Capitolo 2:

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Ciao ragazze!
Ho letto alcuni commenti dove mi chiedevate se fosse stato Jonatan a violentare Esme, si è stato lui.
C'è stata un po' di confusione, forse non mi sono espressa bene io.
Comunque sia l'avreste capito con l'andare avanti della storia.
Buona lettura.❤️

JONATAN:
L'aereo è atterrato da poco.
Io e Ledan saliamo sopra un SUV nero che ho affittato temporaneamente per il tempo che passeremo in città, mentre sua moglie Eva e suo figlio Arkid vengono scortati dalla sicurezza e sistemati in un'altra macchina.
Questo posto è dimenticato del mondo.
Sui muri rotti posso leggere delle scritte come "Secondigliano regna" e altre stronzate che rendono ancora più spenta la città.
È la seconda volta che mi tocca tornare qua per colpa di quel coglione di mio fratello.
Controllo l'orario sul Patek Philippe che porto al polso rendendomi conto di essere in anticipo.
"Jonatan ci sono mia moglie e mio figlio con noi, non voglio casini." Mio fratello parla mentre guido senza staccare gli occhi dalla strada.
Osservo gli specchietti e noto che i miei uomini mi stanno seguendo.
"Nessuno ti ha chiesto di venire."
"Nazario è anche mio fratello."
Ledan abita nella mia villa da sempre così come suo figlio, sua moglie e Nazario ma nessuno fa parte dei miei affari, solo io.
So bene quanto in realtà a loro pesi la vita che conduco ma abitando con me e frequentandomi ogni giorno in qualche modo sono coinvolti.
È stata una loro scelta.
"La famiglia non si abbandona." Continua abbassando gli occhiali da sole.
Annuisco semplicemente.
Prima di arrivare così in alto anche io ero uno degli ultimi.
Io, Ledan e Nazario vivevamo in mezzo alla strada, senza un tetto e senza famiglia. Eravamo noi tre, orfani o teppisti, come ci definiva la gente, che rubavano per vivere.
Poi lentamente mi sono costruito con le mie mani arrivando così a comandare l'intera Albania e molti altri paesi.
Ma non ho mai avuto una spalla destra, ho sempre voluto tenere la mia famiglia lontano da questi giri lasciando a me il lavoro sporco.
Io e basta.
È iniziato tutto con qualche rapina, un piccolo giro di droga e poi dal nulla ti ritrovi catapultato in un fottuto impero di cocaina.
Funziona così in questo mondo.
Accosto la macchina accanto al Club che frequenta Nazario e la sua puttana, per poi scendere dall'auto seccato.
La sicurezza mi raggiunge, gli ordino di sorvegliare Eva e suo figlio mentre io e Ledan ci assentiamo, ed entro.
Il bodyguard posto nel corridoio rosso alza la testa e senza osare dire nulla si sposta lasciandoci passare.
Non appena metto un piede all'interno, tutti puntano gli occhi su di noi.
"Sono i fratelli Santoro." Bisbigliano tra di loro.

ESME:
Anche oggi il mio turno di lavoro è terminato. Sono stremata, ho tanta fame e troppo sonno.
Mi sbarazzo di questi abiti ridicoli indossando un pantalone nero e la mia felpa fedele del medesimo colore.
Non sono elettrizzata di tornare a casa, dovrò subire tutte le stupidaggini di mia madre, sperando almeno di trovare solo lei e mio fratello in casa e non qualche suo presunto 'amico'.
Preferirei vivere da sola, credo che in qualche modo mi sarei arrangiata se non ci fosse stato mio fratello Emanuel.
È solo per lui che resto. Per non lasciarlo nelle grinfie di quella donna.
Afferro il borsone e proprio quando sto per abbassare la maniglia improvvisamente una voce familiare, dall'altra parte del muro, paralizza ogni singolo muscolo del mio corpo.
"Ti je nje hov Nazario, ajo vajze eshte shume e vogel per ty."
L'ho già sentita questa voce.
Appoggio l'orecchio al muro tentando di sentirne di più.
"Është hera e dytë që vij këtu për të zgjidhur marrëzitë tuaja"
Ma che lingua è?
Sento l'ansia crescere nella bocca dello stomaco che immediatamente si tramuta in nausea e mi obbliga a correre in bagno a rigurgitare quel poco di pasta che ho mangiato poche ore fa.
Delle lacrime calde scivolano sul viso.
La mani tremano.
Mi rialzo poggiando la schiena contro il muro e prendo un respiro profondo.
-
"Ti prego smettila!"
"Shh, zitta."
Il mio corpo è totalmente indolenzito.
Provo molto bruciore e ad ogni affondo che fa sento la pelle infiammarsi.
"Ti.. ti supplico." Non trovo la forza di parlare.
Mi sento così umiliata.. violata.
Le sue mani stringono con forza il mio collo, ringhia e prova piacere nel vedermi sofferente.
In questo momento vorrei solo morire.
-
Il cuore schizza in gola.
Rimango in silenzio ad ascoltare la conversazione in corridoio e noto una somiglianza nella voce del ragazzo.
Anzi, è esattamente la stessa.
"Non è possibile.." Sibilo sconvolta e mi avvicino alla porta. La apro leggermente leggermente cercando di non fare nemmeno il minimo rumore.
Persino le ossa del mio corpo tremano in questo momento.
Ma non riesco a vedere nulla.
"Esme!" Emy spalanca la porta urlando il mio nome ed entra velocemente in camerino.
Sbarro gli occhi portando la mano davanti alla sua bocca.
"Ma che fai?"
"Zitta Emy ti supplico.."
Mi osserva con un cipiglio confuso stampato sul volto e gli occhi neri, sgranati.
"Dopo ti spiego." Sussurro realmente spaventata e lei annuisce, capendo al volo che qualcosa non va.
Probabilmente la mia faccia starà parlando da sola.
Io devo sapere chi c'è oltre questo muro..
"Ei Esme stai piangendo.."
Tiro su con il naso ignorando le parola di Emy e senza pensarci troppo apro la porta, trovando il coraggio di uscire dalla stanza.
Ma il vuoto mi circonda.
Le luci soffuse fanno risultare tutto molto più confuso.
Avanzo sussultando ogni centimetro del corridoio che percorro poi istantaneamente mi blocco quando percepisco dei passi alle mie spalle.
Spalanco la bocca singhiozzando terrorizzata e mentre lo faccio volto leggermente la testa memorizzando una figura alta dietro di me.
Non riesco a vederlo, noto solo l'altezza notevole e riconosco il suo profumo.
So che è lui.
Il cuore si ghiaccia nel petto all'istante.
"Mi stavi spiando Esme?"

PHILOFOBIA.Where stories live. Discover now