Capitolo 17.

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Capitolo 17.



Oggi è un giorno speciale. E’ il compleanno di Kris. Secondo lei ce ne siamo tutti dimenticati, o meglio dire, crede che io me ne sia scordata. Nonostante il mio disagio neurologico del momento, riguardando il vecchio diario, ho notato una foto che ritrae con lei qualche anno prima, con altrettanta data ed auguri.
Non sono al corrente di ciò che, probabilmente, starà organizzando il fratello, ma, nel frangente, mi cimenterò in una torta.

Sono al supermercato e passeggio avanti ed indietro con il carrello fra le mani, canticchiando una melodia di sottofondo. Acchiappo tutto l’occorrente e senza far caso a ciò che ho di fronte continuo ad avanzare. Quando urto con un altro carrello, sussulto e scattante mi volto ad osservare chi abbia investito sbadatamente.
Brady è posizionato di fronte a me, sembra seccato, sbuffa ed indietreggia, facendosi spazio per passare dall’altro lato. Degnata di mezzo sguardo, mi volto a guardarlo senza timore. Continua a camminare con la sua solita andatura, come se nulla fosse, poi si blocca e mette nel carrello una serie di pacchetti di patatine e salatini. Tutto l’occorrente per una festa di compleanno. Sospiro e scuoto il capo. torta di compleanno, così, ricordandomi di Marcus, al quale era scappato di averci litigato,sfilo il cellulare dalla borsa velocemente e dopo aver cercato il suo numero in rubrica lo chiamo. Per qualche istante squilla e poi risponde.

«Sì? Chi è morto? Polizia? Sono innocente.» Tipica risposta di un assonnato da post sbornia.
«Ho bisogno del tuo aiuto urgentemente» dico.
«Aspetta. Ma chi sei intanto?» Domanda con tono lamentoso.
Sogghigno. «Sono Emily, rincoglionito» sbuffo.
«Aah, Stewart» lo sento sbadigliare, «dimmi» aggiunge.
«Volevo chiederti» esordisco, «tu e Brady vi parlate?» So già che mi manderà a quel paese, ma almeno ci provo.
«Se credi che io possa aiutarti per incontrarlo e farci pace… così vissero felici e contenti, non mi cercare» sbotta. «Non hai bisogno di me per dichiarare la tua demenza» continua.
«Non mi interessava questo, veramente.» Dico con tono severo, mentre controllo da una parte all’altra che non ci sia Brady nei dintorni.
«Oh… allora sputa il rospo» dice.
«Ci parli o no con Brady?» Domando nuovamente accanita.
«No, Cristo Santo!» Lo sento imprecare al telefono, in seguito a vari rumori.
Ma che sta facendo?
«Okay… allora mi serviresti per organizzare la festa di compleanno a sorpresa per Kris» balbetto.
Scoppia in una risata isterica e poi si zittisce. «Mi stai chiedendo l’impossibile.»
«Ti prego, per favore» lo imploro.
«Emily Stewart, se tu non te ne fossi accorta… qualche giorno fa, come un fottuto coglione, ho dichiarato di esser innamorato di lei e la sua risposta, ancora oggi, è il silenzio.» Borbotta nervoso. «Per quale strambo motivo dovrei organizzarle una festa di compleanno?»
«Pensaci. Potrebbe esser il tentativo adatto per chiarire e sistemare la situazione.» Lo invoglio. «Dai, lo so che farebbe piacere anche a te… per una cazzo di volta, smettila di fare l’orgoglioso.» Continuo a pregarlo.
Non fiata.
«Va bene. Ad una condizione, però.»
«Sì, tutto ciò che vuoi» sorrido già soddisfatta.
«Io la smetto di fare l’orgoglioso… ma tu vai da Brady e ci parli, anche con la forza.» Il sorriso svanisce all’istante dal mio viso ed è proprio in quel momento, che riprendendo a guidare il carrello verso la cassa, scontro nuovamente Brady che sta pagando. Lo osservo in silenzio, sorreggendo ancora il telefono all’orecchio.
«Va bene. Okay…»sbuffo.
«Perfetto… allora tu compra il necessario ed io invito gente che lei conosce. Ci vediamo stasera alle otto.» Parla velocemente, ma poi si blocca. «Ma aspetta… dove?»
«Ah giusto…» rifletto. «Se affittassimo un locale?»
«Va bene, ho capito… me ne occupo io. Tu compra un po’ di roba e ci vediamo a casa pia alle sei…» riattacca ancor prima che io risponda.
Vuole sul serio fare la festa in casa sua? Mi viene da ridere solo al pensiero di come possa attirare in quella casa Kris. Non ci verrà mai.

