Capitolo 16.

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Capitolo 16.




Sono in un locale stracolmo di gente che beve, si scatena in pista e che parlotta.
Kris se la ride con il tipo del bar, mentre io sorseggio il mio Bloody Mary. Non mi sento esattamente al mio agio, anche se avrei voglia di ballare e non pensare più a nulla.
Quando un ragazzo mi si para davanti con un sorriso malizioso, mi volto da una parte all'altra, per esser sicura che stia fissando proprio me. Mi indico interrogativa e lui annuisce facendomi cenno con un dito di avvicinarmi, mentre muove il bacino in modo sensuale. Mi fa quasi venire voglia di finirlo tutto d'un sorso quel cocktail. Porto alle labbra la cannuccia e con sorsi lunghi e veloci lo bevo tutto. Poggio violentemente e con insistenza il bicchiere sul bancone ed agitando le braccia a ritmo di musica mi avvicino.
Mi prende per mano ed indietreggia mentre mi ritrovo circondata da persone sconosciute. Mi attira a se posando una mano sul mio fianco e continua a muoversi. Mi lascio andare socchiudendo le palpebre e gettando la testa all'indietro, mentre avverto il calore del suo corpo contro il mio.
«Piacere Jason.» La sua voce è talmente sensuale, da provocarmi un brivido lungo la spina dorsale.
Mi avvicino al suo orecchio e boccheggio per qualche istante, «Allison» mento.
Si distanzia e mi sorride.
In lontananza, poi, scorto Kris che abbassa il capo a ritmo, ondeggiando con il corpo.
Improvvisamente al suo fianco si posiziona Marcus.
Sgrano gli occhi e mi distacco da quel tipo. «Scusami» dico allontanandomi.

Kris non si è ancora accorta della sua presenza e continua a ballare come se nulla fosse. Fin quando lui la acchiappa da una braccio e lei si volta scattante.
Mi avvicino, ma cerco di rimanere in disparte sentendo ugualmente la discussione.

«Tua figlia è a casa e tu te ne vai a ballare?» Urla lui.
«Sto solo bevendo qualcosa con un'amica» si difende lei alzando le mani in segno di resa.
Lui sbuffa e posa un pugno sul bancone, «ne hai ancora per molto qui? O ti decidi a tornare a casa?» Sbotta.
«Ma che problemi hai?» Chiede arrogantemente lei. «Lux è con mio fratello, non capisco quale sia il problema!»
«Il problema è che non puoi sempre fare tutto quello che ti pare, okay?» Marcus continua ad alzare la voce, ma lei sembra più tranquilla del solito.
«A me sembra che ti dia fastidio il fatto che io sia qui dentro e mi stia divertendo» borbotta Kris incrociando le braccia al petto.
Lui le da un'occhiata dall'altro al basso e poi torna a guardarla in viso. «Sei vestita come una ragazzina.» Commenta.
«E quindi? Non ho mica quarant'anni che devo privarmi di una minigonna ed un paio di tacchi alti!» Incalza lei.
Marcus sembra geloso. E' tutto ciò che riesco a notare di quella situazione.
«Potresti pure contenerti. Anche io potrei uscire, andare a bere, ubriacarmi, spogliarmi davanti a delle ragazze e fare il figo, ma non lo faccio.» Scoppio a ridere, perché non ce lo vedrei proprio in quello stato.
«Ma sei libero di farlo!» Esclama lei. «Chi te l'ha mai vietato?» Continua. «Abbiamo venticinque anni... siamo liberi di comportarci come ci pare. O sbaglio?»
«Okay, continua a fare la poco di buono.» La guarda disgustato e si distanzia.
A quel punto, per evitare una rissa, mi avvicino con passo svelto fingendo di averli appena notati.
«Ragazzi» dico entusiasta, «Marcus apposto?» Domando sorridente.
Lui sgrana gli occhi, «qua siamo tutti pazzi, adesso anche tu ti sei messa a fare la cretina in giro?» Domanda sconvolto. Non capisco quale sia il suo disagio e mi viene quasi da ridere. Sta scaricando tutta la sua rabbia e gelosia nei confronti di Kris, anche su di me.
«Grandissimo pezzo di merda, mi hai dato della poco di buono!» Lo spintona.
«Okay, risolviamo questo fuori» li spingo entrambi verso l'uscita, mentre si prendono a parole e cerco di far star buona Kris che ha appena alzato una mano, pronta a stampargliela in viso.

