XIII

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Eileen si svegliò solo mezz'ora dopo, mezzora che avevo passato con la sua testa sulla spalla, leggendo gli ingredienti di ogni singolo prodotto che il negozio contenesse, sobbalzando ad ogni suo colpo di tosse.

Ad un certo punto scattò in piedi in un millesimo di secondo, barcollando.

Poi si accorse di essere seminuda, e si strinse il camice al petto.

Aveva un po' di eyeliner sbavato sulla guancia e i capelli scompigliati, con lo chignon sfatto, ma non ci feci caso.

Non sono uno attratto dalla perfezione, ma in quel momento Eileen era quasi una modella, nonostante i gradi di alcool nel sangue.

"Tu" disse, semplicemente.

"Io" risposi.

"Noi non abbiamo..."

"No" replicai "Non abbiamo fatto nulla"

Lei tirò un sospiro di sollievo, cosa che mi fece arricciare la fronte.

"Perché sei qua?" mi chiese dopo un istante, come se si fosse accorta solo in quel momento della mia presenza.

"Mi hai mandato un messaggio particolare"

"Quanto particolare?"

"Tanto" risposi, ridendo tra me e me.

"Mi dispiace" disse, abbassando gli occhi.

"Non fa nulla" la consolai "Piuttosto, che cosa è successo?"

"Mi piace bere..." sussurrò "E poi c'era quel tizio che riempiva il bicchiere con uno schiocco delle dita..."

Non aveva del tutto smaltito l'alcool, ma almeno non farneticava su coccodrilli o tamburi.

"Come no" sghignazzai "Hai bisogno di qualcuno che ti accompagni?"

"Dipende da chi mi accompagnerebbe" rispose "Quali sono le opzioni?"

"Non fa ridere" la rimbeccai, ciò nonostante, abbozzai un sorriso anche io.

"Ad ogni modo non abito molto lontano, qualche centinaio di metri da qui" continuò lei.

"Nessun problema allora"

La seguii fuori dal negozio, Eileen inciampò qualche volta, e io la sorressi tempestivamente.

Dopo qualche minuto di assoluto silenzio, tranne il rumore delle suole sull'asfalto, raggiungemmo quella che era la casa di Eileen.

Era una modesta abitazione pitturata di giallo, con un giardino di cemento.

La casa era gialla, anche se quei muri sembravano supplicare una seconda mano di vernice.

Appena ci avvicinammo alla casa, scorsi un rapido movimento dietro una tenda, e poco dopo sbucò un ragazzino intorno ai dieci anni con i capelli rossi e le lentiggini, assomigliava ad un piccolo fungo.

"Solo una notte di ritardo Eileen?" la accolse "Pensavo un po' di più!"

"Zitto idiota" lo mise a tacere lei "Papà è a casa?"

"No"

"Meglio"

"E lui chi è?" chiese il ragazzino, indicandomi.

"Lui è..." mi guardò da testa ai piedi "Un amico"

"Sammael" dissi semplicemente.

"Già" si intromise Eileen "Sammael, lui è mio fratello, Ares, credo di averlo trovato in un circo"

"Sammael è un bel nome" si complimentò lui "Che significa?"

"Significa Levati dal..." sbottò la sorella.

"Dai Eileen" la interruppi "È il nome di un angelo, Ares"

"Fighissimo!" esclamò il ragazzino, che mi stava già simpatico, prima di ritornare come un fulmine in casa, sbattendo la porta.

"Tuo fratello è simpatico, ed ha ottimi gusti" commentai dopo un secondo "Che è successo a te?"

"Se non la finisci giuro che...ecco, la vedi quella mazza da baseball? Ho l'imbarazzo della scelta di dove mettertela!" esclamò Eileen.

"Sorprendimi" sussurrai "Dopotutto, una situazione grottesca piò diventare molto eccitante!"

Eileen mantenne il contatto visivo per un po', poi ignorò la provocazione.

"Ad ogni modo, grazie per avermi accompagnato a casa" disse "Ti devo un favore"

"Tranquilla" risposi, strizzandogli l'occhio "Sono sicura che salderai il debito con una cena"

Lei lanciò un'occhiata nella finestra, guardando Ares intento a giocare i videogiochi.

Mi afferrò la giacca di pelle e mi trascinò a se, facendomi mancare l'aria nei polmoni, con le nostre labbra a pochi centimetri, le sue rosse e lucide, se mie rosa e colme di cicatrici.

"Ci conto" disse poi allontanandosi e rientrando in casa.

Rimasi nella stessa posizione per un po', prima allontanarmi.

STRADADove le storie prendono vita. Scoprilo ora