Dopo aver acquistato il necessario, faccio rientro a casa, dove, per mia sfortuna trovo mio fratello ed Hanna in preda ad uno scontro aperto con mio sorella, che si sorregge con le stampelle. Quando entro, però, si zittiscono subito.

«Ciao» saluto.
«Ciao» rispondono all’unisono con espressioni corrucciate.
«Lo cacci fuori di casa per favore?» Grace è nervosa, ma si permette il lusso di alzare la voce, solo perché papà e mamma sono fuori casa, per un weekend in montagna.
«Perché ce l’hai così tanto con loro?» Incrocio le braccia al petto e curiosa avanzo, parandomi affianco di Hanna.
Grace guarda in cagnesco Nate, «avanti, razza di deficiente, diglielo» borbotta.
Nate sospira, «non c’è niente da dire.»
«E allora esci fuori di qui.» Lo invita indicando l’uscita.
«Grace» la richiamo severa. «Nate… che cosa è successo?» Chiedo osservandolo.
Lui abbassa lo sguardo, poi lo rialza incrociando quello di Hanna ed infine il mio.
«Quando hai avuto l’incidente… non è stato un caso» sussurra a denti stretti. Corrugo la fronte e continuo ad ascoltarlo attenta. «Stavi andando da Brady in ospedale per dirgli qualcosa di importante… e l’hai sentito parlare con un’infermiera. Gli diceva che era incinta e che il bambino era il suo» balbetta. Mi sento mancare l’aria a quelle parole. «Poi sei scappata e uscendo di lì… non hai guardato la strada, probabilmente… eri troppo nervosa…e sei stata investita da un’auto.» Dice sospirando. «Il problema è che… è colpa mia se tutto ciò è successo. Sono stato io a dire a quella donna di fingere di esser incinta, l’avrei pagata per far togliere di mezzo quell’uomo che ti accecava la vista.» Osservo i suoi occhi lucidi e per la prima volta sento che mio fratello ha un cuore, ma contrapposto al dolore mio del momento, non ha alcun significato. «Così… ho fatto e invece di rimediare ho combinato un disastro. Non ho messo in conto quanto tu fossi innamorata di lui e ho fatto un’irrimediabile cazzata…» si schiarisce la voce. «Forse… adesso… non vorrai  più vedermi e mi odierai per ciò che ho fatto. Ti giuro, però, che non avevo messo in conto tutto ciò… e mi dispiace per tutto» conclude indietreggiando di qualche passo.
Con le lacrime agli occhi, il mio sguardo è rivolto ad Hanna che, con occhi bassi, sta scrutando il pavimento. Esatto, è proprio ciò che dovrebbe fare, ma nel frattempo incamminarsi verso l’uscita e non farsi vedere mai più. Ha dimenticato ciò che un tempo eravamo. Così legate, così amiche, pronte a professarci il vero a vicenda, pur di ferirci, pronte a rischiare di tutto pur di difendere il giusto. E lei è sempre stata la prima a schierarsi per questo, come se fosse un giudice. Adesso si guarda i piedi, adesso non cammina più a testa alta.
«Voglio stare sola, ora» sussurro con un nodo alla gola. «Lasciatemi sola.» Balbetto correndo di sopra.

