Capitolo 10.

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Capitolo 10.

 
 
POV BRANDON.



Sono passati solo due giorni da quando hanno dimesso Emily dall’ospedale. Adesso vive dalla madre. I risultati dei vari esami neurologici hanno riscontrato un’ amnesia retrograda.
Il medico ha consigliato di lasciarla a riposo, di non confonderla, di non farle domande e soprattutto di non fissarla con occhi diversi. La mia Emily  è scomparsa. Ho chiesto alla madre di poterle semplicemente farle visita ed ha accettato, mentre Nathan si rifiuta di farmi avvicinare anche di mezzo centimetro.
Sono più loro a tartassarla che io. Desidero soltanto guardarla in viso, tenerle una mano e farle capire che io ci sarò quando lei ricorderà tutto. Io farò di tutto per farle riaffiorare tutti i suoi ricordi, anche i più brutti. E non ho paura di esser nuovamente accantonato, non ho paura dei sentimenti che lei prova per Noah, perché sono follemente innamorato di lei, e questo conta.

Sono esattamente fuori casa Stewart. Il cielo è nuvoloso, fra poco pioverà, ma io non ho ancora il coraggio di entrare. L’auto di Noah non è posteggiata e questo mi da sollievo.
Ho bisogno di vederla a tutti i costi.
Avanzo di pochi passi, poi salgo lentamente gli scalini e busso. Tremo internamente e quando Kris mi apre la porta ne rimango piacevolmente sorpreso. Almeno non mi sentirò solo dentro quell’enorme casa.
Charlotte mi accoglie con un abbraccio ed un sorriso quasi forzato. Grace è entusiasta di vedermi, Nathan non molto.
«Sei venuto qua per vederla? Bè, caro mio… non la vedrai.» Sbotta a denti stretti.
Cerco di evitarlo. «Brandon vieni ti faccio strada…» Charlotte mi fa cenno di seguirla su per le scale, così sorreggendomi dalla ringhiera salgo lentamente. «Sai oggi ha parlato solo con Kris e ha mangiato pochissimo. La notte fa molti incubi e mi è capitato di addormentarmi sulla poltrona al suo fianco…» si ferma di fronte alla porte angosciata, «io so che devo farmi forza e so che la mia Emily è da qualche parte dentro di lei, ma mi piange il cuore non potermi comportare come vorrei. Lei ha troppa paura di me, di suo fratello…di suo padre.» Aggiunge piagnucolando. Le porgo una spalla su cui consolarsi e lei mi abbraccia. «Rimani quanto puoi…» detto ciò giro il pomello e quando la porta si apre mi sembra di tornare qualche anno indietro. La camera di Emily non è cambiata neanche di mezzo centimetro, tutto è rimasto uguale, ma lei rannicchiata su quel letto non ha la stessa espressione di un tempo. E’ intimorita, è afflitta e confusa.

