Capitolo Ventesimo

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L’indomani mattina Laura è visibilmente arrabbiata. Mentre faccio colazione, si siede di fronte a me e mi fissa con sguardo di rimprovero.

“Quando sei tornata ieri sera?” chiede. “Potevi avvisarci che restavi fuori a cena, ero così preoccupata!”

Spalanco la bocca, stupita. Laura si è preoccupata per me anche se è ancora arrabbiata. Sento una dolorosa stretta allo stomaco: ora che ho fatto pace con Harry, potrò farla anche con lei?

“Sc-scusa, non ci ho pensato” balbetto. Allontano il piatto di pancakes da me arricciando il naso, non ho molta fame. Ultimamente la mia fame è zero.

Laura fissa il mio piatto ancora pieno con disapprovazione, poi il suo sguardo torna su di me. “Sembri più felice. Dove sei stata?”

Oh no, e adesso le dico? Non mi va di mentire. “Da un mio amico” rispondo infine, vagamente. Stavolta è il suo turno di essere sorpresa.

“Un tuo amico? Lo conosco?” chiede, animata dalla sua solita curiosità. Mi mordo il labbro, indecisa su cosa dirle.

“Diciamo di sì” sospiro, ed abbozzo un sorriso. Poi mi alzo e vado a prepararmi per andare a lavoro, lasciandola sola in cucina. Andrea oggi non andrà a lavora, ha l’influenza e per ora sta dormendo beatamente. Quanto lo invidio!

Il viaggio in metropolitana verso l’Immidian è piuttosto silenzioso. Laura mi fissa attentamente, ma non mi chiede nulla: posso vedere l’astio e la curiosità combattere nei suoi grandi occhi celesti. L’unica volta che conversiamo, è per parlare dei mezzi di trasporto.

Siamo entrambe d’accordo che presto dovremmo comprare un’auto, non possiamo usare la metropolitana per sempre. Mi chiede come sono tornata ieri, ed io rispondo vagamente, come al solito. Alla fine sospira e rinuncia a chiedere altro.

Devo risolvere questa situazione. Potrei provare a farle conoscere Harry, magari domenica. Penso che forse in questo modo risolverei il problema.

Ma, dentro di me, so di non poterle mostrare chi sono davvero gli One Direction. Lei si è aggrappata a loro più di me, e posso solo immaginare come soffrirebbe se realizzasse di essersi aggrappata ad un’illusione.

I miei pensieri sono interrotti dal treno che rallenta, e poi si ferma. Le porte della metropolitana mi hanno sempre messo paura, perché non aspettano la gente che entra o esce ed ho paura di rimanere incastrata nella porta. Mi sbrigo quindi a sgusciare tra la folla ed uscire dal treno.

All’Immidian mi attende un’altra novità positiva: trovo nel mio piccolo ufficio una ragazza poco più piccola di me. È vestita in un elegante abito da ufficio, ha i capelli biondi raccolti in un chignon ordinato ed il viso è indubbiamente anglosassone.

All’Immidian siamo principalmente italiani –devono ancora fare i colloqui di lavoro per gli inglesi – e quindi tra di noi parliamo in italiano. Ma lei mi si rivolge in un inglese veloce ed elaborato: è di qui.

“Lei è Miss Cerlito?” mi chiede con marcato accento inglese. Ha un tono di voce fino e stridulo, che assomiglia spaventosamente ad un cinguettio.

Annuisco, perplessa. Noto che accanto alla mia scrivania ne è stata inserita una più piccola, facendo apparire la stanza più piccola ma allo stesso tempo più completa.

“Io sono Julia, la sua assistente” sorride, porgendomi la mano. Io la stringo, allibita. Non mi aspettavo un’assistente prima della prossima settimana.

“Chiamami Monica, ti prego, e dammi del tu” le rispondo educatamente, mentre internamente sto ballando la salsa. Sono il capo di qualcuno, adesso! Qualcuno che mi va a prendere i caffè, fa le mie fotocopie e risponde al telefono al posto mio!

Goodbye Lullaby || Harry Styles [TERMINATA] Where stories live. Discover now