Capitolo 15.

26.4K 1.3K 218
                                    

Capitolo 15.





Sono in ospedale, insieme a mia madre che maledice mia sorella e promette di non farle mettere neanche il naso fuori casa. Non l'ho mai vista così accanita, o meglio non ricordo di averle mai dato così tanti problemi da ragazzina.

Appena mette piede in stanza, Grace sbianca, sgrana gli occhi e spalanca la bocca.
Le faccio cenno che presto riceverà davvero tante botte e lei scuote il capo intimorita. Sicuramente, alla fine, s'inventerà qualcosa per scamparsela al suo solito.

«Grace! Ti giuro che appena uscirai fuori di qui... la tua vita diventerà peggio di quella di un carcerato!» Dice a denti stretti.
In quel preciso istante la porta alle mie spalle si spalanca, quando sento il vocione di Brady non mi volto. Rimango immobile, mentre mia madre è radiosa alla sua vista.

«Charlotte...» saluta lui porgendole la mano.
Mia madre mi rivolge un'occhiata furtiva, mentre io osservo mia sorella che mima qualcosa che non riesco a decifrare.
«Brady ti prego tienimi qui dentro per l'eternità...tanto non è poi così triste se passi tu di qui ogni giorno!» Esclama mia sorella raddrizzando la schiena ed accennando un espressione dolorante.
Lui scoppia a ridere, «domani ti dimettiamo, Grace» dice tranquillo.
Mia sorella sbuffa, ma non fiata.
«Perfetto.» Decreta mia madre. Sta già preparando una punizione con i fiocchi nella sua testolina.
«Perfetto un cavolo. Tu vuoi che torni a casa solo per trucidarmi e rinchiudermi nella mia stanza.» Commenta lei di rimando.
Mia madre le fa cenno di smetterla, mentre finalmente riesco a voltarmi verso Brady. Mi sta venendo il torcicollo a tenere il capo sempre in quella posizione.
Lui non mi degna neanche di mezzo sguardo, neanche per caso.
«Gli esami sono apposto, quindi non c'è motivo per tenerti ancora qui» ribadisce con tono giocoso.
«Allora nascondi mia madre in una torre e getta la chiave!» Lo prega congiungendo entrambe le mani e a me viene da ridere.
A quel punto Brady sembra accorgersi di me. Si volta scattante, ma due secondi dopo ha di nuovo lo sguardo su mia sorella.
«Comunque tra poco passeranno con il pranzo» dice lui.
«Sai che felicità!» Esclama roteando gli occhi. «Mi unisco al digiuno di mia sorella» bastarda. L'ha fatto apposta! La conosco troppo bene, ormai.
Cerco in qualche modo di nascondere l'imbarazzo, ma solo mia madre viene attirata da quella frase.
«Cos'è 'sta storia Emily?» Domanda preoccupata. Le rivolgo uno sguardo e non parlo. Gli occhi di Brady puntati contro di me mi rendono nervosa e non riesco a spiaccicare una parola.
«Mamma... sta scherzando» commento accennando un risolino finto.
Brady sospira. Mia madre corruccia lo sguardo.
«Dimmi la verità... da quanto tempo non tocchi cibo?» Chiede incrociando le braccia al petto. «Emily che ti succede? Non hai quindici anni, la smetti?» Mi rimprovera.
Ci manca solo la ramanzina di mia madre. Mi sento una stupida e vorrei solo dire a mia sorella che è una perfetta stronza. Vorrei scappare e mandare a fanculo tutti e tre.
«Non ho bisogno delle tue lezioni, okay? La vita è la mia. Faccio quello che voglio. Sono affari miei se mangio o meno.» Aumento gradualmente il tono di voce innervosita. «A nessuno è mai importata la mia salute fisica e mentale e adesso... invece... vi preoccupate?» Chiedo con voce stridula. Sono giorni che provo a non piangere e adesso invece crollano tutti i tentativi. Vaffanculo!
«Non è vero.» Sussurra a denti stretti Brady. Lui crede che io non abbia sentito, ma invece non è così. Non rispondo. Avanzo verso l'uscita con un'andatura veloce, apro la porta ed esco sbattendola. Tutto trema.