Hanno rovinato ciò che poteva essere una bella giornata. Tutto l’entusiasmo che avevo accumulato per la festa a sorpresa di Kris, era svanito in un batter d’occhio. Non riesco a  crederci che hanno fatto una cosa simile, non riesco a pensare che tutto ciò sia opera loro e che io probabilmente se non fosse stato per quella menzogna sarei ancora viva, con tutti i miei ricordi, con problemi minori, con il mio lavoro e forse… con chi desidero stare per tutta la vita. Invece sono qui. Sono sola. L’unica persona su cui posso contare è me stessa. L’unica che non mi tradirà mai.

Rimango per due ore rinchiusa in camera, seduta su quel letto, con la luce spenta e le finestre completamente chiuse. Sono invasa dal buio e questo non mi dispiace.
Quando avverto la suoneria chiamante del mio i-Phone, controvoglia, mi metto in piedi e avanzo verso la scrivania, dov’è poggiato. E’ Marcus.

«Ho invitato un bel po’ di gente, ma adesso arriva la domanda più bella» fa una lunga pausa, «lo devo dire a Brady?»
Sgrano gli occhi, «no!» Mi agito. «No, assolutamente.» Continuo balbettante.
«O-okay…» dice lui, «Emily che hai in mente?»
«Nulla. Ci vediamo più tardi.» Stavolta sono io a riattaccare velocemente.

Quando rimetto piede al piano di sotto, Grace sta guardando un film alla televisione. Mi da un’occhiata e non fiata. Mi dirigo verso la cucina, accantonando i brutti pensieri e cercando ispirazione su cosa possa cucinare per pranzo. Apro e chiudo il frigo più volte, fin quando sbuffando mi siedo incrociando le braccia al petto. E’ in quel preciso istante che Grace si para davanti a me, mi sorride e accenna una smorfia con la bocca.

«Se non sai cosa cucinare… stai tranquilla» annuisce, «la mamma prima di andare ha preparato una super sfoglia ripiena di tante schifezze che piacciono a noi.» Sorride sfregando i palmi delle mani. Per poco non perde l’equilibrio e cade, fratturandosi l’altra gamba.
Mi avvicino, così, al forno e aprendolo mi accorgo di quella prelibatezza squisita proprio davanti ai miei occhi. «Apparecchia» ordino a mia sorella, mentre la tiro fuori dividendola in due piatti.

Finalmente ho finito di mangiare. Non posso crederci che due persone siano riuscite a finire una sfoglia intera. Entrambe ci guardiamo devastate, spaparanzate sulle rispettive sedie, con la pancia gonfia ed un sorrisetto soddisfatto. Sono proprio questi i momenti di assoluta felicità fisica e mentale. E’ la prima volta, dopo gli ultimi giorni, che mangio così abbondantemente. L’appetito è tornato, forse perché la mia mente si è rassegnata a molte cose ultimamente.

