27. Stai per fare una grandissima stronzata

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«Vieni, ora siamo pari» sussurro a Helen tirandola nella vasca con me

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«Vieni, ora siamo pari» sussurro a Helen tirandola nella vasca con me. Il mio compagno di giochi è di nuovo pronto, mi supplica di sprofondare in lei, ma ho altri piani. Voglio mettere in pratica quello che le ho promesso qualche ora fa, muoio dal desiderio di possederla con il panorama del Golden Gate Bridge sullo sfondo.

Il profumo del mio docciaschiuma alleggia attorno a noi. Divarico le gambe e faccio sedere Helen in mezzo, con la mia erezione sulla schiena, le sposto i capelli dal collo e li sostituisco con la mia lingua. Lecco e bacio la sua pelle prima di passarci sopra la spugna piena di schiuma mentre lei si rilassa e si appoggia a me. Lavo ogni centimetro del suo corpo, poi le passo la spugna e fa lo stesso con il mio. Sfiora il mio sesso immerso nell'acqua tiepida e comincio ad avvertire sempre più l'urgenza di averla.

Esco dalla vasca e prendo un accappatoio bianco per lei, si alza e si lascia avvolgere nella spugna morbida, poi prendo il mio, nero. La guardo e ancora non mi capacito del fatto che sia mia, completamente mia, e che dopodomani potrebbe rendermi l'uomo più felice del mondo accettando la mia proposta oppure potrebbe farmi tornare lo stronzo che ero fino a poco meno di un anno fa rifiutandola. Ma non ci penserò stasera. L'unica cosa che voglio è inaugurare la mia camera in questa casa con la donna che amo. Non ho mai voluto tracce delle ragazze che mi scopavo nei miei rifugi, come consideravo questa camera e quella che avevo nel mio appartamento. Ci ho portato delle donne, sia lì che qui, ma ho sempre usato le camere per gli ospiti e gli ambienti neutri – come il salotto o i bagni – nel mio appartamento. Ma Helen è diversa. Lei è la donna, non una donna. È l'unica che vorrei per il resto della vita, della quale sento di avere sempre più bisogno ogni giorno che passa.

Le do un asciugamano in cui si avvolge i capelli, poi esce dal bagno e la vedo dirigersi verso la sua valigia.

«Non provare a vestirti» la avviso. «Non ho ancora finito con te, signorina».

«Sono stanchissima, Dom».

«Te la faccio passare io, la stanchezza» sussurro sul suo collo, lo mordicchio e lei si abbandona contro il mio petto. Faccio scivolare lentamente la mano nell'apertura dell'accappatoio e sciolgo il nodo che lo tiene legato in vita. «Ti voglio nuda contro i vetro, come ti ho promesso. Io mantengo sempre le promesse».

La faccio girare e mi approprio della sua bocca, la invado come se non ci fosse altro al mondo che lei. Il suo accappatoio scivola a terra, il mio lo raggiunge subito dopo. Sono completamente nudo con la donna che amo, nella mia camera. Continuo a baciarla mentre faccio qualche passo spingendola ad arretrare fino a trovarsi con la schiena a contatto con il vetro. Mi stacco dalla sua bocca, le passo l'indice sulle labbra e gliele schiudo per farmelo leccare, cosa che non ho bisogno di chiederle di fare, lo capisce dal mio sguardo. Faccio scendere la mano fino a incontrare il suo sesso pronto per me, pronto per accogliermi, come sempre. Mi godo la vista delle sue palpebre socchiuse e del suo bacino che viene incontro alla mia mano con lo sfondo con cui mi sono addormentato e svegliato ogni giorno per i primi diciotto anni della mia vita dietro di lei. E ora quello sfondo assume una nuova importanza per me. Ora non è più solo una magnifica vista, diventa lo sfondo perfetto per il mio quadro il cui protagonista indiscusso diventa il corpo di Helen. Mi abbasso per prendere tra le labbra un suo capezzolo e si lascia sfuggire un gemito. «Cazzo, il Golden Gate diventa insignificante con te così vicina» le sussurro.

Tutta colpa di un sorrisoWhere stories live. Discover now