15. Se vittoria volevi, io t'era appresso

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Tre mesi erano passati e Ferdinando non aveva mai avuto la possibilità di uscire da quella che ormai considerava la sua cella, non gli era mai mancato nulla e non aveva mai avuto motivo di lamentarsi ma cominciava a mal sopportare quella prigionia. Gli era stato riferito che Giovanni de' Medici era stato rilasciato e con grandi onori riaccolto a Firenze dove era stato celebrato con almeno tre giorni ininterrotti di feste, mentre Fabrizio Colonna era ancora prigioniero. Per quanto ne sapeva anche per lui questa cattività era piuttosto dolce, si diceva che si fosse innamorato di una cortigiana che abitava al palazzo del duca Alfonso I d'Este e che spasimava così tanto per lei da scriverle giorno dopo giorno sonetti appassionati.

Ferdinando sorrideva quando riceveva queste notizie, pensando che lui, alla fine, era quello a cui era andata nel modo peggiore: non aveva avuto modo di alzarsi dal letto, figurarsi ad avere un'amante! Ad ogni modo adesso si era ristabilito quasi del tutto, le ferite si erano risarcite e, nonostante fosse rimasto qualche dolore qua in là, poteva dire di essere tornato quasi come prima. In realtà, solo dopo si era accorto di quanto quella battaglia l'avesse segnato. Quando si era alzato dal letto una delle prime volte si era avvicinato allo specchio e aveva preso ad osservarsi attentamente: le cicatrici del corpo si potevano nascondere, nessuno avrebbe potuto vederle perché coperte dai vestiti, ma quella del viso era impossibile da camuffare. Rimase un po' dispiaciuto, aveva sperato che la ferita non fosse così profonda da lasciare un tale segno ma invece eccola lì mentre gli trapassava il volto dal lato sinistro a quello destro, non lasciando spazio altro che agli occhi che, miracolosamente, si erano salvati. Fortunatamente non gli aveva cambiato così tanto i connotati da non renderlo riconoscibile, anzi, il lineamenti del volto non erano stati per niente alterati, ma non sapeva se si piaceva o no: sicuramente si preferiva senza ma stava cominciando a convincersi che quella cicatrice sarebbe stata la dimostrazione del suo valore in battaglia e quindi un motivo di gloria per lui.

«Forse con gli anni si rimpicciolirà» gli aveva detto il Trivulzio quando l'aveva visto un po' troppo giù di morale, «vedrai che, prima o poi, ti ci vedrai bene.»

E in effetti, adesso che stava cominciando a farci l'abitudine, non gli pareva più così brutta come all'inizio.

Da quando aveva ripreso a stare bene, un altro pensiero gli aveva occupato la mente, oltre alle sue numerose ferite: era da tanto che provava il desiderio di poter tornare a Napoli e ad Ischia ma, fino a quando era stato malato, non lo aveva creduto possibile. Adesso che era guarito voleva sapere che cosa doveva fare per farsi liberare. Anche se non sembrava, doveva ricordarsi di essere un prigioniero, nonostante venisse trattato così amorevolmente aveva perso ogni libertà dopo la sua presa e doveva sapere come avrebbe potuto riconquistarla. Non c'era altro modo che parlare con il Trivulzio.

«Voglio andare via di qui» gli disse in modo schietto e diretto quando poté essere solo con lui, «voglio tornare alla mia patria, a Napoli e ad Ischia.»

Il Trivulzio sbatté per qualche volta le palpebre.

«Fosse per me ti lascerei andare anche senza niente, figlio mio» disse alzando le spalle e facendo il gesto di avere le mani legate, «ma purtroppo non posso.»

«Non ho mai creduto di poter uscire di qui così semplicemente» rispose Ferdinando, «ma non rendetemi la cosa più difficile: quanto volete?»

Il Trivulzio alzò gli occhi al cielo, facendo finta di contare.

«Non sono io a decidere» si affrettò a puntualizzare prima di rispondere, mettendo le mani avanti come per giustificarsi, «mi è stato detto non meno di seimila ducati d'oro.»

Ferdinando si morse il labbro, era una bella somma.

«Devo essere onorato di valere così tanto denaro!» scherzò, il Trivulzio gli rispose con un sorriso, «ma sarà fatto come desiderate, non voglio complicare niente e nemmeno restare qui ancora per molto.»

Uno dio per la sua bocca parlaWhere stories live. Discover now