«Ehi» sussurro avanzando.
«Probabilmente sei qualcuno che conosco quindi puoi entrare» mormora quasi esausta.
Così mi avvicino e chiudo la porta alle mie spalle, posizionandomi sulla poltroncina di fronte.
«Come stai?» La fisso. E’ pallida e ha gli occhi gonfi.
Lei alza le spalle, «vivo in una casa con gente che non ricordo chi sia, altra gente viene a farmi visita e vorrebbe persino baciarmi… sto proprio bene» sbotta.
Mi scappa un risolino pensando a Noah. Sicuramente si riferisce a lui.
«Bè, se può consolarti non sono qui per baciarti» ironizzo. Invece lo farei. Lo farei eccome, se solo tu ricordassi.
Lei accenna un sorriso, ma poi torna seria. «Lo sai che non ho ancora capito chi sei?»
Incrocio le braccia al petto e la guardo dritta negli occhi, «io non voglio dirtelo.» Sorrido. Gli occhi mi pizzicano e ho un nodo alla gola, ma non piango. «Ma presto lo scoprirai… non c’è nessuna fretta.»
«Eri importante per me? Solo questo» fa un gran sorriso e mi si apre il cuore. Poi incrocia le gambe e raddrizza la schiena fissandomi. E’ curiosa e non ha paura di me.
«Suppongo di si» rido.
Alza gli occhi al soffitto e sorride, «sicuramente sei stato un mio caro amico… anche se devo esser stata proprio stupida ad esser stata solo tua amica» mi fissa con sguardo ammiccante. La Stewart è ancora lì ed io la farò emergere. «Insomma… sei un gran figo» ammette indicandomi con una mano.
«Grazie» rispondo deciso.
«Non mi ricordo il tuo nome» schiude le labbra e fissa il vuoto, ma prima che si disperi parlo io.
«Brandon» sorrido avvicinando la poltroncina al suo letto.
Lei non si scansa, ma osserva il gesto con molta accortezza. «Sono chiusa in queste quattro mura…» si guarda intorno, «e ho trovato un sacco di foto in questi giorni. Probabilmente con alcuni compagni di scuola…» mi guarda. «Mi fa rabbia non ricordare. Se ho al mio fianco tutta questa gente, vuol dire che qualcuno mi voleva bene.»
Poggio la mia mano alla sua e lei si distanzia subito. Okay, mossa sbagliata.
«Sapevi come farti volere bene, ma sapevi anche farti odiare» inclino le sopracciglia.
«Mi hai mai odiata?» Domanda curiosa.
«No» dico.
«Hmm, interessante… non ho la più pallida idea di cosa fare, di come comportarmi, non so se la memoria riaffiorerà pian piano… o se devo comportarmi in un modo diverso. Non so nulla.» Sospira e sbuffa.
«Ascolta, ascolta…» la tranquillizzo guardandola negli occhi, «ci sono io, ci sarò sempre. Qualunque cosa, basta una chiamata… ed io corro da te. In qualsiasi posto io mi trovi, io posso essere anche da te, in meno di un minuto.» Sembra stupita dalle mie parole ed arrossisce.
«Grazie» il suo tono è tranquillo e dolce.
Mi alzo in piedi e le porgo una mano, «vieni con me» sussurro. Mi guarda con espressione corrucciata e non risponde. «Fidati» aggiungo.
Appoggia il palmo della sua mano sul mio e la stringo. La invito ad alzarsi e lei così fa. La guido verso il balcone e con passi lenti finalmente ci riusciamo.
E’ già buio, ma una fioca luce illumina il mio balcone e si riesce ancora a notare la mia stanza. Quella casa è ancora la mia. Mio padre quando ha commissioni di lavoro in città pernotta lì, ma io non ci ho più messo piede dopo la partenza al college.
«Quella era la mia  stanza sei anni fa» la indico e le do una breve occhiata, ma trovandola infreddolita rientro dentro a prenderle il plaid e glielo poggio sulle spalle. Lei è compiaciuta del gesto e se lo sistema in modo da riscaldarsi. «E questa era la tua.» Continuo.
«Eravamo vicini di casa quindi» dice.
Annuisco con un suono gutturale.
«La notte prima di andare a dormire, o meglio… la notte fonda, mi affacciavo al balcone e cercavo di vedere se fossi sveglia. Alle volte dormivi, alle volte la luce era accesa, altre… anche tu eri affacciata.» Sorrido ricordando.
«Sono mai entrata in casa tua?» Domanda curiosa.
Annuisco.
«Mi ci porti?»
Mi trovo in difficoltà. Non credo che la famiglia mi consenta di farla uscire.
«Non so se loro…»
Rotea lo sguardo e sbuffa, «giusto, devo riposare» borbotta. «A che mi serve stare sdraiata ventiquattro ore su ventiquattro su quel letto e non vedere il mondo che mi circonda? Io fisicamente sto bene. Ho solo bisogno del mio passato e di ciò che era il mio presente.» Rientra in stanza e si avvicina ad uno stereo. «Ho trovato un cd e questa canzone mi è piaciuta particolarmente…» preme play.

