7. Months

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14/12
Caro diario,
sono passati alcuni giorni da quando io e Cheryl siamo usciti.
Non so se lei è a conoscenza di quello che è successo, spero vivamente di no.
Ma, diario, se ti dovessi dire la verità, ho amato quel bacio da impazzire.
Non saprei come descriverlo ma è stato davvero meraviglioso.

26/12
Caro diario,
Il Natale è venuto e andato in un attimo, sai?
Amo così tanto le feste natalizie ma odio quando terminano.
Tralasciando ciò, molte persone mi hanno fatto dei regali, ma solo quello di Cheryl è stato il più importante fra tutti in assoluto.
Mi ha regalato un braccialetto, semplice e banale agli occhi altrui, ma mi piace tantissimo, non lo toglierò mai!
E non solo mi piace il bracciale..

01/01
Caro diario,
Per vari giorni non mi sentirai a causa delle visite mediche.
Spero che non sia niente di che.
A presto!

Gennaio
...

Febbraio
...

13/02

Per l'intero gennaio il ragazzo non scrisse più sul suo amato diario.
"Se ne sarà scordato?" vi chiederete in questo momento evitando la risposta peggiore.
E, sfortunatamente, non se ne era dimenticato.
A causa delle sue condizioni mediche non riusciva più a scriverci sopra, si trovava da solo in una stanza d'ospedale attaccato alla flebo e ai altri oggetti che disponeva l'edificio.
La sua malattia peggiorava e, con essa, i giorni diminuivano. Non riusciva nemmeno a dire un'intera frase senza perdere il respiro, spesso scriveva su un foglio per non sprecare fiato inutilmente.
I compagni, ignari della sua malattia fino ad adesso, andavano a visitarlo portandogli fiori e palloncini di qualsiasi color caldo possibile, per non trasmettergli la malinconia con qualche colore freddo. Non erano autorizzati a portargli qualche dolcetto a causa dello stato del suo stomaco.
Al paziente non gli interessava granché se i suoi amici venivano a "controllarlo" o no, gli importava se veniva lei.
E lei, per sua fortuna, veniva quasi sempre.
Varcò la soglia della porta della stanza del malato, nonostante detestasse quella struttura ma, come si suol dire, per gli amici si fa di tutto.
Anche se le doleva il cuore vedere Eren in quelle condizioni, e lui ne era a conoscenza del suo dolore, ma non sapeva come consolarla.
<Ehi, che ti hanno detto i dottori?>
<Sto peggiorando>
<Capisco..> rispose la mora buttandosi sulla poltroncina a destra del letto.
<Domani è San Valentino>
Il ragazzo, inizialmente distratto a guardare il soffitto, girò lo sguardo verso la direzione della corvina con fare interrogativo.
<Quindi, se vuoi e se puoi, domani possiamo andare insieme a vedere i fuochi d'artificio> propose con un leggero rossore in viso la mora.
Il castano fu così sbalordito e emozionato dalla richiesta che sperò che gli infermieri potessero farlo uscire. Quello fu l'unico desiderio che fece da quando si trovava lì, non sperò nemmeno che riuscisse ad uscire in quel posto maledetto.
Nella sua mente c'era solo lei: il suo sguardo, i suoi occhi, la sua figura, il suo carattere, il suo modo di fare e di pensare e così via. Aveva solamente lei nella sua testa, che poteva sembrar vuota agli occhi altrui a causa del suo comportamento ingenuo.
<Allora? Ti piacerebbe come idea?>
Eren annuì con tutta la forza che aveva e lei, cercando di non farlo capire, ne fu grata.
In quel esatto momento entrò un'infermiera per controllare il paziente, e quest'ultimo non resistette a chiederle se potesse uscire fuori dall'ospedale la serata successiva.
Alla infermiera fece così tanta tenerezza che non riuscì a dirgli di no. Dopo di tutto, come facevi a rifiutare una richiesta a quel bel faccino?