Quando finalmente raggiungiamo l'uscita, Kris gli carica una sberla e poi un'altra ancora, facendogli arrossire entrambe le guance.
«Sei uno stronzo» commenta.
«Ora tu sali in macchina con me e ce ne andiamo via di qui» Marcus indica la sua auto, mentre Kris scoppia in una risata isterica.
«Ma vacci pure a cagare con quella macchina, idiota» continua ad insultarlo.
Poggio entrambe le mani fra i capelli, incapace di gestire la situazione. Solo Brady avrebbe saputo calmarli. Io non so proprio che dire. Sono peggio di due bambini, quando, invece, l'unica bambina dovrebbe essere Lux, la loro figlia.
«Marcus, ma se Lux è con Brady che problema c'è?» Domando io.
Lui mi da uno sguardo e non risponde subito. «Brady non è suo padre o sua madre» dice.
«Bè, allora vacci anche tu... da lui» scrollo le spalle.
A quelle parole abbassa la testa e scompiglia i capelli.
Quell'attimo di silenzio mi fa riflettere.
«Hai litigato con mio fratello!» Esclama Kris sbuffando. «E per quale motivo adesso?» Chiede subito dopo.
Marcus guarda entrambe, «non ci ho litigato, gli ho solo fatto presente che i vecchi decrepiti sono più divertenti di lui! Tutto qui.» Spiega con calma. «Da quando frequenta la regina di silicone, si è trasformato in una sottospecie di bambolotto. E' andato persino a mangiare giapponese....» ride sgranando gli occhi, come se fosse sorpreso, «Brady... giapponese? Ma scherziamo?» Aggiunge.
«Senti ma mio fratello dovrà pur farsela una vita propria o no?» Lo difende a spada tratta la sorella.
Io invece rimango in silenzio. A quanto pare neanche a Marcus sta molto simpatica la nuova fiamma, che in fiamme c'ha solo i capelli, che per giunta saranno pure tinti.
Meglio riderci su, insomma.
«Si e nel frattempo gli prepariamo tutto l'occorrente per diventare mio nonno, d'accordo?» Dice con sarcasmo.
Kris accenna un risolino antipatico, «sei invidioso che almeno lui sta concludendo qualcosa nella sua vita? Quando tu... invece... sei un povero illuso?» Quelle parole feriscono, quasi, anche me. Non pensavo di poterle mai sentir dire da Kris.
Siamo e sono amici da una vita e sembra troppo questo.
«Illuso di cosa...?» Chiede assottigliando lo sguardo.
«Ti illudi che la tua vita possa migliorare da un momento all'altro e non ti accorgi che, oltre al lavoro da fallito che hai, sei un fallito anche come uomo!» Esclama aggressiva.
Vorrei scomparire. Sono la persona meno adatta in quella circostanza. Anzi, tutti sarebbero inadatti ad assistere ad una scena del genere ed a quello che sarebbe venuto dopo.
«Ah si? Sono un fallito?» Alza la voce ed io sussulto. «Perché? Perché non ho una donna? Perché mi piace la vita? Perché non sto dalla mattina alla sera a piangermela addosso per qualsiasi cosa?» All'ultima domanda mi rivolge un lungo sguardo. Perfetto. Adesso ci sono anch'io nel mezzo. Come non detto, diamine! «Probabilmente la donna che voglio è una stronza che sa solo criticare la gente, che gira per i locali di notte e che non ha neanche il minimo senso di cosa voglia dire gestire la propria vita.» Sbotta nervoso. Le vene del collo si ingrossano ed il suo viso è sempre più rosso. «E non mi accontento di una donna qualsiasi. Una donna che arriva di punto in bianco. Non mi accontento della prima che passa. Anche se quella che voglio è una fottuta stronza, egoista e prepotente, non mollo!» Continua gesticolando. Mi viene quasi da piangere per ciò che ha appena detto. «Sono qui. Sono venuto a prendere questa sottospecie di stronza. Non sono da un'altra parte, con un'altra donna. Non sto cercando di cambiare vita. Perché la vita che voglio è questa e se le cose col tempo cambieranno... vaffanculo!» Getta un sospiro di sollievo .«Intanto ho sempre fatto ciò che sentivo e non ciò che era giusto o sbagliato.» Detto ciò riprende fiato e lascia di stucco entrambe.
Kris è letteralmente senza parole. Non spiaccica una parola. Ha lo sguardo perso nel vuoto. A malapena deglutisce e respira. Sembra immobilizzata e mi fa quasi paura.
«Almeno l'ho fatta stare zitta. Ci sono riuscito.» Sospira lui. Poi indietreggia e voltandosi avanza verso la sua auto. Apre la portiera ed entra. Mette in moto e parte velocemente.

