12. Grazie per il caffè, Hel

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Cosa cavolo è appena successo? Credo di essere rimasta immobile a guardare il vialetto deserto di casa mia per ore, forse sto esagerando e sono passati soltanto pochi minuti, ma non ne ho la certezza

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Cosa cavolo è appena successo? Credo di essere rimasta immobile a guardare il vialetto deserto di casa mia per ore, forse sto esagerando e sono passati soltanto pochi minuti, ma non ne ho la certezza. Mi decido a togliere il casco di Dominik e rientrare. Salgo le scale a rallentatore poggiando un piede davanti all'altro con una lentezza esasperante, ma non voglio rischiare di svegliare mio padre, non saprei come giustificargli il casco che ho in mano.

Anche Connor ha una moto ed è proprio grazie a lui che ho scoperto di essere un'amante delle due ruote. Per quanto le cose con Connor non andassero più bene nell'ultimo periodo, quando montavo in sella insieme a lui provavo delle emozioni indescrivibili. Ma non come quelle che ho provato questa notte. Dio, essere così vicina a Dominik, abbracciarlo forte mentre accelerava per le vie buie e deserte... no, basta, devo darmi un contegno. E il bello è che stavo per ringraziarlo. Tutto quello che avrei voluto fare una volta scesa dalla sua Honda era togliermi il casco e ringraziarlo con un bacio. Che stupidaggine! Mi ha trattata di nuovo di merda per tutto il turno di lavoro, mi ha umiliata ancora una volta, per poi correre a "salvarmi" come un maledetto principe dall'armatura scintillante. L'unica differenza: il suo cavallo non era bianco, ma nero come la notte, e il suo carattere non è nemmeno lontanamente quello di un principe.

È pensando all'adrenalina che mi scorreva nelle vene, alla sensazione di libertà e ai brividi che mi hanno riempito la pelle mentre ero in sella a quella moto con Dominik che mi addormento ed è sempre con gli stessi pensieri che mi risveglio.

Poi la realtà mi viene sbattuta in faccia alla velocità della luce attraverso il mio cellulare che non la smette di squillare.

«Ehi...» rispondo cercando la voce.

«Helen... ti va di uscire un po' oggi?» mi chiede April con una voce più flebile della mia.

«Va bene, però dammi almeno un'oretta per prepararmi».

«Okay, passo a prenderti alle nove allora» mi informa e riattacca.

Non ho nemmeno fatto in tempo a chiederle se ha fatto quello che le ho detto ieri, ma sinceramente non voglio saperlo al momento. Ora, a mente lucida, mi rendo ancora più conto delle sensazioni che mi ha fatto provare avere Dominik vicino – Dio, mi ha fatta sciogliere come un ghiacciolo al sole con un solo sguardo! – e il pensiero di April che potrebbe essere incinta fa cadere tutto come un castello di carte. E se fosse suo? Non ci posso pensare. Non posso pensare all'eventualità che la mia migliore amica possa aspettare un bambino a ventun anni e non posso nemmeno pensare che quel bambino possa essere di Dominik. Un senso di nausea mi investe senza preavviso. Ecco perché non avrò mai nulla a che fare con chi si è infilato nelle mutande di April. Ecco perché non avrò mai nulla a che fare con lui. Oltre il lavoro, ovvio, ma si tratta di meno di due mesi, poi non ci incroceremo più, lui farà i suoi turni e io i miei.

Dopo una più che meritata doccia, scendo a fare colazione e trovo un biglietto di papà sull'isola della cucina che mi informa che è già al lavoro e che tornerà tardi questa sera, dopo che sarò partita per il mio, di lavoro. Tiro un sospiro di sollievo. Non smetterò mai di dire quanto voglia bene a mio padre, ma oggi non ho proprio voglia di gente attorno, nemmeno della mia migliore amica a dire la verità, ma si trova in una situazione di merda e sarei una pessima amica se non le stessi vicino. Lo sono già maledicendola per essersi portata a letto Dominik, perché sì, la sto maledicendo da quando ho aperto gli occhi questa mattina per ciò.

Tutta colpa di un sorrisoWhere stories live. Discover now