volevo che lo facessimo sotto la luna e le stelle, di fronte quel panorama a farci da sfondo perché non ne potevo più. Il pensiero mi torturava e mi mangiava dall'interno facendomi respirare male. Ero bisognoso di attenzioni, lo ero sempre stato e Louis era la giusta persona che avrebbe potuto concedermi tanto. Louis lo aveva sempre fatto ed ero stato troppo cretino per accorgermi dei suoi gesti, delle sue parole, dei fatti. Mi aveva riempito di attenzioni, mi aveva curato e si era lasciato usare quando ne avevo avuto più bisogno. Come se lo sapesse, come se capisse tutto ciò di cui avevo bisogno. Era incredibile, una persona incredibilmente bella e forte. Una persona capace di amarmi in silenzio, di prendersi le peggiori batoste e ricominciare da capo. Io ne sarei stato capace? Io sarei stato altrettanto bravo? Forse sì, per Liam lo avrei fatto... ma per Louis? Per lui ero pronto a prendermi un colpo di pistola, una coltellata dritta al cuore al suo posto? Ero pronto a tutto quello che mi aspettava in un possibile futuro assieme? “No?” replicò e sentii il suo fiato caldo sbattermi sulle labbra come una delle più dolci tentazioni. Resistere sarebbe stato difficile, un solo movimento e avrei fatto miei quelle labbra e poi... chi mi avrebbe fermato? Chi mi avrebbe impedito di farci del sesso proprio lì? “No...” sussurrai di rimando, ma le mie labbra si erano ormai sporte in avanti alla chiara ricerca delle sue. Mi fissò come se stessi per commettere un grosso errore, le sue sopracciglia si arcuarono e fu allora che mi tirai indietro solo un secondo. Voleva o non voleva che lo baciassi? Desiderava o no un bacio? Proprio non riuscii a capirlo. “Che c'è?”, chiesi quasi senza fiato, quasi scosso dal suo comportamento. Un secondo prima desiderava baciarmi, quello dopo se ne stava con la fronte aggrottata e mi rifiutava. “Harry...”, quasi potei vedere le rotelle del suo cervello mettersi in moto e girare furiosamente in un complesso meccanismo. Lo incitai con lo sguardo a continuare, perché quell'attesa mi stava uccidendo e in quel preciso istante mi resi conto che niente lo aveva mai fatto, niente mi aveva mai reso così nervoso come un rifiuto proprio da parte sua. “Voglio che tu non ti penta. Insomma... se adesso ti bacio, potrebbe succedere la qualsiasi cosa, lo sai vero? Tutte le nostre promesse, tutti i nostri sforzi potrebbero andare al diavolo o forse ci sarebbero dei nuovi risvolti.” Lo guardai con gli occhi sgranati, incredulo dalla sua serietà. “Sei già pronto a scoprirlo? Siamo pronti a scoprire cosa ci aspetta dopo questo? Insomma, tu potresti scoprire che poi non ti piaccio più, che i miei baci non sono più come una volta, che non sono più-”, il suo sproloquio finì nel momento esatto in cui lo sovrastai col mio corpo e gli tappai la bocca con una mano. Mi guardò sbattendo velocemente le ciglia, come solo una ragazza potrebbe fare, alla fine lo lasciai libero di parlare. Quella posizione era stranamente piacevole e il tutto venne reso ancora più confortevole da lui stesso, che divaricò le gambe e mi diede la possibilità di infilarmici in mezzo. “Hai finito?”, inclinai il capo ridendo divertito da quel suo logorroico discorso inutile. Insomma, erano passati solo quattro mesi, come poteva pensare che non apprezzassi più il suo corpo. Mise su un leggero broncio offeso facendomi ridere ancora una volta. “Continui a ridere di me stasera, troppe volte”, si lamentò. Incrociò le braccia al petto, assumendo un'aria scomoda e infantile. Con un veloce gesto afferrai il giacchetto che avevo lasciato a pochi centimetri dai nostri corpi appallottolandolo e mettendolo sotto alla sua testa. Mi ringraziò con lo sguardo e la posizione fu decisamente più comoda di prima. Riuscii a vederlo molto meglio di prima, facendomi quasi rimanere incantato di fronte al suo viso. Che cazzo? Perché non avevo mai notato quanto fosse particolare? Perché avevo sempre pensato al viso semplice di Liam quando avevo a mia disposizione un ragazzo con quei lineamenti così graziosi? Il suo sorriso avrebbe