Sono sconvolta per tutto quello che ha appena detto e so che non sono la sola.
Per far stare zitta Kris e per riuscire a farla rimanere di stucco, ce ne vuole e lui ci ha centrato in pieno. Tanto di cappello ad Adams.
Quello che mi fa più riflettere è il mondo in cui lui gestisce la sua vita, come si pone nei suoi confronti e come affronta le situazioni. E' stato da sempre giudicato, fin dai tempi del liceo, come il pagliaccio della situazione, come colui che animava in maniera giocosa una momento anche inopportuno. Aveva sempre la battuta pronta e, probabilmente, a volte, faceva il cretino solo per far sorridere qualcuno. Ho sempre apprezzato il suo modo di porsi, ma questa notte, in questo parcheggio, ho visto un Marcus adulto, maturo, sicuro di ciò che vuole e fiero di ciò che è. Ha avuto, a differenza mia, il coraggio di dimostrare alla donna che ama, con modi nettamente diversi dai canoni normali, quello che realmente desidera. Vorrei solo avere un quarto della sua forza e lo invidio come non l'ho mai fatto con nessun'altro.
Marcus Adams, stanotte, ha conquistato anche me.

«L'ha detto davvero?» Kris si sveglia, finalmente. Mi osserva angosciata.
Annuisco accennando un mezzo sorriso.
«Com'è possibile?» Chiede poi.
«Cosa? Che sia innamorato di te?» Rispondo quasi con ovvietà. «Kris credo che non abbia mai smesso di pensarti in questi anni e averti rincontrato e aver scoperto che Lux è sua figlia, abbia solo alimentato il tutto.» Scrollo le spalle sorridendole.
Lei porta entrambe le mani in viso e scuote il capo, «non è possibile, non può essere innamorato di me» mormora.
«Perché?» Domando con espressione corrucciata.
«Non ci avevo mai pensato» ammette, «insomma l'hai visto anche tu come ci comportiamo» abbassa lo sguardo.
«Sì, ma lui è venuto qui... per riprendere te, poco importa come vi comportate. » Le accarezzo il capo.
«Sì... okay, ma io... non so» balbetta. Non l'ho mai vista in questo stato.
Mi sembra di rivedere me qualche tempo prima. «Fai come dice lui. Non pensare a cosa sia giusto o sbagliato, se vuoi fare una cosa, falla... senza pensare alle conseguenze» faccio tanto la morale a lei, quando io non ho mai fatto qualcosa istintivamente, ho sempre dato troppa importanza alla razionalità. Ho capito solo adesso che la vita si vive improvvisando. Nessuna regola, nessuna programmazione. Fai ciò che ti senti, falla sempre.
«E tu perché non l'hai fatto?» Cambia letteralmente discorso mettendomi in difficoltà.
Faccio fatica a rispondere prontamente.
Bagna le labbra con la lingua e assottiglia lo sguardo. «Perché non ti sei gettata fra sue braccia? Perché hai aspettato tutto questo tempo per far camminare il cervello?» La sua domanda risuona nel mio cervello come un tamburo. Sono giorni ormai che me la pongo e l'unica risposta che so darmi è: sono un'eterna insicura.
Lo sono sempre stata e probabilmente sempre lo sarò.
«Kris stiamo parlando di te, adesso» borbotto. Non mi va di immischiare, ancora una volta, la mia vita con quella degli altri. Ne ho già abbastanza di me, di Brady e di tutto il contorno sgradevole.
