Memoria

169 32 156
                                    

L'amicizia, da bambini, è come l'aria: essenziale e sfuggevole. Soffia gioiosa da un giovane all'altro, cambia corrente, si attorciglia e la sua temperatura può essere gelida come il ghiaccio, oppure bollente e scoppiettante come un fuoco appena acceso. Ci si avvicina, ci si allontana, in una costante trasformazione della direzione e del flusso delle nostre anime. Durante l'infanzia, si sperimenta, si prova, per la prima volta, a capire di che tipo di persone ci si vuole circondare, per questo, a volte, ci si perde l'un l'altro di vista.

Eppure, dopo quel fatidico giorno, non ne trascorse uno senza che Iwaizumi e Oikawa non si incontrassero in quel giardino. Giocavano tutto il pomeriggio, a volte facevano lunghe gare in bicicletta, altre si rincorrevano ed altre ancora camminavano e basta, uno che poneva incessantemente domande all'altro, solo per poter conoscere meglio quel ragazzino così riservato.

Senza rendersene conto, erano diventati amici, due bambini uniti da un legame innocente ed elementare come quello, eppure il loro rapporto, ad un primo sguardo, si sarebbe potuto definire identico a come si presentava al loro incontro iniziale. Il più alto era sempre scorbutico, mentre il castano seccante.

Quel giorno, pochi mesi dopo la loro fatale stretta di mano, Hajime, con le manine al calduccio nelle tasche della felpa, si stava dirigendo verso la panchina accanto alla quale lui e il suo amico si incontravano. Si chiese che cosa si sarebbe inventato, quel giorno: avrebbero giocato a nascondino? Si sarebbero di nuovo sfidati nel salto alla corda? Oppure si sarebbero distesi sul prato, le teste accostate, le candide e soffici nuvole sopra di loro a dare origine ai pensieri e ai sogni di due giovani tanto diversi.

Tra quelle riflessioni, quasi non si accorse della piccola figura circondata da altre tre, praticamente il doppio della pima. Però, per fortuna, i suoi occhi si posarono sulla scena e rimase paralizzato. Tre ragazzi, che per il bimbo erano tre energumeni, avevano gettato a terra uno zainetto verde a lui molto familiare: quello di Tooru.

Quel suo esile corpicino, infatti, se ne stava appoggiato ad un alto albero, sovrastato da quelli che lo circondavano. -Non è troppo pesante, per te?- Sentì dire ad uno degli aggressori. -Sembri così fragile! Potresti farti male trasportando questo!

-Io non sono fragile.- Affermò ferma la vocina di Oikawa e, finalmente, Iwaizumi poté scorgere quel visino tra le teste voltate degli sconosciuti. Si aspettava un'espressione terrorizzata, sul suo volto, invece, non trovò nemmeno uno sprazzo di quell'emozione, anzi, in quelle iridi c'era solo fierezza e una briciola di impertinenza. E' sempre il solito. Si disse. Fastidioso sempre e comunque. 

-Ma guardati!- Riprese il discorso il secondo individuo, indicando, con un gesto sprezzante, il corpo del castano. -Sembri una bambina impaurita!- All'udir quell'affermazione, Hajime sentì, dentro di sé, montare una rabbia incontrollata. Aveva sentito più volte la gente fare commenti simili, ma Tooru non ci faceva caso, oppure fingeva che quegli insulti non fossero arrivati alle sue orecchie. -Sicuro di essere maschio?- Continuò.

Iwaizumi, quasi senza rendersene conto, strinse forte i pugni. Come si permetteva? Stava per farsi avanti per fermare quello scempio, quando Oikawa lo precedette. -Sicuramente più di voi- Disse, avvicinandosi al gruppetto con un sorrisetto furbo. Chiunque sarebbe indietreggiato, al posto suo, ma il castano non era sicuramente un codardo. -Visto che non avete nemmeno il coraggio di prendermi in giro da soli.

Il terzo, che non aveva ancora parlato, inspirò rumorosamente. -Fai l'impertinente, ragazzina?

Ancora una volta, quella rabbia incontrollata gli infiammò il petto, i suoi pugni si strinsero ma, di nuovo, il tono, questa volta fermo, di Tooru lo interruppe:-Non chiamarmi così.- Gli intimò, i denti stretti e la voce affilata come la lama di un coltello.

~❀ «Baciami ancora» Iwaoi ❀~Where stories live. Discover now