fatto invidia a tutto il genere umano, i suoi occhi avrebbero potuto prendere posto al mare e cazzo, stavo diventando un imbecille. Iniziavo ad associare a quelle sensazione un nome, lettera dopo lettera. Eravamo al terzo appuntamento e già sentivo il campanello d'allarme risuonare nel petto. Esattamente come successe con Liam. Che lo avessi finalmente accantonato? Che avessi smesso davvero di vederlo per quello che non era? Che avessi iniziato a sentire qualcosa di diverso per Louis? Possibile che fossero bastati solo 3 notti, delle telefonate e dei messaggi? O forse avevo iniziato già a capirlo qualche mese fa, quando me ne stavo da solo sul mio letto ad aspettare solamente una sua telefonata? “Sei carino quando ti arrabbi”, mi lasciai sfuggire. Mi parve di vederlo quasi arrossire imbarazzato a quel complimento che mi uscì spontaneo dal cuore e scivolò leggiadro dalle labbra. “Tu lo sei sempre, Harry e nemmeno te ne accorgi di quello che mi fai”. Deglutii, impreparato, preso alla sprovvista da quelle parole così sincere e genuine. D'altronde era Louis. Era quel ragazzo con gli occhi colore del ghiaccio, che di ghiacciato non aveva mai niente. Era sempre caldo, come il sole, sempre allegro e con un sorriso gentile sulle labbra. “Louis”, sussurrai, portando le mani ai lati della sua testa, fissandolo con più prepotenza negli occhi. Quegli stessi occhi in cui lessi dentro qualsiasi cosa, qualsiasi sentimento possibile, tutto l'amore del mondo. E ne ero felice, perché tutto l'amore che aveva lo aveva donato a me e avrebbe continuato a farlo. Mi sorprese quando le sue mani si posarono con prepotenza sulle mie spalle, spingendomi verso destra, facendomi rotolare di spalle sull'erba. Mi si posizionò cavalcioni sul bacino, facendomi quasi morire di voglia, di prenderlo e spogliarlo e di fotterlo come mai in vita mia. Era incredibilmente eccitante ed invitante, un vero spettacolo. Mi presi un secondo in più per osservare i suoi fianchi morbidi e rotondi, le sue cosce serrate e toniche, come anche il suo culo. E milioni d'immagini sulle possibili cose da farci mi fecero venire duro. Ne avevo bisogno, avevo bisogno di sentirlo dentro o di sentirmi dentro lui. “Harry, vorrei tanto farti sentire tutta la voglia che ho di te, ma non voglio rovinare tutto quanto”, esalò con un gemito che gli uscì comunque al leggero movimento delle nostre erezioni a contatto. “Siamo stati bravi fino ad ora ed io voglio essere sicuro che tu lo voglia, che tu non desideri solamente il mio corpo ma... qualcos'altro”. Si morse le labbra nervoso, come se dire tutte quelle parole messe in fila con paura fosse uno sforzo immane. E doveva esserlo davvero, per entrambi. Aveva ragione lui. Quello sarebbe accaduto solamente quando anche io avrei desiderato entrargli nell'anima e non solo nel posto più buio del suo corpo, quando avrei voluto prendere il suo cuore e stringerlo accanto al mio anziché giocarci e buttarlo via come si fa con le vecchie palline da tennis. “Sì, hai ragione...” mormorai. Sospirò gonfiando il petto di speranza. Mi guardò ancora attimo prima di sgonfiarsi come un palloncino venuto a contatto con una pianta grassa e si accasciò sul mio corpo. “Posso rimanere così?” e la sua voce da bambino indifeso mi fece stringere lo stomaco in una morsa. Era terribilmente bello, ma ferito. Era impaurito da me, ancora, potevo leggerglielo fra le parole, fra gli sguardi e i gesti. Aveva paura di una mia possibile fuga e dannazione, aveva ragione. Non avrei potuto fargliene una colpa. “Certo, Lou”. Si distese, poggiando la testa sul mio petto in una delle più dolci delle sceneggiature. Si sistemò come un gattino sulla pancia del padrone e si lasciò andare. Una mia mano s'incastrò fra i suoi capelli e cazzo, ciò che desideravo era solamente lasciargli dei baci fra essi e fargli delle carezze fino a perdere il respiro, fino a sentire i muscoli stanchi. In quel frangente capii che non ci fosse niente di meglio che tenersi fra le braccia Louis Tomlinson.

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