"Intrappolata nei ricordi" {Capitolo 36}

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Appena la porta si chiuse rumorosamente dietro di me, scoppiai in un pianto liberatorio, che aveva dentro tutto ciò che non avevo tirato fuori da un mese a questa parte.
Mi lasciai scivolare a terra, poggiando la schiena alla porta, i pensieri mi rimbombavano nella mente e uno dietro l'altro non facevano che farmi sprofondare negli abissi dei miei brutti ricordi.

Ero quasi pronta, Lorenzo sarebbe arrivato a momenti, volevo essere perfetta, e per questo continuavo a guardarmi allo specchio, continuavo a pensare se il vestito a fiori mi stesse bene o meno e mi domandavo se lui lo avesse considerato troppo corto. Non sarei voluta risalire per cambiarmi.
Lorenzo aveva 18 anni. E frequentava il quinto nella mia stessa scuola.
Non avrei mai detto che ad uno come lui potessi piacere, era uno di quei ragazzi che a stento ti rivolgeva mezzo sguardo.

Era il mio primo ragazzo, era la prima volta che un ragazzo mi aveva scelta. Si, ero stata la sua scelta, tra le tante. E questo mi faceva stare bene.
Qualcuno mi considerava per davvero.
Nonostante i miei diciassette anni appena compiuti, le mie imperfezioni, le mie insicurezze, i miei difetti, qualcuno aveva scelto Federica Mariani.
Non potevo essere più felice di così, no?

Tiene a me, e non vuole che io stia con nessun altro se non con lui.
Non è perfetto?
Da quando sono con lui, ho allontanato praticamente tutti, anche i miei due migliori amici, Gabriella e Matteo.
Nessuno accettava la mia relazione, neanche loro.
Nessuno capiva che invece fosse una delle cose più belle che mi fossero capitate.

"Ehi, sto scendendo, sei giù?"

"Certo che sono giù! Muoviti"

La pazienza non era il suo miglior pregio, ecco.

Anche questa volta saremmo andati nel solito locale, dove si riunivano i suoi amici, ed io rimanevo lì ad ascoltare i loro discorsi fatti di calcio e di ragazze poco raccomandabili.
Ma ero con lui, questo è ciò che mi importava.

Nonostante il locale fosse lo stesso, a circa venti kilometri dal centro, sempre ghermito di persone di tutte le età, quella sera fu completamente diversa, cominciammo a bere, un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora.
E quando volevo smetterla continuavano a incitarmi a prenderne un altro.

"Dai, questo è l'ultimo"

"Prova questo, fidati, ne vorrai di sicuro un altro"

"Tesoro, che fai non bevi? Dai!" mi disse Lorenzo quando ormai non ero già più in me.
Le risate e gli schiamazzi intorno a me sembravano raddoppiati, sentivo come se tutto fosse amplificato.
Tutti ridevano e mi urlavano contro.

"Sei pronto?"

"Mi raccomando, in HD se è possibile"

"L'avremmo stordita abbastanza? Dici ?"