«Come stai?» Mia sorella esordisce fissandomi.
Alzo le spalle, «sto» decreto.
«Mi dispiace per tutto il casino di prima. Nate è proprio un coglione. » Dice aggressiva stringendo i pugni.
«Per adesso non mi va di parlare di lui o di quella situazione… sai…è una bella giornata, Kris fa il compleanno e le stiamo organizzando una festa a sorpresa. Voglio solo pensare alla felicità oggi.» Spiego con tono calmo. «I problemi sono posticipati a domani» sorrido.
Grace, però, sorride inspiegabilmente come un’ebete ed… ebbene sì, posso solo immaginare cosa la sua mente stia frullando al momento. E’ sempre una buona occasione per parlare di Brady. Il suo sguardo non mente mai.
«Quindi collabori con Brady? Quindi ci hai parlato!» Dice con voce stridula spostando la sedia all’indietro e provocando un fastidioso rumore.
Strizzo gli occhi e scuoto il capo, «no, sei proprio fuori strada» mormoro. «La stiamo organizzando io e Marcus» sposto i capelli da un lato, facendoli ricadere lungo il petto e curiosa scruto il suo sguardo sconcertato.
«Fammi capire, stai organizzando una festa di compleanno a Kris… senza che Brady lo sappia?» Spalanca la bocca e apre le braccia. «Ma sei matta?»
«Non deve sempre entrarci in tutto… questo dannato Brady!» Sbotto.
La sua espressione si accentua ancor di più. Si avvicina e mi posa una mano sulla fronte. «Non hai febbre, ma tu stai male!» Esclama. «Ma che razza di stronzi siete?» Incrocia le braccia al petto. «E poi… cara mia, questo dannato Brady, lo chiami così perché ti rosica il fatto che non ti guarda neanche più?» La stronza di mia sorella esplode.
«Okay, okay. Vogliamo cominciare ad insultare?» Mi alzo nervosa e sistemo i piatti, i bicchieri e le posate nella lavastoviglie.
«No, sto solo dicendo che non ti poni neanche il problema.» Commenta.
«Quale problema?» Domando voltandomi scattante.
«Che Brady sia suo fratello e che magari ci tiene a partecipare a questa super festa!» Esclama accennando una smorfia ed un tono antipatico. «Non ti poni il problema che forse dovresti un po’ fare la donna matura, per l’età che hai… muovere quel culo e parlarci una volta per tutte.» Aggiunge. «Emily svegliati! Non hai lasciato Noah per diventare monaca di clausura.» Borbotta mettendosi in piedi e, saltellando con le stampelle, avanza verso il salone.

Mi stanno stressando con questa storia. Sono sicura che fino a quando non spiego a  Brady tutto ciò che sento, la situazione non si placherà mai. Saranno sempre tutti pronti ad intrufolarci in ogni discorso Brady, anche quando non ci potrebbe c’entrare nulla. Come se fosse il centro del mondo.

Sono davanti casa di Marcus. Busso alla porta e subito lui mi apre.
Quando alzo lo sguardo noto il festone di buon compleanno appeso ed un insieme di palloncini sparsi a terra. Sorrido entusiasta. Osservo con piacere il suo bel da fare.

«Wow» commento sorridente applaudendo.
Lui poggia entrambe le mani sui fianchi e si guarda in giro con aria soddisfatta, «sono un genio.»
«Virginia Woolf ti fa un baffo» ridacchio spogliandomi del cappotto.
Lui aggrotta la fronte e mi fissa, «chi sarebbe?»
Sospiro. «Lascia perdere.» Accenno una mezza risata. E’ senza speranze. «Bene, cosa ci resta da fare?» Domando dandomi un’occhiata in giro.
Schiocca due dita, «i cocktail» dice schiacciandomi un occhio.
Annuisco e lo seguo in cucina. «Hai preparato la torta?» Mi domanda.
Santo Dio! L’ho dimenticato. «Emm…no» mormoro.
Lui sbuffa e tirando su entrambe le maniche della maglia guarda il tavolo. «Mettiamoci all’opera.» Socchiude le palpebre e trattiene una risata.
Io, a differenza sua, scoppio a ridere e lo prendo in parola.

