Oneirataxia [Parte 1]

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Incapace di distinguere tra sogno e realtà


West Side, Chicago.

Reiner si piegò in due, mentre il suo petto veniva percorso da risa grasse e roche. Aveva le lacrime agli angoli degli occhi e implorava Marcel di smetterla – l'amico aveva incastrato delle bacchette di legno tra il labbro superiore e la gengiva, imitando un tricheco –, ma quest'ultimo continuava a farfugliare parole incomprensibili. A Bertolt rilassava sentire la risata di Reiner, perché quando l'amico rideva significava che, nonostante le loro vite fossero problematiche, tutto andava bene.

Riteneva che quella risata alimentasse la propria forza: gli bastava sentirla, affinché credesse possibile affrontare la vita con un sorriso. Se avesse avuto una fotocamera o un cellulare a portata di mano, ogni volta avrebbe immortalato i momenti in cui tutti e tre sentivano gli addominali e la mascella indolenzita a causa delle troppe risa.

La felicità duratura, tuttavia, è qualcosa di cui possono godere poche persone. La morte di sua madre, quando lui aveva otto anni, era stato un primo assaggio di quella consapevolezza. Conoscere Marcel, Reiner ed Annie gli aveva fatto dimenticare la paura di assistere alla morte di un caro.

Poi un flagello inaspettato si abbatté sulla sua vita: la risata di Reiner si spense e la sua fobia della Morte tornò a tormentarlo.

«A cosa stai pensando?»

Ritornare alla realtà è difficoltoso nell'ultimo periodo. Sono maggiori le volte in cui si distrae, che quelle in cui ascolta davvero ciò che il suo interlocutore ha da dire. Sbadiglia senza coprirsi la bocca, poi si pinza la radice del naso tra indice e pollice. Ha un pizzicore diffuso su tutta la testa, ma che è intenso soprattutto nella zona all'altezza della nuca. Attribuisce questi sintomi all'insonnia, poiché, da un paio di settimane a questa parte, rimane sveglio a fissare il soffitto.

«Al prossimo turno. Non ricordo la data...»

Da quant'è che mente sui suoi reali pensieri a Reiner?

L'amico è troppo gentile da non farglielo notare, eppure sanno entrambi che ha pronunciato l'ennesima bugia. È un comportamento che pesa a tutti e due, ma non può fare a meno di agire così, soprattutto da quando il viso di Reiner è adombrato da quell'alone. Controlla con cura qualsiasi parola pronuncia in sua presenza, quando la piega delle labbra di Reiner diventa ritta – come la linea dell'orizzonte – e le iridi d'ambra diventano vacue, quasi il proprietario non avesse più linfa vitale all'interno del proprio corpo.

Qualcosa è cambiato dal giorno in cui Marcel è morto, lo sa bene: è come se fossero morte due persone, invece che una sola. Lo stomaco gli si rivolta, quando nelle sue orecchie riecheggiano le note di I took a Pill In Ibiza, la suoneria che aveva all'epoca.

"But you don't wanna be high like me
Never really knowing why like me
You don't ever wanna step off that roller coaster and be all alone."

«Pronto?»

«Bertolt. Sono Pieck.»

«Pieck? Cos'è...»

«Marcel e Reiner hanno avuto un incidente. Si trovano all'ospedale, quello sulla Maryland Ave. Io e Annie stiamo già andando lì, sbrigati.»

«Credo sia giovedì alle sette, come al solito. No?» dice Reiner ingenuamente, che lo riporta alla realtà.

La frase pronunciata dall'amico gli fa venire la pelle d'oca, tanto che è costretto ad arrestare il passo e voltarsi per guardarlo in faccia. Un altro vuoto di memoria.

Come i Ratti nelle Fogne [Attack On Titan]Where stories live. Discover now