«La verità è che non sai neanche tu come risponderti» incalza.
Mi sta facendo innervosire e dalla mia espressione corrucciata si nota parecchio.
«Va bene, okay. Non mi sono gettata fra le sue braccia.» Sbotto. «Tu cosa avresti fatto al posto mio?» Domando accecata di rabbia. «Conosci un uomo, pensi che possa raffigurare il tuo futuro... decidi di sposarlo e boom» apro le braccia alzando gli occhi al cielo, «dal nulla compare il ragazzo che al liceo ti ha fatto girare la testa.» Aggiungo. «Avresti mollato tutto per rincorrere la fiamma adolescenziale o avresti cercato di ragionare mettendo insieme il tutto? Okay, forse avrei dovuto reagire un po' più d'impulso, magari mi sarei dovuta mollare un po'... ma non potevo rimanere indifferente di fronte a Noah. Insomma... stava per diventare mio marito.» Aumento il tono di voce.
Si prende qualche minuto prima di rispondere, poi alza il capo ed incrocia il mio sguardo. «Non ho mai messo in dubbio il tuo amore per Noah, ma Cristo santo Emily... passano mesi, pensi a Brady, pensi a voi nel passato, ti senti ancora coinvolta da lui... cosa credi che desideri il tuo cuore? Giocarci a carte?» Ironizza lei. «Quando ami con tutta te stessa una persona, tutte le altre appaiono invisibili e lo sai anche tu. Quante volte al liceo un ragazzo carino ti fissava e tu... niente!» Esclama marcando l'ultima parola. «Evitavi tutti perché l'unica persona che desideravi ti guardasse era mio fratello. Non c'era un attimo nel quale non lo guardavi, non lo pensavi o non ci parlavi. Emily... non ci voleva una doppia laurea per capire che quello che avevate lasciato in sospeso anni prima, era ancora vivo dentro di te!» Aggiunge fissandomi dritta negli occhi. «Bastava solo guardare dentro il cuore, per capire ciò che realmente desideravi.» Conclude.

Ho smesso ormai di piangermi addosso, come dice Marcus. Ho smesso perché mi  lacera solo internamente e all'esterno non cambia nulla, a parte la mia apparenza.
Così guardo Kris immobile. Mi sono stufata di sentirmi la predica di tutti. Mi sono stancata di sentirmi il perno della situazione. E' una situazione intollerante. Tutti che mi dicono che ho sbagliato, che è solo colpa mia, che me lo merito e che adesso dovrò prendermi le mie responsabilità.
Nessuno si è ancora fermato a dire "ma io cosa avrei fatto al suo posto?"
Tutti bravi a dire la propria, tutti bravi a giudicare e parlare a vanvera. Tutti bravi a decidere quale sia l'amore vero. Nessuno che capisca che ognuno di noi ha i suoi tempi. C'è chi arriva prima, c'è chi arriva dopo. Mi sono presa le mie responsabilità per esser arrivata tardi, quando il treno, dopo tanta attesa, era già partito.
Non ne esiste solo uno in tutta la vita, però. Forse, probabilmente, era quello giusto... ma non posso trascorrere l'intera vita a rimpiangerlo.

Se è andato, è andato.

«Facciamo che ognuno di noi risolve da solo i propri dammi sentimentali...» dico con calma, dopo essermi calmata. «Adesso ho solo bisogno di andare a casa.»
Lei annuisce ed alza i capelli in una coda. Toglie le scarpe e rimane scalza salendo in auto.