Dopo un’ora piena di risate, scherzi e chiacchiere la torta è pronta. La scritta “Buon compleanno nevrotica!” l’ha scelta Marcus ed ho dato l’onore a lui di inciderla con il cioccolato. Anche se un po’ sgorbia, è carina. Soddisfatti del lavoro compiuto la fissiamo dall’alto. Poi si volta sorridente e mi da il cinque.
«Potevi diventare pasticcera, invece di darti allo studio letterario» commenta sornione.
Sorrido, «sarebbe stata una buona idea…» ammetto.
«Perfetto… adesso ci restano solo i cocktail e so che tu non ne capisci un cazzo!» Nasconde il viso con entrambe le mani. «Ecco perché ho chiamato Brady» sospira come se nulla fosse.
All’affermazione avverto delle palpitazioni. La mia sudorazione aumenta  a dismisura, come i battiti cardiaci. Non ero preparata a ciò e Marcus è un vero stronzo!
«Ma.. ma… avevi detto che…» balbetto in preda ad una crisi di panico. «Ho bisogno di una sigaretta» mi distanzio e cerco invano un accendino e il pacchetto di Marlboro nella mia borsa.
«Lo so, avevo detto che io e Brady non ci parlavamo… in effetti non ci parliamo, però mi sembrava giusto dirglielo e siccome so che è il mago di queste cose ho deciso di chiamarlo.» Spiega, mentre io apro la porta di casa ed accendo la sigaretta. «Non potrai scappare all’infinito, Stewart» mi posa una mano sulla spalla come per conforto e rimane alle mie spalle.
Dopo due tiri, nonostante il mio sguardo sia perso nel vuoto, percepisco il rumore della sua auto. Giro gli occhi scattante e vedo la sua Porsche posteggiare proprio di fronte casa. Quando esce di lì, rimango incantata. Quella camicia che gli entra forzatamente, mette in risalto il suo petto. E’ sbottonata fino a metà mettendo in risalto la sua carnagione scura. Non riesco ad osservare i suoi occhi, poiché nascosti dai soliti Ray-Ban.
Sembra esattamente che io abbia visto Gesù Cristo scendere sulla Terra. Questa più che altro è la mia Apocalisse.

Avanza a passo lento, mentre io riporto la sigaretta alle labbra, per apparire più naturale possibile, poi, quando lui è esattamente di fronte a me, libero il fumo dalla bocca, lasciandolo andare ,esattamente, sul suo viso. Non si scansa di un centimetro ed io riesco ad inalare quel dannato profumo che porta sempre.
«Ho portato l’occorrente» parla e poi morde il labbro inferiore.
Marcus, nel frattempo, mi degna di uno sguardo e poi si fa spazio per rientrare.
Brady, invece, rimane qualche secondo fermo a fissare l’entrata. Sento le gambe cedere.
«In quanto medico… ho il dovere di dirti che il fumo invecchia la pelle ed una donna che fuma non sarà mai bella come una che non lo fa.» Detto ciò entra in casa senza darmi il tempo di esporre la mia idea a riguardo.
Ma quale idea Emily? Sei completamente incantata da tutto ciò che hai di fronte. Le uniche idee che possono passare per la testa sono di un altro genere e nessuna religiosa.

Getto la cicca a terra e la calpesto. Quando rientro in casa loro sono già al lavoro.
Quello che più noto, però, è la loro distanza. Sono distanti in tutto, oltre che fisicamente, anche mentalmente. Brady ordina a Marcus cosa fare e lui senza deviazioni lo fa.
Nessuna risata, nessuna battuta, nessuno sguardo malizioso dei loro. Sembrano due estranei che collaborano per un fine comune: rendere felice Kris.
E’ strano vederli così. Vorrei poter fare qualcosa, ma il Brady che ho di fronte non è più quello di qualche tempo prima. E’ scontroso, severo, ambiguo. A volte intimorisce ed io non avevo mai avuto paura di lui, anzi, era sempre una sfida aperta tra di noi, in qualsiasi occasione.

«Posso dare una mano?» La mia voce risuona come un tamburo in quella stanza silenziosa.
Brady non alza lo sguardo dal bicchiere che ha davanti, Marcus invece sì.
Mi osserva e scuoto il capo tranquillamente. Così, mi metto a sedere di fronte ad entrambi, scrutando i loro movimenti.
Improvvisamente il telefono di casa squilla e Marcus lascia tutto ciò che ha fra le mani e corre a rispondere, mentre io rimango al mio posto.