Era irresistibile effettivamente, e la mora se ne rese conto col tempo, prima che finisse su un letto d'ospedale.
Il modo in cui sorrideva nonostante tutto quello che stesse passando, la speranza immensa nei suoi occhi, la sua risata e i suoi scherzi che, secondo lui, facevano sbellicare.
Tutte queste cose lo rendevano unico, unico per lei.
Ma, purtroppo, il sorriso svanì quando il castano cominciò a tossire, come se dovesse tirar tutto fuori. L'infermiera non esitò nemmeno un secondo e prese il secchiello vicino al letto e glielo porse davanti, mentre lui lentamente si sedeva e rovesciava tutto nel contenitore.
Più vomitava, più dimagriva. Più dimagriva e più il suo corpo non riusciva a reggersi in equilibrio.
Un danno letale per il povero ragazzo e un danno psicologico per la mora che lo vedeva in quelle condizioni 24 ore su 24.
L'infermiera le chiese gentilmente di andarsene dalla camera, visto che il paziente aveva iniziato a mostrare uno dei suoi tanti sintomi gravi.
La corvina uscì, non andandosene completamente dall'ospedale, nonostante detestasse quell'ambiente. Non poteva abbandonare un amico così, soprattutto nelle sue condizioni.
Si sedette su una poltroncina situata nella sala d'attesa, sperando che la facessero entrare immediatamente.
<Ehi, te sei Cheryl giusto?>
La ragazza nominata, che inizialmente aveva lo sguardo abbassato, volse il suo sguardo alla persona che la stava chiamando, ritrovandosi una ragazza bionda insieme a una ragazza bruna più alta di lei.
La bionda aveva un'aria gentile e calma, che poteva aiutare chiunque con il suo sorriso. La bruna era il tutto il contrario.
Cheryl le squadrò man mano, non per giudicarle, ma per capire chi fossero e dove le avesse viste.
<Sì, sono io>
<Bene, piacere di conoscerti, sono Christa e lei è la mia amica Ymir. Siamo amiche di Eren, e so che voi due vi conoscete, quindi sapresti dirci dov'è la sua camera?> domandò Christa.
La mora non pensava che il castano avesse delle amiche femmine oltre a lei, non che le desse fastidio, ma era davvero sorpresa a riguardo.
<Mi dispiace ma proprio adesso l'infermiera mi ha mandato fuori> rispose Cheryl alla richiesta della biondina.
<Cazzo, siamo arrivate tardi> decise finalmente di parlare la più alta, ovvero Ymir.
Non capiva il motivo per cui si fosse alterata finché non guardò i fiori che teneva in mano. Probabilmente li voleva portare al più presto per non farli seccare.
<Potete anche aspettare qui> disse la corvina.
Le due ragazze si diedero un'occhiata, per poi sedersi sui divanetti accettando l'idea della mora.
Il silenzio tombale calò immediatamente nella stanza, nemmeno una mosca si permise di fermarlo.
Finché non fu interrotto dalla biondina: <Sai, io, Ymir ed Eren siamo molto amici, solo che a causa della distanza non ci vedevamo spesso. Siamo venute fin qui da Kyoto. Mikasa, sua sorella, ci ha sempre aggiornate e ci siamo tranquillizzati che c'era una ragazza, ovvero te, che si prendeva cura di lui>
<Com'è andato il viaggio?> domandò cortesemente la mora. Aveva voluto evitare l'ultima parte, per l'imbarazzo che provava. Non avrebbe mai pensato che Mikasa avesse parlato con lei.
<Tutto bene, siamo arrivate sane e salve! Haha> rise solo per spezzare un po' il ghiaccio, non perché trovasse veramente divertente la sua stessa battuta.
<Come può un ragazzo così giovane e splendente come lui raggiungere la morte a quest'età, è davvero crudele il mondo.> aggiunse Christa e continuò: <Vengono sempre presi i migliori>
Cheryl inizialmente non le rispose, non aveva mai avuto una risposta pronta a questa solita frase. Ma poi si rese conto della verità. Della cruda e cara verità.