Per tutto il viaggio entrambe rimaniamo silenziose. L'atmosfera è tesa, l'aria è troppo viziata. Non volevo arrivare al punto di distanziarmi pure con lei. Mi sembra che tutto si stia stravolgendo e che la serenità sia svanita.

«Grazie per il passaggio» faccio dandole un'occhiata.
Lei ha gli occhi fissi sulla strada e non mi degna di uno sguardo. Sembra pensierosa, più che arrabbiata e questo mi consola. L'ultima cosa che volevo era uno scontro con lei.
Salto giù dal sedile e quando sto per chiudere la portiera, lei parla.
«Ehi Emi» sussurra, mi abbasso per guardarla e noto i suoi occhi lucidi, «mi dispiace per tutto. Se ho detto quelle cose è perché voglio bene ad entrambi...e perché risolvere la vostra situazione è più semplice della mia.» Ammette a testa bassa. Mette poi in moto ed io, dopo averle sorriso, chiudo lo sportello e lei parte.





POV BRANDON


Sono in auto da due ore ormai. Giro a vuoto senza una meta, con la musica che mi frastorna i timpani. Sul sedile al mio fianco c'è poggiata una bottiglia di Whisky, ancora non cominciata. La fisso ogni due minuti e combatto contro me stesso pur di non berla.
So già che se dovessi iniziare, la finirei del tutto.

Quando per sbaglio mi trovo a passare davanti casa di Emily, posteggio. Osservo la sua finestra illuminata e senza più pensarci afferro la bottiglia al mio fianco. La apro con forza e la porto alla bocca, sorseggiando velocemente. Lascio andare il capo all'indietro poggiandolo al sedile e socchiudo le palpebre, sembra come un'ancora di salvezza. Continuo a berlo, ondeggiando il capo a ritmo di musica, poi senza preoccuparmi di aver lasciato tutto acceso, scendo dall'auto barcollando e percorro il vialetto che mi porta all'entrata di quella che ,un tempo, era la mia abitazione.
Nonostante l'alcol in circolo riesco perfettamente a ricordare dove abitualmente nascondevo la doppia copia delle chiavi, o meglio dire quella di Tom.

Quando metto piede lì dentro, accendo la luce e mi guardo intorno accennando una risata. Tutto troppo vuoto. C'è solo odore di chiuso.
Dei flashback invadono per pochi istanti la mia mente, come se tutto fosse reale.

«Come al tuo solito hai bevuto vero?» Tom mi fissa scuotendo il capo.
Avanzo verso di lui e gli do una pacca sulla spalla. «Nah... tutto okay» rido morbosamente.
Tom mi afferra per un braccio, portandoselo dietro il collo e con un po' di fatica mi guida verso il divano, dove mi getta come un pesce morto. «Ma come devo fare con te?» Incrocia le braccia al petto e mi fissa dal petto. «Ogni volta che succede qualcosa ti butti sull'alcol» mi rimprovera.
«Sono fatto così, bro» ridacchio. «Insomma... Emily e Jake non è accettabile!» Esclamo prendendo a pugni il divano sotto di me.
lo sento ridere. «Vai a dirglielo, invece di fare al solito tuo il coglione» propone.
«Andrò...» sospiro. Poi mi giro di un fianco e stringo il cuscino che mi sorregge il capo con entrambe le braccia. «Ora... voglio dormire» mi lamento e poi improvvisamente mi addormento.


Salgo le scale sorreggendomi dal muro affianco, poi mi blocco per  buttare giù un altro sorso di Whisky. Arrivato al piano di sopra percorro il corridoio e quando mi ritrovo di fronte alla porta della camera di Tom, dove c'è ancora incisa una T. Ricordo quanto si arrabbiò papà, quel giorno che con un taglierino decidemmo entrambi di scrivere la nostra iniziale nelle rispettive porte. Eravamo due bambini birbanti e papà voleva suonarcele di brutto quella mattina. Ci ha rinchiusi nella stessa stanza per punizione. Per tutto quel tempo trascorso ridemmo come pazzi ripensando alla sua faccia dopo aver visto il pasticcio e già programmavamo la nuova marachella che avrebbe fatto, di sicuro, andar su di giri mio padre.