«Pensavi sul serio di potermi fottere con la festa a sorpresa?» Brady sembra arrabbiato.
«Non so di cosa stai parlando» borbotto con lo stesso tono.
Poggia le mani sul tavolo e con un brusco movimento mi guarda attentamente dritto negli occhi. «L’avevi capito che stavo organizzando qualcosa per Kris… e hai ben pensato di fare la stronza e fare lo stesso anche tu. Ho sbagliato qualche particolare, per caso?» Alza le sopracciglia e continua a fissarmi.
«Non credo sia affare tuo se io stavo pensando di organizzare qualcosa alla mia amica» rispondo tranquillamente, ma infastidita.
«Emily, attenta perché ti stai mettendo contro qualcosa che fa male.» Mi punta un dito contro, serra la mascella e mi fissa corrucciato.
«Più di  quanto male senta adesso… non ce n’è.» Sussurro.
Scrolla le spalle accennando un risolino, «problemi tuoi.» In quell’istante Marcus rientra in cucina e ci fissa entrambi, bloccando il suo sguardo su di me e cercando di capire qualcosa con espressione interrogativa.
Gli faccio cenno di evitare e lui mi da ascolto.

POV. BRANDON



Non si direbbe ma mi sento un pesce fuor d’acqua. Non mi sono mai sentito così a disagio in tutta la mia vita, come adesso. Lei non parla, lui altrettanto ed io devo fingere che non me ne importi nulla del mio migliore amico che non mi degna di mezzo sguardo.

Quando Emily si mette in piedi scattante, sbadatamente il mio occhio, come quello di Marcus, cade su di lei.

«Vado a sistemarmi, metto qualcosa addosso e prendo Kris…» dice porgendo il suo sguardo a lui.
In quell’istante mi passano per la testa tutte le volte che lei, in occasione di una festa o una ricorrenza, indossava quegli abiti cortissimi accompagnati da quei tacchi vertiginosi, ed i suoi capelli, alzati o sciolti che fossero, erano sempre in ordine.
Cancello quell’immagine di lei e torno al mio cocktail.
«Va bene, a più tardi» risponde Marcus.

Quando lei esce di casa rimango da solo con lui. Non riesco più a mantenere quel silenzio e non esser me stesso. E’ il mio migliore amico. Se non fosse per il sangue diverso, lo potrei considerare il mio terzo fratello. E’ qualcosa di indescrivibile l’amicizia che ci lega da anni e anni. Non si può spezzare per una cosa da niente. Non riesco ad evitarlo a lungo.