Così crudele e così maligna che tutti ricoprivano con una dolce e innocua bugia, perché avevano paura di cosa ci fosse oltre dopo aver detto la verità.
L'umano funzionava in questo modo, bugiardo e sleale, stava a te decidere se esserlo a fin di bene.
Ma c'erano alcuni soggetti che odiavano mentire, detestavano la parola "bugia", per loro nemmeno esisteva nel loro vocabolario.
Se ci fosse stata, la definizione sarebbe stata questa: "Quella che tutti amano e che bramano dal profondo del loro cuore, perché la verità per loro non ha senso"
Una di quelle persone era Cheryl, che proprio in quel momento, in quell'ospedale, su quella sedia vicino a due ragazze a lei completamente sconosciute, stava per dire la verità più cruda al mondo.
<È la mortalità che rende tutto più affascinante> rispose dopo vari minuti la mora, avendo successivamente gli sguardi delle due estranee.
<Ma che dici, casomai sarebbe l'immortalità, come i vampiri!>
Voleva continuare a discutere sul perché la sua teoria fosse giusta e quella della bionda fosse sbagliata, ma l'infermiera uscì dalla stanza del castano e annunciò che il paziente poteva finalmente ricevere delle visite.
Le due ragazze si alzarono. Quella che aveva il passo veloce era la biondina, invece la ragazza più alta rallentò, si girò verso la direzione di Cheryl e disse: <Hai ragione> per poi incamminarsi verso la stanza del ragazzo.
La ragazza ne fu contenta che qualcuno la pensasse come lei, di solito tutti la guardavano male e la criticavano.
E, invece, finalmente aveva capito che non era sola.
Dopodiché si alzò, prese il suo cappotto e lo indossò e andò a prendere una boccata d'aria sul soffitto dell'ospedale.
Accese una sigaretta, nonostante odiasse da morire il fumo, ma oramai era l'unica cosa che poteva separarla dalla sua peggior dipendenza.
Finiva sempre lì, a provare e abituarsi con le cose o con le persone che odiava.
L'umano, un essere vivente imperfetto, andava sempre incontro a qualsiasi cosa che avrebbe voluto evitare.
Lei, questa volta, faceva parte di quel grande gruppo.
Non le importava cosa le causava, non aveva niente da perdere ormai.
<Adesso fumi?>
<Sì, adesso fumo>
<Non ti capirò mai>
<Nemmeno io, Jean>
Jean si trovava lì per trovare il suo compagno di classe, anche se non era un amico che teneva a cuore.
Provava solo pena.
<Perché sei qui?> chiese Cheryl facendo l'ultimo tiro e gettando la sigaretta per terra.
<Non mi vogliono far entrare, quindi sono venuto qui> rispose il ragazzo.
Erano diventati "distanti", anche se l'amicizia che avevano c'era sempre.
<Dovresti tornare a casa, Lilith è preoccupata per te> disse Jean diventando immediatamente serio, più di quanto lo fosse prima <È in pensiero per te, torni a casa tardi e te ne vai la mattina presto per la scuola. Che ti succede?>
Lei lo ignorò, non voleva sentire più niente riguardo la sua famiglia. Stava così bene senza pensare a suo padre e a sua madre. Nonostante fosse preoccupata per quest'ultima nel caso il padre le avrebbe messo le mani addosso.
Ma era più forte di lei, non voleva stare qualche minuto di più in quella casa.
Preferiva stare con Eren, trascorrere quel poco di tempo che gli rimaneva.
La verità quindi era un'altra.
Voleva stare con lui e non con la sua "famiglia".
<Gli manca poco>
Jean la guardò, capì subito di chi stesse parlando.
<Lo so, ma non puoi->
<..farci nulla?
Lui annuì.
Lei sospirò e guardò altrove.
Silenzio totale.
Mentre delle lacrime scendevano sul suo viso lentamente.

𝘉𝘳𝘪𝘯𝘨 𝘮𝘦 𝘸𝘪𝘵𝘩 𝘺𝘰𝘶. ᵉʳᵉⁿˣᵒᶜWhere stories live. Discover now