And if you have a minute why don't we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don't we go
Somewhere only we know?
Somewhere only we know?


Non parlo e lei canticchia sottovoce. Mi fissa maliziosa e sorride dolcemente dondolandosi da una parte all’altra. Mi sta chiedendo di portarla in un posto che solo noi conosciamo ed io vorrei poterla portare dappertutto. Scapperei persino dalla mia realtà per stare al suo fianco.

«Portami in un luogo che solo noi conosciamo» sussurra.
Quando qualcuno apre la porta, Emily abbassa il volume della musica e Charlotte sorride osservandoci.
«Noah vorrebbe vederla» mi fissa quasi implorandomi di uscire, ma non voglio.
Emily boccheggia per qualche secondo, vorrebbe dire la sua a proposito.
«No.. io voglio fare un giro in città con Brandon» dice sorprendendomi.
Ed anche se so che mi beccherò un pugno dal fidanzato, non mi tirerò indietro.
«Tesoro devi riposare, il medico ha detto»
«Ha detto che prima o poi ricorderò, ma meglio prima che poi… ed io ho bisogno di ricordare chi ero.» Alza gradualmente il tono di voce. «Non potete tenermi segregata qui dentro per il resto dei miei giorni. So che ero qualcuno, probabilmente ero innamorata di qualcuno, probabilmente avevo un lavoro che mi gratificava ma come faccio a ricordare se non mi date la possibilità di farlo?»
Charlotte si trova con le mani legate e non ha nulla da obiettare. Annuisce ed esce dalla stanza lasciandoci nuovamente soli.
«Metto qualcosa addosso e ti raggiungo di sotto…» risponde decisa.
Non so ancora dove la porterò, ma la mia Emily sarà al mio fianco per un’intera sera.

Esco dalla stanza arrivando di sotto. Grace mi abbraccia.
«Conto su di te.» Sussurra al mio orecchio. «Noah però vuole ucciderti.» Mi mima distanziandosi.
Eccolo. E’ proprio di fronte a me. Mi guarda in cagnesco, ma non lo temo.
«Le hai fatto un lavaggio del cervello?» Stringe i pugni. «Non ti basta la ragazza da cui hai un figlio?» Sbotta.
Sto per controbattere, ma poi mi fermo a riflettere. Lui come fa a saperlo?
«Che cazzo ne sai?» Aggrotto la fronte serrando la mascella.
Boccheggia e si innervosisce scambiandosi una lunga occhiata con Hanna e Nathan.
Hanna scuote il capo e nasconde il viso con le mani. «Sappi che io non ero d’accordo e l’ho saputo solo pochi giorni fa. Non c’entro nulla.» Quest’ultima alza le mani in segno di resa, mentre Nathan borbotta e impreca a bassa voce.
«Sto per sbattervi la testa contro il muro ad entrambi, vi farò sanguinare fino a farvi morire e non sto scherzando.» Avverto la tensione passare in ogni parte del corpo, presto esploderò. Ho già capito tutto, ma voglio esserne certo.
«Okay, okay» esordisce Nathan. Charlotte, Grace e Kris fissano curiose di sapere silenziose.
«Okay un cazzo» sbotto avanzando verso di lui.
Lui indietreggia. «Mia sorella si stava per sposare e tu le stavi sempre intorno. Ovviamente tu sei il suo Brady e la stavi confondendo e così abbiamo preso le giuste precauzioni.» Spiega con molta tranquillità, evitando il fatto che sarebbe morto se non fosse scappato all’istante.
«Precauzioni?» Alzo il tono di voce come un forsennato.
«Sì, avresti avuto un figlio non tuo… ma almeno non avresti avuto più niente a che fare con mia sorella. Lei non può stare con te, lo capisci?»
Non ci vedo più e senza pensarci due volte sgancio un destro contro il suo naso, ed un altro contro la bocca di Noah che si muove in un sorrisetto soddisfatto.
«Che bastardi» commenta mia sorella dietro di me. Per la mia volta in tutta la mia vita mia sorella non si è tirata indietro a due cazzotti. Non ha mosso nessun arto per impedirmelo. Ha osservato la scena con piacere. Grace altrettanto. Charlotte, invece, così sconvolta rimane a bocca aperta con una mano poggiata sul petto.
«Tu non sei mio fratello, tu sei una merda!» Sbraita Grace spingendo Nathan che sorregge il suo naso. «Ammazzati e non farti vedere mai più. Uomo senza cuore. Scompari da New York che provochi solo disagi.» Infine corre per le scale e sbatte la porta della stanza.
«Nathan» sussurra con voce tremolante la madre, «Noah» fa lo stesso e li fissa. «Uscite da casa mia.»
Nathan prende il giubbotto, la fidanzata per mano ed esce senza dire una parola.
Noah invece fa resistenza, ma Charlotte non ha altro da dire e lo invita ad andare per l’ennesima volta.