Ripasso con un dito quella lettera e sorrido. Giro il pomello con una mano ed entro.
Quella stanza era rimasta immutata. Il letto non era stato spostato di un centimetro e la poltrona di fronte altrettanto. Mi ci siedo sprofondando e continuo a bere quella bottiglia di cui ne è rimasto solo meno di metà.
«Avanti dimmelo che sono un coglione» annuisco. «Lo so che lo stai pensando, dillo» continuo. «Dove sei? Ah? Dove?» Sbraito con voce rauca guardandomi intorno. «Avresti avuto la risposta adatta, perché... tanto lo sapevi che i tuoi insulti erano come pane quotidiano per me. Non facevi altro che ripetermi quanto cazzo sbagliavo... ed ora lo so cosa pensi» borbotto, «pensi che bevendo non risolva nulla e bla bla bla» blatero accennando una risata. «Qui ti sbagli. Sto facendo time out per qualche istante. Stacco da tutti i pensieri e mi lascio andare.» Scrollo le spalle. «Domani sarà tutto apposto» annuisco con convinzione. «E so anche che Kaitlyn non ti piace per niente» indico con un dito il letto, «ma sei di parte, però, quindi non vale!» Esclamo. «Ti dico una cosa fratellino, una sola» mi metto in piedi traballando. Mi reggo dal mobile affianco e cerco di cacciare via quel senso di nausea che mi risale ogni due secondi. «Non torno più indietro... fanculo all'amore, al cuore... l'amore non è stato mai dalla mia parte» dico irruento. «Basta cazzate. Ho rincorso troppo tempo qualcosa di irreale... per cosa poi? Per niente. Ho creduto e combattuto come un idiota. Adesso il tempo delle mele è finito... i giochi sono finiti. Per sempre.» Detto ciò mi accascio a terra stendendo le gambe e poggiando la schiena contro il muro. Finisco gli ultimi sorsi di Whisky, «e questo è per te. Alla tua.» Dopo aver terminato anche l'ultimo goccio, getto violentemente la bottiglia dall'altra parte della stanza.


La mattina dopo sto dormendo in auto. Il sedile è completamente abbassato e quando alzo il capo per vedere dove mi trovi, mi accorgo di esser rimasto posteggiato allo stesso punto della sera prima. Stiro le braccia e poggio la testa, dolorante, sullo sterzo.
Scrocchio il collo e la schiena e dopo essermi un po' ripreso metto in moto per ripartire.
Per strada, stamani, c'è un gran traffico e mi ritrovo coinvolto in una fila pazzesca. Così, ricordandomi del turno che avrei all'incirca tra venti minuti, invio velocemente un sms a Clara, l'infermiera, per avvisarla che ritarderò.
Quando avverto una donna che blatera ed urla in mezzo alla strada alzo prontamente il capo, abbassando il finestrino.
«Aiuto.. qualcuno mi aiuti. C'è un dottore?»
A quel punto scatto fuori dall'auto senza neanche pensarci. Agito una mano per farmi notare.
«Eccomi, eccomi! Sono un medico.» Urlo alla donna che non appena mi nota sembra sollevata in viso. Le corro incontro raggiungendola, «che succede?»
Mi fa cenno di seguirla e così faccio. Quando mi accorgo di un uomo a terra, non perdo neanche un attimo per soccorrerlo.

Mi inginocchio e mi avvicino al suo orecchio, «mi sente?» Chiedo, ma non ricevo nessuna risposta. «Che cos'è successo?» Domando alla signora al mio fianco, mentre controllo il respiro e il battito.
«Si è accasciato a terra improvvisamente, non ne ho idea...» balbetta spaventata.
E' in un chiaro arresto cardiaco. «Chiama soccorsi» decreto, mentre sbottono la camicia che indossa. Poggio entrambe le mani sul torace e dopo aver preso un lungo respiro di sollievo attuo il massaggio cardiaco, alternando la respirazione bocca a bocca.
Sto sudando al solo pensiero di non riuscire a salvarlo. Ce la sto mettendo tutta. Nonostante il dolore lancinante alle tempie e i vari capogiri dopo sbornia, sto provando in tutti i modi per farlo riprendere. Non lascerò che muoia.
Sono diventato ciò che sono adesso, dopo la morte di Tom. Mi ero promesso in passato di aver aiutato chiunque si fosse trovato in una situazione del genere, a combattere contro la morte.
Ho fallito, forse, come uomo, ma non fallirò anche come medico.