«Basta prenderci per il culo» sbotto lasciando perdere tutto.
Lui alza lo sguardo aggrottando la fronte e non parla.
«Sei tutto per me, bro. Io non ce la faccio più. Ci conosciamo da troppo tempo. Sei stato con me nella buona e nella cattiva sorte… sempre insieme, ricordi?» Domando sperando in un suo sorriso. «Non posso continuare ad evitarti. Non so più con chi parlare quando mi sento una fottuta merda, ho bisogno del mio amico. Quello che sapeva consigliare, sapeva mandarmi a fanculo e sapeva sempre farmi ridere.» Ammetto scuotendo il capo. «Io non sono cambiato. Non cambierò mai. Non sarà una donna a farmi diventare ciò che non avrei mai voluto diventare… non sarò mai un perfettino del cazzo.»  Accenno una risata. «Guardami.» Mi indico. «Sono sempre io… il solito rompicoglioni cazzone che sa come farti arrabbiare. E tu sei sempre tu, il mio migliore amico. Sono sempre il ragazzino del liceo, un po’ più cresciuto.» Sorrido e lui fa lo stesso.
Annuisce ed acchiappandomi da una spalla mi avvicina a se abbracciandomi. «Era ora, cazzone.»
«Okay, può bastare» rido, chiudo la mano in un pugno e l’avvicino al suo.
«Come va?» Chiede Marcus poco dopo. «In generale intendo…con questa ragazza, tipo…» dice vago.
So che in realtà la odia e lo fa solo per compiacermi al momento. Se potesse mi urlerebbe contro che la prenderebbe a calci in culo.
«C’è feeling… la sto conoscendo meglio» rispondo con tono rilassato.
Accenna un suono gutturale e poi mi fissa, «ma ti piaciucchia o ti piace?» Domanda marcando l’ultima parola.
Mi prendo qualche secondo prima di rispondere. Potrebbe piacermi sul serio.
«Potrebbe piacermi… magari più avanti» mormoro.
«Che presa per il culo» sussurra a denti stretti senza trattenere una risatina.
Gli do uno spintone e rido, «per il momento relax, potrebbe diventare più seria… fra qualche mese» ammetto. Forse mi sto solo autoconvincendo.
Mi guarda di sottecchi e sul suo viso compare una smorfia. «Dai… finiamola, se non scatta il colpo di fulmine la prima volta, non scatta niente neanche dopo.» Decreta con espressione convinta. «Con colpo di fulmine intendo… che vedendo una ragazza dici “quella mi sta sul cazzo”. Già a primo impatto c’è un colpo di fulmine… oppure quando dici “io con quella mai!”» Ad ogni parola mostra una faccia buffa e mi fa crepare dalle risate.
«Tu sei da rinchiudere» scuoto il capo sconcertato.
«Dai… è vero» batte la mani più volte ridacchiando. «Se quando la vedi dici “voglio lei”, quello è un colpo di testa.» dice sornione.
«Brutto colpo direi» scherzo insieme a lui.
Si mostra angosciato, «bruttissimo!» Copre infine il viso con le mani. «Non parliamo di queste cazzate che mi sale il porco» sentenzia stirando i muscoli delle braccia.
«Dovremmo farci una chiacchierata su mia sorella.» Annuisco incrociando le braccia al petto, curioso di sentire la sua risposta.
Mi da un breve sguardo e fa di no con la testa, senza esitare.
Rido ed accetto la sua decisione, al momento. Più avanti vorrò sapere che cosa è successo tra di loro o meglio, cosa sta succedendo.


Sono le otto in punto, ma la gente è arrivata, stranamente, in anticipo.
C’è troppo caos per una casa così minuscola, ovviamente rispetto alla mia. Quando mi avvicino alla finestra e scosto la tendina mi accorgo che l’auto di Kris ha appena posteggiato. Corro in salone ed urlo a tutti di tacere e trovare un posto in cui nascondersi all’istante, anche se non c’è vasta scelta. Spengo le luci e mi paro poco più distante dalla porta, accanto a Marcus con una bottiglia di spumante fra le mani, pronta a stapparla.
Tutti sono in silenzio, tranne Marcus che sussurra qualcosa di incomprensibile al mio orecchio.
La porta, socchiusa, si apre lentamente.

«Emily ma devi fare una rapina a casa di Marcus?» Chiede Kris spaventata.
Trattengo una risata tappandomi la bocca ed il naso e lo stesso fa Marcus.
«E’ strano che ci sia odore di deodorante, che cosa è successo in questa casa?» Rimane sull’uscio della porta mia sorella. «Emily… apri questa cazzo di luce?»
Improvvisamente le luci si accendono e Kris, di fronte a noi che le urliamo all’unisono “SORPRESA”, rimane senza parole, con la bocca spalancata, gli occhi che le luccicano sgranati ed un’espressione meravigliata.
Stappo la bottiglia e subito prendo un bicchiere fra le mani, versando lo spumante e porgendoglielo.
«Tanti auguri!» Dico posandole un bacio in guancia.
Sussurra un tenero “grazie” e beve. «Grazie a tutti, non me l’aspettavo» ride contenta e quando incrocia gli occhi di Marcus tutto si blocca, mentre qualcuno alle mie spalle accende la musica e il caos riprende nuovamente.