Corro verso l'ascensore e premo ripetutamente in maniera morbosa il pulsante.
«Apriti porca puttana!»
Continuo ad imprecare sottovoce.
Quando si apre, la rossa elegante, con un rossetto bordeaux ed un tacco dodici, m'impallidisce. Rimaniamo entrambe a guardarci.
Lei sa chi sono. Io so chi è. La sua bocca si muove delicatamente, i suoi occhi sono assottigliati contro i miei e le sue braccia si incrociano al petto.
«E così conosco personalmente la famosa Emily» sogghigna antipaticamente.
Le strappo i capelli? La prendo a calci? La chiudo in ascensore e cerco in qualche modo di bloccarlo? O semplicemente scompaio dalle scale?
Il mio corpo mi incita ad aggredirla con tutta la forza che possiedo in corpo, la mia mente mi consiglia di stare al mio posto. Complicherei solo la situazione e farei la figura della cretina. C'è da dire che è comunque una donna bellissima.
«E così tu sei la famosa Kaitlyn.» Accenno un sorriso cattivo, tornando pochi secondi dopo seria.
«Dalla tua espressione... tesoro devo dire che sei messa proprio male. Sai che esiste il fondotinta e il copri occhiaie?» La sua vocina stridula e malvagia mi irrita il sistema nervoso.
Sospiro. «Lo sai che questo è un ospedale e non una strada dove magari potrebbero pagarti pure bene?» Mi sento soddisfatta della mia cattiveria, tanto che mi verrebbe voglia di applaudirmi da sola, ma lei non si lascia abbindolare dalle accuse. Sembra non le importi e non le sfiori più di tanto il mio insulto.
Avanza e si avvicina a pochi centimetri dal mio viso. «Brandon Felton è mio, amore. Non tuo, però. Chi sta peggio?» Scoppia in una risata soddisfatta e con il ticchettio delle sue scarpe si allontana.

Salgo in ascensore e premo velocemente il pulsante del primo piano.

Esco di lì avvilita, ricordandomi che ero venuta in macchina con mia madre.
Così monto sul primo taxi ,che passa ,dirigendomi a casa Felton. Devo per forza vedere Kris.

Arrivata lì, busso alla porta ed è Marcus che mi trovo di fronte.

«Sembri una reduce di guerra» ironizza lasciandomi entrare, «sei nella tana del nemico» mormora.
«Il nemico, come lo chiami tu, non c'è...ed io ho bisogno di vedere Kris.» Sbotto nervosamente. «Ed ho urgentemente l'esigenza di fumarmi una sigaretta!» Aggiungo spogliandomi del cappotto e della sciarpa ingombrante. Sono in preda ad una crisi di panico. La riconosco.
Frugo nella borsa alla ricerca delle mie Marlboro e una volta trovate, ne porto una in bocca accendendola.
Mi accorgo dopo di come Marcus mi sta fissando, è accigliato, parecchio confuso direi, ma allo stesso tempo incuriosito dal mio atteggiamento.
«Ti dico prima che Kris è uscita a fare la spesa... » esordisce, «non sapevo che fumassi» è serio.
«Solo quando sono nervosa» spiego facendo uscire il fumo dalla bocca.
«Okay, è successo qualcosa?» Domanda continuando a guardarmi.
Mi blocco. «E' succ... mi domandi se è successo qualcosa?» Sbotto alzando il tono di voce. «Fino a qualche mese fa la mia vita era perfetta. Avevo un lavoro che mi gratificava, un fidanzato di cui ero innamorata, stavo per costruirmi il mio futuro... quello che avevo sempre desiderato e...adesso è tutto stravolto. Non so più chi sono. Non so mai cosa voglio. Non mangio più. Non dormo più. Ho gli incubi non appena mi addormento. Piango di continuo. Vorrei spaccare la faccia a qualcuno e mi sento perennemente in ansia e tutto questo per colpa sua!» Parlo veloce e sembro quasi assatanata.
«Non dare la colpa a Brady dei tuoi problemi, delle tue insicurezze.» Decreta severamente. «Tu  non hai mai accettato il fatto che fossi ancora innamorata di lui. L'hai sempre messo in secondo piano solo perché quel Noah aveva tutti i presupposti per essere il tuo uomo ideale, ma non l'hai mai guardato come guardi Brady, non hai mai parlato di lui come parli di Brady, non hai mai fatto pazzie per lui, non ci sei mai stata male.» Gesticola e parla lentamente, inducendomi a pensare. «E poi hai dato per scontato che Brady ti capisse sempre, che ti consolasse ogni volta e che fosse presente anche quando doveva solo mandarti a fanculo con un calcio nel culo.» Sentenzia senza aver timore di pronunciare quelle parole. «Emily solo questo ti meritavi. Forse avresti capito che il casino lo stavi combinando solo tu e che lui è sempre stato se stesso, dall'inizio alla fine.» Conclude con un sospiro.
Non parlo. Abbasso lo sguardo e mordo il labbro inferiore. Le loro parole non migliorano la situazione. Se credono che mi inducano ad essere forte e coraggiosa ed ad andare a dirgli che voglio lui, si sbagliano. Quelle parole mi spingono ancora più giù. Mi fanno cadere ancora più in basso. Non mi sento meglio ad ascoltare chi mi dice che mi sta bene, che me lo merito e che la colpa è solo la mia.
«Non ti sto accusando, ma voglio farti capire che la vita è fatta di scelte... tu l'hai fatta e di conseguenza anche lui»  scrolla le spalle e mi posa una mano sulla spalla. «E te lo dico apertamente, lui ti ama ancora follemente.» Accenna un sorriso, come se fosse abituato a dirlo. «Un amore così dura per sempre.»
A quelle parole incrocio i suoi occhi. Sono sinceri.
«Credo che sia meglio...»
«Lasciare Noah, intanto» ridacchia sfregandosi i palmi delle mani e schiacciandomi un occhio con malizia.