Continuo a contare e a praticare il massaggio, sperando con tutto me stesso di risentire il suo respiro e il suo cuore battere. Quando il torace finalmente si alza lentamente, mi distanzio. Porto entrambe le mani sul capo esausto e prendo un lungo respiro.
«Oh mio Dio.» La donna al mio fianco singhiozza e prende per la mano l'uomo di fronte a me. «Lei è un angelo...oddio» piange abbracciandolo, mentre io accenno un sorriso.
Ce l'ho fatta.
«A breve arriveranno i soccorsi... come si sente?» Domando mentre l'uomo sembra ipnotizzato.
«Lei mi ha salvato la vita» sussurra con fatica.
«Non si affatichi, è tutto okay» mi metto nuovamente in piedi, mentre due uomini con la barella arrivano correndo. «Ho praticato il massaggio cardiaco, si è ripreso... ma portatelo immediatamente in ospedale» ordino.
Loro lo sistemano e lo caricano in ambulanza, mentre io ritorno in auto.

Finalmente il traffico si libera. Riesco a ripartire, mentre ripenso all'accaduto.
Ne rimango sorpreso e sono felice. Mi sento soddisfatto come medico.
Quando mi accorgo del display del telefono che si illumina, lo porto all'orecchio.

«Sì?» Rispondo.
«Dove sei?» E' mia sorella. «Dove sei stato tutta la notte?» Sembra preoccupata dal tono di voce.
«Kris sto andando a lavoro, che succede?» Domando accigliato.
«Ho bisogno di parlarti... per favore.» Mi prega.
Sospiro. Per lei sempre disponibile. «Okay, chiamerò e dirò di spostarmi al turno pomeridiano. Dove sei?»
«Sono a casa, con Lux...»
«Arrivo» riattacco e accelero.