Mi posiziono sul divano tenendo con entrambe le mani la testa. E’ tutto un casino.
Quella puttana di Madison mi ha mentito. Si è presa solo gioco di me, ma adesso mi sente. Sfilo il cellulare dalla tasca del giubbotto e digito i tasti senza pensarci.

“Sei una puttana. Non farti più vedere, noi due siamo solo due persone che lavorano nello stesso ospedale, per il resto non rivolgermi più la parola. Scompari!”

Pochi secondi dopo lei risponde.

“Mi hanno pagata Brandon e mi servivano quei soldi, avrei persino finto pur di avere quei soldi. Mi dispiace… sul serio… ma prima o poi te l’avrei detto. Comunque rispetto la tua decisione.”

Cancello i messaggi e il numero dalla rubrica telefonica. Non ho niente a che fare con questa gente, ma se credono sul serio che qualcosa riesca a separarmi dalla Stewart sono completamente fuori strada.
Kris mi posa una mano sulla spalla. «Emily sa in cuor suo che tu sei ciò che realmente vuole.»
Alzo gli occhi e la osservo. «Non so cosa farei senza di te» mormoro.
Non risponde, ma sorride dolcemente. «Vado a casa da Lux, la baby-sitter termina il turno tra mezz’ora e poi anche Marcus passerà stasera… ti aspetto sveglia, so già che non riuscirei a dormire.» Indossa il cappotto e dopo aver salutato la madre di Emily esce di casa.

Quando Emily scende le scale mi ritornano in mente tanti ricordi, quelli che lei purtroppo non riesce a rimembrare. E’ così bella, sensuale anche con un semplice jeans ed un pullover.
Mi sorride e dopo aver indossato una sciarpa ed un montgomery blu esce di casa al mio fianco. Quando però si trova di fronte all’auto ha come paura di entrare.
«Non potrà succederti nulla, te lo prometto, con me sei al sicuro» le apro la portiera e lei dopo un lungo incessante respiro entra e si sistema.
Salgo al suo fianco e metto in moto.
«Ho per caso sentito le urla di sotto e ho inteso che ti hanno preso in giro su qualcosa di importante… mi dispiace» incrocia le braccia al petto e mi guarda.
«Non ti ricordi proprio niente eh?»
Scuote il capo dispiaciuta.
«Rimedieremo» sorrido e parto.

Una mezz’ora dopo siamo di fronte alla scuola. Ho mandato un messaggio a Marcus chiedendogli di aprirci la palestra e lui è esattamente posteggiato lì di fronte.
Esco dall’auto seguito da Emily e mi avvicino al mio amico.