Mi prendo pochi attimi per concentrarmi su Emily, che, di profilo, sta sorridendo ad un tipo mai visto prima. Indossa una gonna a campana a vita alta ed una camicetta con scollo a V, lungo fin sotto il seno e le solite decolleté di camoscio nere.
Sorseggio il mio Sex on the Beach e la squadro dalla testa ai piedi, tanto so già che non mi sta notando.

La sua bellezza inconfondibile non riuscirà a dissuadermi, non mi lascerò abbindolare da tutto ciò, perché per una volta non sarò io a farle un complimento e lanciarle occhiate maliziose.

«Com’è che ti ha attirata qui?» Chiedo avvicinandomi all’orecchio di mia sorella che sorride beata ad una sua amica.
Lei si volta, «mi ha imbrogliato che saremmo passati da Marcus, visto che si era scordata una cosa oggi pomeriggio, perché era andata da lui a portarle dei documenti scolastici e poi saremmo andate insieme a ballare» spiega perfettamente scoppiando a ridere.
Guarda un po’ la Stewart. Non rispondo e mi dileguo, posizionando il mio bacino ad un mobile. Sfilo il cellulare dalla tasca dei jeans e mi accorgo dei messaggi di Kaitlyn.

Dove sei?


Fai gli auguri a tua sorella da parte mia.


Chiamami appena puoi.


Non c’è anche quella sgualdrina stasera… vero?


Vabbè, fanculo Brady. 



Tutti messaggi che racchiudono la profonda stima che ha nei miei confronti.
Ahimè, mi scoccia pensare che Emily avrebbe fatto peggio a confronto. Come minimo me la sarei ritrovata alla festa. Mi accorgo sempre di più della diversità di queste due donne.

«Ti posso parlare?» Una vocina fuori campo risuona al mio orecchio e senza voltarmi so già chi sia. Inconfondibile nel suo parlare, riconosco persino il suo accento, ormai.
«Non abbiamo niente da dirci» dico severo.
«Brady… per favore» mormora.
Scuoto il capo. «Non è né il momento adatto, né il luogo adatto… né io sono più adatto ad ascoltarti» sospiro, ma continuo a rimanere con lo sguardo fisso da un’altra parte.
«Non mi dai neanche l’opportunità di parlare? Devi solo ascoltare.» Dice quasi pregandomi.
Provo in tutti i modi a lasciarmi andare, vorrei farlo, ma è esattamente questo che provavo io ogni volta che lei stava con quel Noah. Sta assaporando ogni fase della disperazione che ho sentito io, forse anche in livello minore rispetto al mio. Adesso sa anche lei cosa significa sentirsi in bilico, tra il desiderio e la realtà. Adesso sa come ci si sente da Brandon Felton.

Non gliela darò vinta, non così, non adesso. Troppo facile. Bastano quattro paroline per far tornare il sereno. No! Non bastano. Seppur guardandola negli occhi potrei cedere, seppur ascoltandola seriamente riuscirei a cedere, non è giusto. Non è giusto perché ho sprecato mesi a farle capire ciò che sentivo dentro di me, non mi sono mai tirato indietro di fronte ai pericoli e le difficoltà che mi si ponevano di fronte. Sono sempre andato avanti a testa alta, pronto a combattere in cui credevo profondamente.

Adesso voglio solo…
Voglio sentirmi amato.
Voglio sentirmi desiderato.
Voglio sentirmi capito.

Per una volta non sarò io a fare altri passi. Rimango al mio posto. Esattamente dove sono.
Immobile, ma non più in bilico. 


Angolo autrice.

Buon sabato sera a tutti quelli che mi stanno leggendo! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto ed aspetto i vostri pareri. 
Vi lascio dicendovi che non manca molto alla conclusione... Baci, a prestissimo!

Il passato non è mai passato.Where stories live. Discover now