Posteggio davanti casa. La testa mi martella ancora per il forte dolore e vorrei sono dormire fino a stasera. Entro in casa trovando Kris sul divano con Lux. Stanno giocando e ridendo insieme. Bellissime le mie principesse!
«Amore mio!» Esclamo quando Lux mi nota e mi abbasso per prenderla in braccio.
Gli  lascio una serie di baci in guancia e la stringo a me.
«Zio, ma dov'eri?» La sua flebile e dolce vocina mi addolcisce.
«Sono stato fuori per lavoro» all'affermazione Kris accenna una smorfia, mentre io mi siedo al suo fianco.
«Amore gioca» la incita mia sorella accarezzandole il capo. Poi mi degna di un lungo sguardo. «Ho saputo che tu e Marcus siete... insomma non vi parlate» mormora.
Immaginavo riguardasse lui. Sospiro ed annuisco.
«Cos'è successo?» Chiede corrucciata.
«Non gli va bene più Brady...» scrollo le spalle mentre mi massaggio le tempie lentamente.
«Forse perché non sei più lo stesso» arriccia il naso, «insomma, sei strano» ammette.
«Non so cosa vediate di diverso, forse perché ho voltato pagina... ma questo non vuol dire che non sia il solito Brady» sottolineo sincero.
«Marcus ti conosce da una vita ed anche io... si vede che non sei più lo stesso. E lo so che dietro a questa maschera c'è solo Emily. Non fare il duro con me.» Mi accarezza il viso e sorride.
Sono stufo. «Basta parlare di questa Emily. Emily di qua, Emily di là.» Dico nervoso allontanandomi. «Il mondo non gira intorno a lei. Mi sono rotto i coglioni di lei, del suo mondo e di quello che mi aveva fatto diventare!» Sbotto.
Menomale che mia nipote ancora gioca. Kris mi fa cenno di smetterla con le brutte parole, ma io neanche ci avevo pensato alla bambina.
«Ascolta... hai tutte le ragioni del mondo per avercela con lei, perché ha sminuito quello che tu provavi per lei e non ti è mai venuta incontro, ma tu non eri quello a causa sua. » MI punta un dito contro. «Grazie a lei tu sei diventato un ragazzo, un uomo meraviglioso. Con dei principi, con dei valori, con l'amore che possedevi dentro di te. Grazie a lei sei cambiato... dallo stupido Felton che si aggirava fra i corridoi della scuola a quello che sei adesso.» Annuisce. «E ora non ti permetterò di sfasciare tutto. Fai puzza di alcol... sei stato fuori tutta la notte e persino Kaitlyn non sapeva dove fossi.» Sbuffa incrociando le braccia al petto.
«Kaitlyn non sa nulla di me.» Borbotto accennando un risolino.
Kris applaude convinta, «che cosa dovrebbe sapere di te? Ovvio che non sa nulla.»
«Sono solo stato nella nostra vecchia casa...e sì... ho bevuto. Mi sono ubriacato.» Rispondo senza alcun problema. La vita è la mia, mi comporto come voglio.
«Quando capirai che bevendo non si risolve nulla Brandon?» Quella domanda quasi mi ferisce. Mia sorella non mi chiama mai per il mio nome per intero, ma quando lo fa o è incazzata, o sta parlando seriamente o è stufa.
In questo caso credo siano tutte e tre le risposte.
«Allora... parliamo di tutto ciò che vuoi, ma non voglio più saperne nulla di Emily. E' uscita dalla mia vita.» Sentenzio cercando di zittirla.
Ma lei è una Felton , non fa mai quello che le viene richiesto. Fa sempre l'opposto. Non a caso è mia sorella.
Alza le mani in segno di resa e socchiude le palpebre, «okay, se non vuoi più parlare di lei non farlo, ma ti proibisco di dire che a causa sua sei diventato una persona peggiore. Lo sai anche tu che non è così. Ti stai solo autoconvincendo che lei sia una stronza, che non ti meriti e che hai bisogno d'altro.» Parlotta veloce e faccio fatica a seguirla bene. «Ovviamente decidi tu di cosa hai bisogno, ma attento a non pentirtene.»
Si mette in piedi e prende in braccio Lux, «facciamo il bagnetto» le da un bacio in guancia e mentre la piccola mi saluta mandandomi tanti bacini, Kris sale le scale.

Non reggo più la situazione. Ogni cosa mi parla di lei. Ogni volta che provo a pensare a qualcosa che non riguardi Emily, c'è subito qualcun altro che mi ricorda il suo nome.
Si sono messi tutti d'accordo?
Ho preso la decisione di lasciarmi tutto alle spalle, di dimenticare ciò che era stato e di portare a compimento la mia vita.  Continuano tutti a giudicare, ad affermare con fermezza che io sia cambiato ed in qualche modo riescono a farmi sentire in colpa.
In fondo spero che Emily si renda conto del tutto, spero in un suo passo indietro.
Non sono mai stato preso alla sprovvista da lei. Non mi ha mai dimostrato nulla.
Sono sempre stato io il coglione che le va dietro, anche quando devo semplicemente lasciarla andare, magari adesso sarebbe andata diversamente.
Ho sempre aspettato un suo passo, un qualcosa che mi inducesse a pensare che Emily ci tenesse a me sul serio e che non ci legava solo il passato, ma un sentimento reale e forte.
Invece sono sempre stato io a dimostrarle qualcosa, sempre pronto a tenderle una mano e una spalla su cui piangere. L'ho sempre consolata e ci sono sempre stato.

Ma un uomo innamorato davvero può sopportare tutto ciò?

Arriva un punto in cui bisogna depositare le armi. Arriva un punto in cui capisci che hai fatto il possibile e se non è andata, non era destino.

Arriva un punto in cui mi girano i coglioni, e vaffanculo!


Il passato non è mai passato.Where stories live. Discover now