«Bella Stewart» commenta lui.
Emily saluta con un cenno di mano confusa.
«Non farò il magnanimo con te, tu non sei mai stata buona con me … quindi ricorderai con le buone o con le cattive quanto mi volevi bene sotto sotto. Ti starò dietro come un mollusco che non vuole staccarsi… perché…Emily questa è solo una fase di passaggio.» Dice Marcus sorridendogli.
«Hai sfogliato il vocabolario?» Domanda lei ironica.
Entrambi spalanchiamo la bocca e rimaniamo di stucco. Marcus mi guarda come impietrito.
«Come fai a sapere che lui è un ignorante?» Chiedo scoppiando a ridere per l’insulto gratuito.
«Intanto sei uno stronzo» mormora lui dandomi uno spintone.
«Vi state sempre a punzecchiare voi due… e poi non so…» si guarda intorno respirando profondamente, «mi sentivo di dirlo, come se lo sapessi.» Dice con nonchalance.
Il dottore ha specificato che l’amnesia poteva prolungarsi anche a giorni o anni, ma così, in tempo record ritornerà in carreggiata la mia Stewart.
«Okay, io vi apro la palestra… però…» Marcus si volta a fissarmi, «se tu non la chiudi e la lasci come la trovi ti giuro sul Signore che ti cancello dalla lista best friend forever. Chiaro?» Parla sottovoce a denti stretti, mentre Emily con espressione corrucciata cerca di capirne qualcosa.
«Sì, bro, sì.» Rido e lo seguo facendo cenno ad Emily di venire con noi.
«Lui è pazzo, dove ci sta portando?» Chiede lei.
Mi scappa un risolino e Marcus si volta antipatico sentendo l’affermazione di Emily.
Apre la porta della palestra e dopo esser entrato blocca Emily all’entrata.
«Ma non perché non ti ricordi chi sono mi devi insultare da quando mi vedi a quando scompaio dalla tua vista però!» Esclama. In tutto ciò non smetto di ridere

E’ incredibile come riesca a portare allegria alla gente. Ride di continuo e finalmente sta facendo sorridere anche Emily, nonostante il fatto che lo considera un idiota patentato.

