Capitolo Cinquantanovesimo

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Liam se n'è andato da circa un'ora. Quando Laura e Andrea sono rientrati, noi aveva già finito di rimettere in sesto la casa, ed ho deciso di non dir loro niente. Non voglio farli preoccupare inutilmente.

Sono distesa sul mio letto a guardare il soffitto. Fatico ad ammetterlo a me stessa, ma ho paura di Sparks. So che potrebbe uccidermi, e allora l'agenda che gli ho rubato non servirebbe a nulla.

L'agenda. Lì dove c'è scritto, insieme ad altri nomi, quello di mio padre.

Chiudo gli occhi e riporto alla luce i miei più bei ricordi.

A sei anni, andai a Disneyland Paris coi miei genitori. Ricordo che mio padre mi prese in braccio e mi fece fare la foto con il candelabro e l'orologio a pendolo de La bella e la bestia. Erano i miei personaggi preferiti e lo sono tutt'ora. Conservo ancora gelosamente quella foto, e lui ne ha una copia nel portafoglio. O almeno, l'aveva fino a un anno e mezzo fa. Non so se la tiene ancora lì.

Quando avevo nove anni, costruimmo insieme il modellino di una barca a vela e la facemmo navigare nel laghetto del parco vicino casa. Tutti i bambini la additavano ed io mi sentivo fiera a dire loro: 'È mia. L'ho costruita io col mio papà.'

A tredici anni, quando i miei si erano già separati da qualche anno, litigai di brutto con mia madre per un motivo che nemmeno ricordo. Andai a vivere da mio padre per tre mesi, e anche se all'inizio la convivenza fu difficile, dopo lo adorai. Ogni giorno riusciva a farmi sentire speciale con qualche piccola trovata.

Avevo diciassette anni quando gli presentai il mio primo ragazzo. Lo guardò come se avesse voluto incenerirlo con lo sguardo e lo sommerse di domande. Alla fine, quando costatò che era un bravo ragazzo e non aveva intenzione di violare la mia verginità almeno per i prossimi due anni, lo chiamò 'figliolo' e lo invitò a restare a cena.

Per il mio diciottesimo anno mi regalò la mia prima macchina, anche se non avevo ancora una patente. Si assicurò che io la prendessi in fretta e litigò per una buona mezz'ora con mia madre. Lei sosteneva che sarei finita spappolata in qualche incidente stradale, ma alla fine acconsentì. Anche se avevano divorziato, mio padre aveva ancora un certo potere su di lei.

A vent'anni ritornammo a Disneyland Paris, senza mia madre, e salimmo su tutte le attrazioni che quattordici anni prima non avevo potuto provare a causa della mia età. Pranzammo nella casetta dei sette nani e facemmo una foto del tutto identica con il pendolo e il candelabro de La Bella e la Bestia. L'unica cosa diversa dalla precedente era che noi aveva quattordici anni in più.

Poi, quando io avevo compiuto da poco ventidue anni, trovai lavoro all'Immidian e corsi subito a dirglielo. Ero così emozionata, pensavo che sarebbe stato felice per me e che mi avrebbe considerata finalmente adulta.

Ma non lo fece. Mi urlò di abbandonare quell'azienda finché ero in tempo e mi cacciò quando io mi opposi. Nel mese successivo provai per ben tre volte a far pace, ma lui non ne volle sapere.

E adesso mi manca terribilmente. Sento la sua mancanza con ogni singola cellula del mio corpo. In questi mesi ho cercato di reprimere questo mio sentimento, ma non posso far a meno di pensare che, adesso che ho lasciato il mio lavoro, non c'è nessun motivo per cui lui dovrebbe essere arrabbiato con me.

Mi ritrovo il telefono vicino l'orecchio prima che possa veramente elaborare il pensiero. Risponde al secondo squillo.

"Chi è?" risponde una voce resa roca dall'età. È la sua. Sorrido ed un piacevole calore mi avvolge il petto.

"Papà?" chiedo io. Non lo chiamo così da quasi due anni.

"M-Monica? Sei tu?"

"Sì, papà. Come stai?" Questa non è una domanda formale. Mi interessa davvero di lui.

Goodbye Lullaby || Harry Styles [TERMINATA] Where stories live. Discover now