Forse ha ragione. Forse è la cosa più giusta da fare. Forse cambierebbe la mia situazione, mi sentirei più leggera, riuscirei a gestire la mia vita con serenità e sicurezza. Riuscirei a ricominciare da sola, ma da me stessa.

Non rispondo, faccio un cenno come per salutarlo e scappo fuori. Chiamo un taxi, nuovamente, e torno a casa, dove trovo posteggiata l'auto di Noah.
Prima di entrare respiro profondamente più di una volta, poi alzo gli occhi al cielo ed entro. Lui è sul divano ed appena mi sente, si mette in piedi avanzando per abbracciarmi.
Lo lascio fare inalando il suo buon profumo.

«Sei stata da tua sorella, vero? Come sta?» E' molto tranquillo.
«Dobbiamo parlare» quelle parole risuonano persino al mio orecchio strane.
Mi osserva sconcertato ed annuisce. Poi si accomoda sul divano ed io sulla poltrona di fronte.
Probabilmente sto sudando, ma dopo starò meglio.
«La mia vita fin ad ora è stata sempre predominata dalla ragione» esordisco, «non ho mai fatto qualcosa senza prima pensarci cento volte e per questo ho perso dei treni.» Deglutisco e faccio una breve pausa. « Quando ti ho incontrato, mi son detta che quella volta non avrei sbagliato e che eri tu quello che volevo al mio fianco, per sempre» sorrido al pensiero e lui ricambia, «mi sentivo bene, perché pensavo di aver trovato finalmente la mia felicità.» Ho lo sguardo perso nel vuoto, mi sento un groppo in gola, ma resisto. «Ma cos'è la felicità, se non la bellezza di piccoli istanti che valgono per l'eternità?» Torno a guardarlo, mentre non riesco a decifrare la sua espressione. «Ecco... ho trascorso dei momenti che mi hanno regalato emozioni stupende, fino a quel giorno» il suo sguardo si alza e sbuffa, «inutile spiegarti cosa abbia provato, come mi sia sentita... ma quella era la felicità. Dopo l'incidente la situazione è peggiorata, Noah» scuoto il capo strizzando gli occhi, mentre lui nasconde il viso con entrambe le mani. «Io sono cambiata e ho capito adesso che quello che ci legava non era amore. Mi sono bastati pochi giorni per capire che la mia vita era ancora legata a qualcun altro e che si era solo bloccata. Mi sono bastati pochi istanti per ricordarmi chi ero prima. » Non trattengo le lacrime. Non ci riesco. Mi sento svuotata. «Ma adesso non conta più nulla. Ho deciso che devo ricominciare tutto da capo, che devo farlo sola, senza coinvolgere nessun altro.  Sono un disastro...» dico alzandomi ed avvicinandomi a lui. Lo abbraccio e poggio la mia testa sulla sua spalla. «Troverai la donna che saprà apprezzarti, ne sono sicura.»
Mi rivolge un lungo sguardo. «Andrai da lui adesso?»
Vorrei rispondergli di sì, che finalmente sarei andata da lui a dirgli quello che avevo appena fatto, ma non sarebbe mai successo. Non è solo lui la causa della rottura definitiva con Noah. Non sono sicura di aver vissuto sul serio fin ad ora. Ho sempre vissuto cercando di pensare a cosa fosse giusto o sbagliando, tralasciando cosa fosse, invece, migliore per me. Cosa mi avrebbe fatto sentire viva, a tal punto da dire di riuscire a respirare regolarmente.
Scuoto così il capo e lui annuisce. «Allora ti auguro di trovare quella felicità che non ti ho potuto regalare ogni giorno» detto ciò si mette in piedi ed esce di casa.
Avverto il motore della sua auto e rimango immobile.