«Non sporcate nulla… che la preside mi fa il culo così» gesticola, ma ancor prima che lui finisca io ho chiuso la porta, lasciandolo fuori. Apro le luci e prendendola per mano la faccio salire su per la gratinata. Ci sediamo esattamente dove il primo giorno di scuola del suo primo e ultimo anno qui dentro, era venuta a vedere la partita.
In realtà non era venuta per me, ma per Lucas.
«Qui eri seduta alla prima partita del campionato… ti notai subito, anche in classe, nel corridoio, eri la ragazza nuova e naturalmente… Lucas Brown ti aveva adocchiata come possibile preda…» spiego ancora infastidito al pensiero, «ti aveva invitato alla partita e tu avevi accettato. Avevi al tuo fianco Samantha ed Hanna, ma non eri al tuo agio. Ti guardavi sempre intorno, applaudivi non molto convincente e insomma… non era ancora il tuo posto questo.» Concludo sorridendo.
«Lucas Brown…. Capelli castano chiaro, occhi verdi e fisico mozzafiato. Il primo giorno di scuola mi ha scontrato e mi ha fatto cadere i libri a terra…. Come faccio a ricordarlo?» Spalanca gli occhi e mi fissa. Ne sono felice, nonostante tutto.
«E’ una cosa… positiva» balbetto.
«Ma non ricordo te…» sussurra, «raccontami il nostro incontro.»
Mi metto in piedi e la faccio alzare, indirizzandola con passo svelto verso le aule al piano di sopra. Ricordo a memoria in quale eravamo.
Entro e mi siedo al mio banco. Sorrido ed inalo l’odore del legno dei banchi, e quello di chiuso. Lei, invece, stranamente, quasi senza pensarci, prende posto in quello che era stato il suo banco per il resto dell’anno. Mi guarda e sorride.
«Prima ora, letteratura… quell’insegnante ci odiava, perché facevamo sempre baccano. Ti disse che sicuramente avresti trovato le giuste compagnie e io da qui dietro ti fissavo e pensavo “cazzo quant’è carina”. Nel frattempo punzecchiavo la prof e tu mi fissavi cosi indignata dal mio comportamento che… ero certo, non mi avresti mai ammirato davvero.» Sospiro e annuisco.
«Perché?» Chiede lei.
«Frequentavi il gruppetto che praticamente mi odiava di più. Hanna non riusciva proprio a vedermi, Samantha era neutrale invece… ma ti inculcavano in testa cose del tipo “stai alla larga da Felton, che porta guai”
Sorride e si sorregge il mento con una mano ascoltando il resto della storia. «Eri il classico cattivo ragazzo che attira tutte, sicuramente ne ero attratta anche io» ammette.
«Attratta… probabilmente sì, ma hai cominciato ad uscire e parlare con Lucas… che io giuro odiavo più di me stesso. Si sentiva il re della scuola solo per la coroncina che mettevano alla sua testa ogni anno.» Accenno una smorfia con il naso e lei scoppia a ridere.
«Però avevo buon gusto» mi schiaccia un occhio.
«Mi ricordo invece di una sera… la sera in cui ti ho parlato. Eri venuta a questa festa organizzata da lui. Io ero già brillo ad inizio serata, ma poi ti ho visto entrare… indossavi un jeans, una camicetta aderente che esaltava tutte le tue forme ed un cardigan rosso fuoco» dico pensieroso, «Mi strappasti dalle mani il bicchiere di birra ed io ne rimasi sorpreso, perché al massimo mi strappavano di dosso i vestiti, non altro. Ti risposi arrogantemente, ma tu non perdesti occasione per contrattaccare. Mi dicesti persino di evaporare» rido al solo pensiero e lei fa lo stesso. Morirei per sapere se sta ricordando. «E mi facesti capire con nonchalance che non avevo nessuna chance con te, poi… a fine serata hai assistito all’esibizionismo di un Marcus ubriaco sopra l’albero ed io giuro che ridevo al solo fatto di quanto fossi entusiasta ad osservare i miei addominali nell’alzarmi per recuperare l’imbecille.» Continuo a ridere mentre lei mi fissa imbarazzata.
«Sicuro osservassi quelli?» Chiede maliziosa.
Annuisco senza pensarci.
«Sottolineasti persino in un bar il tuo nome e cognome, perché ti denominai “La Nuova”  e questo t’infastidì. Ero eccitato all’idea di avere a che fare ogni giorno con una birbante come te, perché lo sapevo che dietro quel faccino angelico si nascondeva un’altra ragazza con capacità e potenzialità uniche.»
Lei sospira. «Insomma, per te non ero solo un’amica?»
«Non ho intenzione di raccontarti il resto della storia Emily Stewart…» mormoro mettendomi in piedi. Avanzo verso di lei e mi inginocchio prendendole entrambe le mani. Lei non si tira indietro, come se si fida di me e questo mi fa rimbalzare il cuore fuori dal petto.
«Il resto è dentro di te, il tuo cuore conosce ogni cosa. Solo tu sai come andò a finire e adesso siamo qui, dopo sette lunghi anni. Sono qui, con te, perché voglio solo che tu ricordi chi eri, chi eri con me, chi eri con lui, chi eri con loro.»
I suoi occhioni mi scrutano. Sono lucidi e vispi. Vorrei abbracciarla, ma ho paura della sua reazione.
«Cosa accadrà quando ricorderò tutto?» Lo chiede quasi intimorita.
Sospiro e mi  prendo qualche istante prima di rispondere. «Io sarò qui e qualunque cosa accadrà, io non dimentico ciò che è stato.» Mi slancio e provo ad accarezzarle il volto. Lei socchiude le palpebre al tocco lieve. Muovo lentamente la mano sulla sua guancia e le sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Oh Brady» mormora con voce cantilenante.
Mi ha chiamato Brady. Smetto di respirare. Non posso crederci.


Angolo autrice.

Ma ciao! Scusate il ritardo, perdono, perdono! Aahah, allora... eccoci con un altro capitolo. Spero vi sia piaciuto ovviamente e spero di leggervi in tanti con le vostre dolcissime recensioni. Bacioni, a presto!:* 

Il passato non è mai passato.Where stories live. Discover now