Queste erano le uniche frasi che riuscii a capire, ma erano solo tante parole messe insieme.
Poco dopo salimmo in macchina e ci avviammo verso casa sua, che era quasi sempre libera il sabato sera.
Mi tenni a lui per salire le scale, sembravano uno di quei percorsi ad ostacoli a "zig -zag".
Finché varcammo la porta, e mi stesi sul divano.
"Non mi dire che sei già stanca" mi disse togliendosi la giacca e poggiandola su una delle sedie intorno al tavolo del grande salone.
"In realtà credo di aver bevuto troppo, però mi sono divertita sai"
"Lo so, lo so, ma credo che potremmo divertirci ancor di più"
"Si?" dissi temendo la sua proposta.
Si avvicinò a me di scatto e con forza impresse le sue labbra sulle mie, non dandomi il tempo di scostarmi dalla mia posizione.
Alzandomi entrambe le braccia, le bloccò appena sopra la mia testa.
"Lorenzo, sono ubriaca, non penso sia il caso...no?"
"Sta zitta, non succede niente" disse continuando a baciare il mio collo e il mio décolleté.
Non riuscivo a reagire, ero completamente bloccata sotto di lui.
I miei occhi si riempirono di lacrime, la mia testa voleva reagire ma il mio corpo era completamente bloccato. Una sbronza non mi aveva mai creato una cosa del genere.
Lui.
Era tutto perfetto.
Le sue mani continuavano a percorrere in modo invadente il mio corpo, fin quando con un movimento secco riuscii a farmi aprire le gambe, e la sua mano lentamente risaliva fino a toccare il lembo dei miei slip che sfilò prima che potessi accorgermene.
"Basta! Non voglio! Ti ho detto che non è il momento!"
Continuavo ad urlare, a piangere, a dimenarmi ma niente riusciva a fermarlo.
Quando anche lui cominciò a spogliarsi, mi lasciò libera dalla sua presa e provai ad alzarmi per scappare da quella situazione che sembrava sempre di più diventare uno dei miei peggiori incubi.
Ma con uno spintone mi fece ricadere sul divano.
"Dove vuoi andare? Non capisci che sei mia?"
Mi sfilò il vestito e subito dopo il reggiseno ed io chiusi gli occhi continuando a piangere, la mia voce voleva farsi sentire ma non fuoriusciva nulla. Volevo solo gridare.
Si distese sopra di me, e una volta svestitosi anche lui, cominciò a spingersi dentro me, sentivo solo un dolore atroce, un dolore che non avevo mai provato. Respiravo a malapena e sentivo il mio corpo abbandonarsi a ciò che lui stava facendo sopra di me.
Ero un oggetto. Uno strumento.
Stupida Federica. Stupida. È tutta colpa tua.
Non provavo niente, soltanto un vuoto. Un vuoto allo stomaco.
Lui sospirava nell'incavo del mio collo, e alternava i baci violenti sul collo a quelli sulle labbra.
Con quel minimo di energia che possedevo, provai nuovamente a dimenarmi, ma stanco del mio atteggiamento, mi tappò la bocca con una delle sue mani.
"Te l'avevo detto che ci saremmo divertiti"
Quando pensavo che tutto fosse finito, in realtà cominciò ad avere un ritmo più veloce e più forte.
Il dolore iniziale si affievolì e cominciò un bruciore che si accompagnava ad un senso di nausea e alla mancanza di respiro.
"Ti prego lasciami, mi fai male!" lo imploravo piangendo, nella disperazione più totale. In quel momento avrei voluto solo scomparire, sprofondare nell'oscurità.
Si fermò. E rimase disteso sopra di me.
In quel momento con tutte le forze che avevo, mi dimenai e riuscii a spostare il suo peso dal mio corpo e mi allontanai dal divano prendendo i miei vestiti dal pavimento.
Avevo le gambe immobilizzate, camminavo ma senza averne il controllo, infilai velocemente i miei slip che si impregnarono di sangue, il cuore sembrò battere sempre meno ma con le ultime forze che mi rimanevano corsi giù, scappando da quell'incubo, scappando da quel mostro.
Una volta fuori, il respiro continuava a mancarmi, ingoiavo le milioni di lacrime che ancora fuoriuscivano dai miei occhi gonfi.
Lo sentivo ancora dentro me. Sentivo il suo profumo, le sue mani che bloccavano ogni parte del mio corpo, il suo respiro contro la mia bocca.

Presi il mio cellulare e notai quanto fosse tardi. Non avevo pensato che tutti stessero dormendo, tra un'ora sarebbe sorta l'alba.
Ed io in realtà rappresentavo una notte mai trascorsa.
Non avevo alcuna intenzione di andare a letto, non avrei potuto chiudere occhio.
Mi sarebbe venuto in mente lui.
L'unico pensiero che mi faceva distogliere la mente dai miei ricordi era Marco.
Aprii il cellulare con l'intenzione di inviargli un messaggio e notai che era stato lui ad inviarmene uno.

"Nonostante non volessi farti sapere in quel modo ciò che hai saputo, ora sai molte cose di me, perciò tocca a te, anche io vorrei sapere cosa ti fa stare in quel modo, vorrei sapere chi ti ha telefonato, perché se potessi proteggerti da chiunque ti abbia fatto del male, lo farei."

Era strano, ma per la prima volta sentivo che lui fosse l'unica persona che potesse capirmi. In fondo abbiamo pur sempre qualcosa in comune.
Mi diressi in bagno e mi fiondai sotto la doccia, il getto d'acqua calda riuscì a riscaldarmi, nonostante il freddo provenisse dall'interno, e in quel momento mi avrebbe fatto bene soltanto uno di quegli abbracci forti della mia mamma. Quelli che ti riscaldano, che ti rincuorano.
Ciò che mi faceva stare meglio era il pensiero che presto sarebbe tornata qui, e saremmo potute essere finalmente insieme come un mese fa a fare quella torta al cioccolato che ci piace tanto.

"Mi manchi, torna presto"

Le scrissi prima di andare sulla terrazza a guardare l'alba.

un solo respiro.Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang