XII

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In effetti le cose cambiarono.

La cena proseguì senza intoppi, con il cibo buonissimo, specialmente per me, che ero abituato a mangiare le prime cose che mi capitavano sottomano, o meglio, sotto i denti.

A tavola si parlò molto, specialmente delle differenze i diversi stili di vita tra Italia e America.

Finché, sapendo di toccare un argomento delicato, Rachel parlò di relazioni scoccandomi un'occhiata furba.

Mia sorella parlò di alcuni ragazzi della sua scuola, ma nulla di interessante.

Il suo scopo era ben preciso, saperne il più possibile su Eileen.

Azrael sbuffò quando tutti gli occhi caddero su di lui, aspettandosi qualcosa di nuovo.

Lui scrollò le spalle. "Nulla di nuovo" disse.

Sorrisi dentro di me, anche se faceva il vago, sapevo che passava una notte con una ragazza diversa, se non con più contemporaneamente.

Quando mia madre rivolse il suo sguardo su di me, vidi Rachel sogghignare.

Mi schiarii la voce, giurando nella mia mente di farla pagare a mia sorella.

"Ho conosciuto una ragazza" dissi semplicemente.

"E?!" mi incalzò Rachel, con sguardo innocente.

"E" continuai, scocciato "Come hai visto, tra qualche sera usciamo a cena"

Rachel sembrò soddisfatta, mia madre rassegnata, e Azrael assonnato.

Azrael mi guardò con un sopracciglio sollevato.

"È la rossa che ho visto all'Arena?"

"Proprio lei" affermai, aspettandomi una risposta piccata da Azrael, che non arrivò.

Nessuno aggiunse altro, Rachel si mise a spezzare in pezzettini minuscoli il tovagliolo bianco che aveva in mano.

"Sembra tu stia cambiando" disse mia madre dopo qualche minuto di silenzio tombale.

"Ne abbiamo già parlato" tagliai corto io.

"Lo so, ma voglio solo il meglio per te" continuò lei, sotto lo sguardo assonnato dei miei fratelli "È la prima volta che sento di una ragazza nella tua vita"

"Le ragazze non mi sono mai mancate" ribattei.

"Magari nel letto" rispose mia madre, con uno sguardo strano "Ma nella tua testa?"

La fissai per un secondo, così come Azrael, mentre Rachel sgranocchiava rumorosamente un grissino.

"Io vado a letto" dissi poi.

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Mi svegliai la mattina dopo ancora assonnato, e con un irrefrenabile bisogno di bere parecchi litri d'acqua.

Generalmente finiva così quanto mangiavo troppo a cena e, con a casa mia madre, capitava spesso.

Dopo essere andato in bagno guardai il cellulare.

Dodici chiamate perse da un numero sconosciuto.

Scrollai le spalle: se mi chiamava un'altra volta avrei risposto.

Non feci in tempo a sbadigliare per l'ennesima volta che arrivò una notifica e lo schermo si accese.

Era un sms: il testo era abbastanza strano.

"Sono Eileen, forse. Vieni dove mi hai trovato ieri, idiota, dobbiamo parlare, o possiamo sempre fare sesso, se vuoi"

Il messaggio non aveva molto senso, ed avevo seri dubbi che Eileen potesse scrivere delle cose simili.

Nonostante ciò, uscii di casa mentre tutti dormivano ancora.

Arrivai davanti al negozio di alimentari in poco tempo, dato che ero davvero curioso di sapere cosa stava accadendo.

La porta era chiusa, ma cercai di aprirla e si spalancò senza nessun problema.

"Eileen?!" dissi appena messo piede nel negozio.

"Grazie di essere venuto" disse la sua voce dietro ad uno scaffale.

"Dodici chiamate perse ed un messaggio senza senso" risposi "Direi che era difficile ignorarti"

Appena girai l'angolo dello scaffale la vidi.

Poi capii.

"Perché sei ubriaca?" chiesi, vedendola a terra, con una bottiglia di birra in mano.

"Ubriaca? Chi è ubriaca? Pensavo fosse succo di mela!" disse tra un risolino e un altro "Tu sei lui? I tuoi capelli sono sempre stati così bianchi?"

Sbuffai, mentre l'aiutavo ad alzarsi. Almeno non aveva vomitato.

Eileen non fece in tempo a rialzarsi, che subito barcollò in avanti pericolosamente, finendo tra le mie braccia

Ridacchiò ancora in modo starnazzante "Bum, Bum" disse, picchiandomi un dito sul petto "Batti come un tamburo, mi piacciono i tamburi, sei un tamburo?"

Non sapevo se ridere della situazione, o preoccuparmi per lei.

"Cosa è successo?" le chiesi, scegliendo la seconda opzione.

"Nulla, nulla" disse, scuotendo vigorosamente la testa, anche se questo la fece dondolare ancora di più.

"Abiti qui vicino" le chiesi, esasperato.

Questa volta Eileen sembrava aver riacquisito la lucidità in un istante.

"Si" rispose sicura "Un centinaio di metri"

"Bene" dissi, sperando che lei fosse sincera.

"Bene" ripetè lei, come un bambino.

"Come si va a casa tua?!" le chiesi, prendendo in considerazione il fatto di poterla accompagnare a casa a cambiarsi.

"Dopo il ponte" disse lei con estrema semplicità "Stai attento ai coccodrilli, però"

La guardai scioccato, rendendomi conto di quanto poco reggesse l'alcool.

Mi balenò un'idea nella testa.

Con un breve slancio superai il bancone, lasciando Eileen sola per un attimo.

In un piccolo sgabuzzino trovai un armadietto con dentro un camice da uomo, che certamente poteva andarle bene.

Ritornai da lei, che era cercava di avere una conversazione con un kiwi.

Le tolsi il frutto dalle mani e l'accompagnai vicino allo sgabuzzino, intimandole di cambiarsi.

Dopo qualche minuto si sentì un tonfo.

"Tutto bene?!" le chiesi da fuori la porta.

"SI!" strillò "Mai stata meglio!"

Sghignazzai.

Il sorriso si espanse in una faccia sbalordita, quando uscii dallo sgabuzzino in biancheria, coperta dal camice.

"Ho sho...sonno" biascicò.

Si sedette sul pavimento freddo, ed iniziò a russare.

La guardai e mi venne in mente mio padre.

Avvertii una stretta alla pancia, subito dopo arricciai le sopracciglia.

Cosa mi stava facendo quella dannata ragazza. 

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora