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Abbiamo camminato tanto, troppo, molti sono rimasti indietro, ma non abbiamo smesso di cercare rifugio, passo dopo passo.
Barbie è stata allontanata, non parliamo da due giorni, tutto per un abbraccio, nonostante la rabbia mi strappi la carne dalle ossa, devo essere brava anche per lei.
Sullivan mi fulmina ancora con lo sguardo, del brutto taglio sulla testa ha dato la colpa all'edificio che cadeva in pezzi, il che è ovvio, non so se il suo gesto sarebbe mai passato con i principali a nord.
Aspettiamo solo che ci vengano a prendere, ci sono feriti gravi, ma aspettiamo ancora, armati e distrutti.
William mi osserva a debita distanza, solo qualche volta mi si è posizionato accanto per sapere come stessi, provocando sguardi curiosi da parte di tutti, niente che non sia già successo mentre mi addestrava.

- Equilibrio ragazzina- il Sergente quella mattina si era preso l'impegno di svegliarmi e portarmi poco lontano da lì, per continuare con il nostro lavoro. Farmi diventare più forte.
- Sono in equilibrio- sbuffo leggermente piegata in avanti, in posizione d'attacco.
Il legnetto che Will ha tra le dita mi spinge con leggerezza una gamba, ed io cedo ma non tocco mai terra.
Il suo braccio mi blocca dalla vita: saldo e veloce, duro e terribilmente caldo nonostante le temperature.
- Non eri in equilibrio- mi sussurra all'orecchio premendo l'addome contro la mia schiena. Odio l'effetto che mi fa, non posso vederlo ma so che un sorriso beffardo si è fatto largo sulla bocca maliziosa.
- Sei davvero fastidioso- mi libero dalla presa mio malgrado.
- Eppure ti sono mancato tanto, da farti credere di averti abbandonata- si morde un labbro cercando di trattenere un sorriso, uno splendido sorriso.
- Posso sempre preoccuparmi per la tua morte non credi?- sollevo un sopracciglio scuro, incrociando le braccia come se mi stessi difendendo. Mi sento sempre troppo esposta con lui.
- Non penso che la motivazione sia quella...- abbassa lo sguardo sulle mie ginocchia tremanti e mi aggira -...ragazzina- quando mi volto il suo sguardo è languido, provocatore e talmente affascinante ed intimidatorio che potrebbe catturare un puma solo con quello.
- Smettila di chiamarmi così- gesticolo infastidita.
- Non esiste- ride non riuscendo più a trattenersi, mostrando con chiarezza la fossetta sulla guancia sinistra, ovviamente la mia guancia preferita.
Cerco di prendergli il legnetto dalle mani ma con velocità se lo solleva sopra la testa, ed io rimango come una sciocca sulle punte per cercare di acchiapparlo, invano.
Da quel mio gesto ricominciamo a combattere, corpo a corpo, schiavando e colpendo con precisione e potenza.
Mi prende un polso tra le dita affusolate, cerco di scivolargli tra le gambe ma rimango intrappolata sotto di lui, che cede sulle proprie ginocchia ritrovandosi sopra di me. Punta le braccia sul terriccio, evitando di schiacciarmi completamente con il suo peso.
Passano minuti interminabili, nella quale i nostri occhi sembrano dialogare, arrabbiarsi e fare l'amore...
Ogni cellula del mio corpo lo desidera, vorrebbe mettergli le mani addosso, strapparli i vestiti, eppure, la testa mi ferma, mi manipola, ed è l'unica che posso permettermi di sentire.
- Puoi lasciarmi il polso ora...- sussurro, rendendomi conto della vicinanza.
Si alza velocemente ricomponendosi.
Rimango per terra qualche secondo sollevandomi sui gomiti.
Sulla mascella marcata pulsa un muscolo, la maglietta e stropicciata e i capelli scuri li ricadono in tutte le direzioni.
- Quanti anni hai William?- gli domando in maniera confidenziale, azzardando.
I bellissimi occhi si posano su di me, curiosi.
- Non penso ti riguardi Tenebra- corruccia la fronte.
- William mi sei appena caduto addosso, non pensavo fossi così riservato- alzo un angolo della bocca, stuzzicandolo.
Si abbassa sulle ginocchia per guardarmi meglio in volto e...
- 27- sputa fuori.
- Non sei così vecchio come credevo- rido cercando di rialzarmi.
Lui mi spinge giù di nuovo con un solo dito, mandandomi giù di sedere.
-Equilibrio- ride allontanandosi.
-Stronzo- sbuffo.

Arrivati al punto di raccolta il mio cuore sembra spalancarsi, respirare di gioia. Sono venuti a prenderci finalmente.
Cinque grossi SUV e un bel po'di pullman dai vetri oscurati. Finalmente non saremo più costretti a dormire su sassi e legnetti, sotto la pioggia o il sole battente.
Veniamo posizionati in fila indiana, ognuno di noi dà il proprio nominativo, o meglio nomignolo, e si infila nella vettura.
Cerco Barbie tra la folla ma non riesco a vederla, William mi spinge verso l'entrata di uno dei grandi bus, rimproverandomi con gli occhi.
Decido di ascoltarlo per bontà divina, e sistemarmi in fila.
- Nome prego- mi domanda un ragazzo sulla trentina alla soglia delle porte magnetiche.
- Tenebra- mi impettisco, fiera del nome che ho scelto per me stessa, nonostante la mia figura non metta poi così paura.
Annuisce debolmente, e mi permette di entrare sul bus. Mi sistemo su uno dei sedili blu in velluto, trovandolo stranamente comodo.
Radunare tutti i secondi richiede tempo, un tempo interminabile.
Quando finalmente partiamo e ci allontaniamo da quella che è stata casa nostra per un bel po', il sonno si prende ogni parte di me.
Non ci fermiamo un attimo, al mio risveglio faccio caso ai particolari, le strade sono vuote eppure in lontananza scorgo ancora la città, una città che credevo distrutta ormai.
- Non hanno distrutto la città, l'anno ripopolata, hanno fatto fuori solo la nostra specie- l'uomo che si trovava all'entrata del pullman sembra leggermi nel pensiero, rispondendo per me a tutti i quesiti che mi tormentano da quando sono entrata nell'abitacolo.
Continuo a vivere nella completa ignoranza di chi sia il mio nemico e come si combatta. Che possa davvero servire il corpo a corpo?

Arriviamo nella nostra nuova abitazione dopo 8 ore.
La struttura è grande, bianca e dal tetto rossiccio a mattoncini. Le pareti sembrano essere state raschiate via sulla sinistra, alcuni calcinacci penzolano qua e là. È fornita di grosse finestre dai battenti scuri, da cui si intravedono giovani allenarsi.
L'edificio ospita migliaia di ragazzi, combattenti come noi ma con una spensieratezza differente.
I trasporti superano una grande cancellata in ferro, per parcheggiarsi in un grande spiazzale pieno di Suv neri.
Pensavamo che il mondo stesse finendo, e invece eravamo solo stati allontanati dalla realtà per essere addestrati come bestie.
Una volta sgranchiti il Sergente ci guida verso l'interno, ed ogni tanto lancia qualche occhiata nella mia direzione, per controllare che io faccia la brava.
In primo luogo veniamo portati alle camere, purtroppo come credevo maschi e femmine dormono insieme, siamo troppi per essere divisi in stanze ma i letti sembrano essere più comodi.
- William! Finalmente sei tornato...- una ragazza poco più grande di me lo richiama in lontananza, indossa la tuta mimetica, lunghi capelli corvini le penzolano sulle spalle. La McDonald non bastava ovviamente.
- Sergente William.- la corregge, lasciandola a bocca aperta. Sento un tuffo al cuore, sentendomi importante in quanto a me permette di chiamarlo solo con il suo nome. Mi guardo intorno, cercando di non ascoltare la conversazione, e di fare la brava bambina, con un gran sorriso sulla faccia per ciò che è appena successo.
Finisce di parlare con la, ahimè, bellissima ragazza e continuamo con il nostro Tour.
La mensa è molto più grande di quella che avevamo all'istituto, e posside più cibo, non credevo fosse possibile, e le sale di addestramento sono tanto più attrezzate, di tappetini verdi ed armi di ogni genere.
La sala comune qui possiede divanetti circolari di un panna delicato e tavolini dalle gambe lavorate, un lusso che non potevamo permetterci al Closet.
Per lo più alcuni secondi possono accomodarsi per prendere una pausa. Sembra un sogno.
Finalmente un posto accogliente che possiamo ritenere a norma, ma presto partirò per la grande battaglia.

LIGHT IN THE STORMDonde viven las historias. Descúbrelo ahora