21. Donna, che di beltà vivo oriente fusti

175 28 30
                                    

Il sole stava calando e la luce, che prima inondava la stanza, si era affievolita così tanto che Vittoria era stata costretta ad accendere una candela. Stava studiando, come sempre, seduta al suo scrittoio, con una pila di vecchi libri presi dalla biblioteca al suo fianco accompagnati a bianchi e preziosi fogli che riempiva delle idee e le riflessioni che le venivano spontaneamente in mente mentre leggeva.

Il suono delle campane del convento delle clarisse vicine al castello la distolse dalla sua totale immersione nei libri, alzò la testa e guardò fuori dalla finestra. Si stava facendo tardi. Con un sospiro Vittoria si alzò, chiuse il libro e rimise al loro posto la penna e il calamaio, con un soffio spense la candela. Non aveva molta voglia di scendere a cena con Costanza e la sua cerchia di letterati. Per quel pomeriggio aveva già studiato abbastanza e si sentiva stanca di intraprendere altre discussioni intellettuali e filosofiche, ma la duchessa le aveva mandato a dire di essere presente perché quella sera c'era un ospite molto importante e che desiderava moltissimo vederla. Aveva chiesto chi fosse ma il servitore non era riuscito a dirglielo con precisione. «È un conte, signora» le aveva risposto, «dagli abiti si capisce che una persona di rango molto elevato, ma non saprei dirvi altro.»

A Vittoria non interessava poi così tanto, nonostante la nuova lontananza di Ferdinando, che era partito nuovamente, fosse diversa dalla prima e nonostante non provasse più quel tremendo terrore che non le aveva lasciato tregua, suo marito le mancava ancora e, senza di lui, anche la conoscenza di personaggi importanti non la stimolava: sapeva che, senza curarsi del suo terribile comportamento l'ultima volta che era tornato, nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto nei suoi pensieri e che niente, in ogni caso, sarebbe stato sufficiente a riempire la sua mente come quando lui era presente.

Decise che sarebbe scesa, la duchessa non le aveva dato scelta. Ora che Costanza si era sposata e abitava lontano da Ischia anche partecipare ai salotti letterari era diverso: solo adesso che non c'era più, Vittoria si rendeva conto di quanto veramente quella ragazzina fosse importante nella sua vita, quanto si fossero legate l'una all'altra in tutto questo tempo.

Si presentò cercando di non mostrare né la sua stanchezza né la sua poca voglia di partecipare: appena fece il suo ingresso nella sala, Vittoria mostrò il suo più cortese sorriso.

Costanza d'Avalos si alzò compiaciuta di vederla, fece qualche passo verso di lei e le prese le mani.

«Benvenuta mia cara» le disse, poi il suo sguardo si spostò verso la persona che, prima era seduta alla sua sinistra e che adesso che era arrivata la giovane marchesa, si era alzata, «venite, voglio presentarvi a una persona che vi ammira moltissimo e che desiderava da molto venire qui ad Ischia.»

Vittoria rimase per un attimo pietrificata: non credeva potesse essere lui, se doveva dirlo sinceramente si era anche dimenticata della sua esistenza, non l'aveva più visto e non ci aveva più pensato.

Il giovane fece un inchino, prese gentilmente la mano della marchesa e se la portò alle labbra, il suo comportamento era quello di un vero gentiluomo. Vittoria si costrinse a sorridere.

«Galeazzo di Tarsia, Principe di Belmonte, al vostro servizio, signora marchesa» si annunciò con il massimo della formalità e dell'eleganza che s'addiceva a un vero principe.

Vittoria ebbe modo di osservarlo di nuovo, erano passati anni dall'ultima volta che l'aveva visto e doveva dire che lo ricordava un po' diverso. Nonostante per lei non esistesse uomo più bello di Ferdinando e non avesse occhi altro che per lui, dovette ammettere che Galeazzo, in questi anni, si era fatto più bello di quanto potesse immaginare: il suo volto dai lineamenti regolari e delicati era incorniciato da morbidi e ondulati capelli castani, gli occhi, grandi e espressivi, la guardavano con la stessa ammirazione di cui si ricordava, i vestiti, eleganti e pregiati, mettevano in mostra tutta la sua ricchezza, le mani, allungate e affusolate, riempite di anelli d'oro e tempestati di pietre preziose.

Uno dio per la sua bocca parlaWhere stories live. Discover now