Eyeless Jack × reader (parte 1)

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Aprii quei miei lucidi occhi c/o (colore occhi), solo per guardare il triste soffitto bianco della mia stanza.
Rimasi lì a contemplarlo, pensando a cosa avrei fatto prima di morire.
già...morire, mi ero ormai abituata a quel pensiero, io morirò.
Insomma, tutti moriranno un giorno, nei più svariati modi possibili, io morirò di malattia. Mi avevano diagnosticato una patologia ai reni, prima o poi avrebbero smesso di funzionare ed io avrei detto addio a questo mondo. Non aveva senso avere amici quindi passavo le mie giornate in camera mia con lo sguardo perso nel vuoto, a volte piangevo.
Mi alzai dal letto e mi trovai davanti allo specchio, guardavo il mio riflesso con occhi stanchi, non avevo nessun motivo in particolare per farlo in realtà, però non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello del mio stesso riflesso. E così mi sembrò che tutta la mia vita girasse attorno a quel riflesso, quel riflesso stanco e pigro, senza luce nei suoi occhi.
Mi accasciai lentamente a terra e poggiai delicatamente la mano sullo specchio, e così entrai in contatto con il riflesso di me stessa, la me stessa dagli occhi senza speranza e il corpo stanco, debole, che aspettava solo l'arrivo del suo sonno eterno.

Scossi la testa ed uscii da quell'insieme di pensieri.
Ad un certo punto sentii la mia pancia emettere dei gorgoglii, non mangiavo da giorni, pensavo di non averne bisogno: o morire di fame o di malattia, pur sempre si muore.
Però la fame iniziava a farsi sentire e questa volta il mio stomaco non voleva sentire scuse, diedi uno sguardo all'orologio, osservando il vuoto avevo perso la cognizione del tempo, era quasi mezzanotte.
Andai in cucina e preparai un veloce spuntino di mezzanotte, almeno questo avrebbe zittito il mio stomaco per un po'.
In cucina passò un lieve soffio di vento freddo, tremai leggermente, mi voltai per scorgere da dove arrivasse e notai una finestra aperta, anche se non l'avevo aperta io, ma questa cosa non mi insospettì.
Ordinai al mio corpo debole di chiuderla, ma prima di farlo rimasi di fronte ad essa osservando il panorama notturno, era da tanto che non lo facevo.
La nostalgia prese il sopravvento e prima che me ne accorgessi rimasi ad occhi spalancati di fronte a quello spettacolo di stelle, il vento continuava ad irrompere nel continuo silenzio della mia cucina, dissi a me stessa di smettere di stupirsi per delle palle di luce, non avrei mai potuto sognare, mai più.
Chiusi la finestra e tornai a sedermi per finire il mio pasto.
Una volta finito sentii dei rumori provenienti dal lato opposto del mio tavolo, o per meglio dire, da sotto di esso.
Decisi di alzarmi per controllare, lentamente mi avvicinai alla fonte del rumore, ma prima ancora di vedere cosa ci fosse sotto il tavolo, quella "cosa" mi aggredì, mi saltó addosso e diventó tutto buio, non ebbi il tempo di realizzare cosa fosse successo.

??? Pov's
Le saltai addosso e le feci sbattere la testa contro il muro. «Oh, che peccato, è svenuta» ridacchiai, «Non potrò sentire le sue urla disperate quando le taglierò la panc-...» mi bloccai «dove c*zzo ho messo il bisturi?» cercai nelle mie tasche, per terra, sopra il tavolo, avevo dimenticato la mia "arma".
Sospirai brevemente, avevo fame, una fame che nessun cibo che sfama gli umani avrebbe aiutato.
Reni, io di quelli mi nutro, i gustosi reni umani; di solito sceglievo le mie vittime con cura, volevo sempre i migliori reni che potessi trovare, ma questa ragazza era impossibile da spiare, sta sempre chiusa in casa a non fare un bel niente. Però mi dovetti arrangiare, proprio in quei giorni ero troppo occupato ad aspettare che uscisse per spiarla, in modo da controllare la qualità della persona, e quindi anche dei suoi organi interni, che mi dimenticai di scegliere una vittima di riserva in caso quella persona non mi sarebbe piaciuta.
Esaminai per bene la ragazza stesa sul pavimento, «capelli l/c (lunghezza capelli) c/c, sembra avere una buona corporatura nonostante rimanga a casa tutto il giorno tutti i giorni, sembra buona, alla fine ho scelto bene, come sempre» non mi sembrava per niente male quella piccola preda. Così la portai a casa dove avevo lasciato il mio bisturi.
La poggiai delicatamente su un letto, presi l' "arma" e iniziai ad aprire il suo corpicino...

si avvisa i gentili lettori che la scena che consegue cosa scritto sopra non verrà descritta al fine di non disgustare descrivendo l'interno di una persona, e anche perché la "scrittrice" non se la sente a scrivere cose del genere, detto questo buona lettura

T/n pov's
Quando tutto smise di essere buio mi ritrovai a fissare un soffitto diverso dal mio, il mio era bianco e monotono, questo era di legno massiccio, che però aveva assorbito un odore nauseante.
Mi sentivo più debole di prima, a malapena riuscivo ad alzarmi, così cercai almeno di mettermi seduta per vedere dove mi trovavo, sentii però un forte dolore, non capivo da dove provenisse, poi mi vidi meglio, ero senza maglietta e in un punto del mio corpo potevo vedere una cicatrice, una come quelle che si hanno dopo le operazioni chirurgiche.
Esaminai meglio la stanza, davanti a me si trovava una figura messa di spalle, indossava una felpa scura e aveva dei capelli arruffati di colore scuro, era messo a braccia incrociate ed era seduto per terra, farfugliava delle frasi che non riuscii a sentire, ma capivo che aveva il tono seccato, anche arrabbiato, sembrava un bambino che non è riuscito a vincere al suo gioco preferito.
«idiota!» disse questa frase ad alta voce, forse sperava non lo sentisse nessuno, non capivo a chi si stesse riferendo.
Si alzò e diede un calcio al vuoto, poi si girò di scatto probabilmente per controllare se mi fossi svegliata, riuscii a vederlo meglio. Indossava una maschera blu, dai fori dedicati agli occhi di quest'ultima si poteva vedere solo un immenso nero, e altro nero che colava da quelle cavità, era un liquido che non avevo mai visto.
Appena mi vide si mise il cappuccio in modo da coprire i suoi capelli e da fare vedere solo la sua maschera inquietante. Realizzai che ero ancora senza maglietta, "mi sono già fatta un'idea sui piani di quest'essere".
Stranamente non avevo paura, «avanti» gli dissi, lui si mostrò confuso, non capì per cosa lo stessi incitando.
«hai ottenuto ciò che vuoi no? Adesso dovresti uccidermi, fai pure»
Questa volta capì cosa intendevo, e mi rispose.
«Oh io non ho affatto ottenuto ciò che voglio, io non ho mai voluto fare quelle "cose" con un'umana».
Io restavo comunque con il sangue freddo, al massimo mi avrebbe ucciso, così aggiungiamo alla lista delle mie morti possibili 'venire uccisa da un killer'.
«Allora cosa vuoi?»
Ridacchiò e iniziò a camminare lentamente verso di me
«Cosa voglio io? Io voglio cibo»,
"cibo?" Pensai confusa, poi quando fu ancora più vicino a me, mi accarezzò i capelli, ritrasse lentamente la mano e si tolse delicatamente la maschera.
Quella "cosa" non aveva occhi, al posto di essi c'era solo nero, e il liquido che si vedeva dalla maschera scendeva lentamente dalle sue vuote cavità orbitarie.
Aveva la pelle grigia, non avevo mai visto nulla di simile, sgranai gli occhi per capire se ciò che stavo vedendo fosse reale.
Vedendo la mia faccia stupita quell'essere ridacchiò, poi aprì la sua bocca grigia per parlare, da essa uscirono sei viscide lingue, e la sua faccia si mise a formare un ghigno, poi disse una sola parola:
«Reni».

Scusate se non ho fatto un'unica parte, però se questa sarà di vostro gradimento la continuerò ovviamente :)

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