Alzo gli occhi al cielo e finalmente respiro.


La mattina dopo ho già fatto le valige. Tornerò per il momento a casa dei miei.
Mia madre aprendo la porta di casa e trovandomi con le varie cianfrusaglie fra le mani sembra sconvolta, ma tace.
Non appena metto piede dentro mi rifugio tra le sue braccia, lasciandomi andare.

Nessuna delle due fiata. Salgo le scale sorreggendo le valige e non appena mi ritrovo davanti mia sorella, con la stampella fra le mani mi blocco.

Non l'ho mai vista sorridere in questo modo.


«Adesso comincia a vivere» sussurra.
Annuisco ed avanzo verso quella che, da adolescente, era stata la mia camera.
Sarebbe tornata esattamente come lo era un tempo, incasinata, ma senza lo sgradevole odore di chiuso.


Dopo aver trascorso due ore intere a sistemare la mia roba nei vari cassetti ed armadi, rispondo alle continue chiamate che mi arrivano sul cellulare.
Noto solo adesso che è Kris.

«Ma sono due ore che ti chiamo!» Esclama con voce stridula.
Rido. «Scusa stavo sistemando i vestiti» spiego sedendomi sul letto. Sprofondo. Non ricordavo di aver avuto un materasso così morbido.
«Marcus mi ha detto che sei passata ieri» dice.
«Sì... ma tutto okay» mento.
«Sputa il rospo, dai.»
«Ho lasciato Noah» mi sembra strano dirlo, ma è così.
«Emily» il suo tono sorpreso, meraviglia anche me. «Non me l'aspettavo, giuro. E adesso?»
«Adesso vivo la mia vita, da sola. Almeno per il momento.»
«Adesso mio fratello impazzirà.» Borbotta.
Rimango in silenzio riflettendo sulle sue parole.
«Cosa?»
«Hai capito bene. Appena saprà che hai rotto con Noah, mi diventa un cretino.» La sento ridere. «Non voglio saperne nulla io, non mi raccontare se ti chiama o se dovesse venire da te, okay?»
Non capisco dove voglia arrivare. Mi sembra che le dispiaccia pure la cosa.
«Ci sentiamo più tardi caso mai, devo andare a lavoro... ed è arrivata la baby sitter. Un bacio» riattacca.

Rimango qualche minuto a riflettere sul comportamento della mia amica.
Vuole la felicità del fratello, ma pensa che io non sia in grado di dargliela?


POV BRANDON


Sono a pranzo con Kaitlyn. Solo lei può portarmi a mangiare giapponese.
Prendo fra le mani le due stecche e sembro un imbranato, mentre lei se la ride.
«Amore devi prenderle così» mi mostra le sue, peccato che non ci riesca.
Mi sta solo salendo il nervoso, mentre la gente mi fissa stranita. Che hanno da guardare?
Non hanno mai visto un impedito con delle bacchette?
Improvvisamente il cellulare mi vibra nella tasca dei jeans, così mollo tutto, pensando sia un'emergenza di lavoro e rispondo senza neanche osservare il display.

«Bro, dobbiamo vederci» è Marcus.
Osservo Kaitlyn che mi sorride interrogativa, «non posso, sono a pranzo con Kaitlyn» spiego.
«Al diavolo 'sta donna, sono il tuo migliore amico. Alza il culo da quella sedia, che neanche le sai usare ste bacchette del cazzo!» A quelle parole capisco che mi sta osservando, così mi guardo intorno. Lo noto fuori, che agita una mano per farsi riconoscere.
Sbuffo e scoppio a ridere, mentre anche Kait se ne accorge.
«Quel tipo è un idiota.» Commenta infastidita.
Le rivolgo un'occhiata omicida, «è il mio migliore amico, se te ne fossi dimenticata» decreto.
«Si, ma non può semplicemente starmi antipatico?» Domanda lei accennando un sorriso.
Marcus è ancora al telefono e probabilmente ha sentito tutto.
«Le puoi dire che la cosa è reciproca e che il labbro si capisce che è rifatto?»  Marcus dall'altra parte sembra essersi innervosito.
«Marcus sto uscendo» gli dico prima di riattaccare.
«Ma mandala almeno a cagare da parte mia, la regina del silicone.» Sbotta.
Mi viene da ridere, ma mi trattengo. Poggio il telefono sul tavolo e mi metto in piedi.
«Vado un attimo fuori, tu mangia» le dico, incamminandomi. La sento borbottare, ma la evito.

Una volta esser uscito, raggiungo il mio amico che sta fumando una sigaretta poggiato sulla sua auto.
«Poco mi importa di quell'oca che hai come fidanzata, potevi trovartene una intelligente almeno...» commenta scrollando le spalle.
Evito la discussione ed incrocio le braccia al petto curioso. «Che devi dirmi?» Domando accigliato.
«Sarebbe stato più divertente dirtelo davanti ad un caffè o ad un panino... almeno ti saresti affogato» ridacchia come un bambino. Ma quando cresce?
Sospiro esausto, «parla» decreto.
«Emily ha lasciato Noah.» Butta il fumo fuori dalla bocca e mi fissa.
Cerco in tutti i modi di apparire indifferente. Non mostro nessuna espressione.
«Okay, ed ora?» Apro le braccia con fare interrogativo.
Marcus spalanca la bocca e getta la cicca a terra calpestandola. «Ti è andato di volta il cervello? Amico ti conosco da una vita e non dirmi che non te ne frega un cazzo!» Sbotta quasi sconvolto.
«Quando ti ho detto che volevo voltare pagina, quale parte della frase non hai capito?» Domando freddo e distaccato. Mi sento un ammasso, duro come una roccia da non riuscire ad abbattere.
«Lo sai che ti dico?» Mi fissa disgustato. «Che ti preferivo innamorato e rompicoglioni, adesso non ti sopporto proprio. Sembri Noah.» Quelle parole mi feriscono, ma non lo faccio trapelare, nascondendo tutto il mio stato d'animo del momento. «Quando ritrovi il mio amico mi fai uno squillo e magari si beve insieme una birra. Per il momento fai come se non esistessi.» Detto ciò non mi degna più di uno sguardo e monta in auto partendo velocemente.

Mi sento una fitta al cuore. Marcus mi ha mollato sul ciglio della strada come un coglione. Le sue parole mi hanno fatto sentire un'altra persona. Il mio amico ha fatto la predica a me, quando di solito è il contrario. Ha ragione. Mi sento diverso, ma forse perché lo sono sul serio. Osservo Kaitlyn alle prese con le bacchette e mi viene da ridere. Quella donna mi sta cambiando...ma in bene o in male?

Dov'è il solito Brady? Dov'è scappato?

Rientro nel ristorante con un espressione persa e vuota. Kaitlyn neanche se ne rende conto, è troppo impegnata a ridere sul cameriere che dice averci provato con lei. In realtà sono nel mio mondo. Vago con i pensieri e mentalmente sono da un'altra parte, anziché lì, con lei.

Il display del cellulare che si illumina cattura la mia attenzione.
E' un messaggio di Marcus.

"Quando ti ho detto di fare pace con il cervello, intendevo che dovevi chiederti cosa fosse giusto o sbagliato per te, ma ciò di cui mi sono reso conto in questi giorni è che hai tanto criticato Emily per la sua insicurezza e per il modo che avesse diverso di comportarsi con te e con Noah... e tu adesso... stai facendo la stessa cosa. "


Slaccio la camicia che mi serra il respiro e allento la cravatta. Mi sento soffocare qui dentro, diamine.


Perché tutte le scelte che faccio mi inducono a sbagliare sempre qualcosa?
Perché non può essere facile?
Perché non posso semplicemente frequentare un'altra donna e allo stesso momento rimanere il Brandon di sempre?


Angolo autrice.
Siete sorprese, ammettetelo! Sì, lo sono anche io. Godetevi questi giorni d'ispirazione perchè potranno esser seguiti da una totale mancanza e di conseguenza non riuscirei a scrivere! Aahaha, vabbè, come sempre spero che vi abbia intrigato. La situazione con questi due è abbastanza complicata, come avete potuto notare. Sono due testoni. 
Comunque, a presto, bacioni!

Il passato non è mai passato.Onde as histórias ganham vida. Descobre agora