Savannah

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È morta.
L'unica cosa a cui riesco a pensare da quando Carlos me l'ha detto.
Niente che mi stupisca, era ovvio che prima o poi sarebbe dovuto accadere.
Solo che ho immaginato questo momento un migliaio di volte, pensando a quale sarebbero state le mie sensazioni a riguardo. Ora che lo sto vivendo però, l'unica cosa che sento e la rassegnazione e la pace.
Rassegnata perché è la madre che mi è stata data , non quella che mi sono scelta perché non decidiamo da chi nascere e dove. Mi è capitata lei magari per un motivo che ancora non conosco, ma questo è.
Pace perché il mondo si è liberata di una donna piena di cattiveria e priva di amore.
Una donna che forse anche lei non ha scelto dove nascere e crescere, che non ha scelto che lavoro fare nella vita. Ma ha scelto di diventare madre e di non comportarsi mai da tale.
Ha scelto per non so quale strana perversione le abitasse la mente di torturami fin da quando ne ho memoria e io oggi sapendo che è morta, mi sento libera, arrabbiata e triste.
Sono sulla macchina di Trent rannicchiata nel sedile a piangere come una bambina, non perché Cintia Gonzalez sia morta, ma piango per la madre che avrei potuto avere.
Piango per la bambina sola e abbandonata che sono stata.
Piango per le botte che ho preso un infinità di volta, piango perché nessun bambino al mondo dovrebbe vivere quello che ho vissuto io eppure basterebbe guardare al di là del proprio naso per rendersi conto che è una realtà così cruda, ma pur sempre reale.
Oggi però lei è morta, Trito è in carcere e in parte il mio cuore è in pace , perché vivevo con l'angoscia di poterla rivedere.
Ma lei è morta, e quella probabilità non esiste più.
Vorrei solo averle detto che con se nella tomba si porta anche la parte più pura di me, si porta la spensieratezza degli anni che non ho vissuto.
Si è portata via la mia ingenuità, le mie risate più sincere, si è portata via un pezzo di me.
Dalle nostre parti quando mancava un caro era di uso dire "Paz a tu Alma". Pace alla tua anima.
Questa volta però auguro pace alla mia di anima.

La macchina si ferma e Trent spegne il motore , mi guarda in silenzio.
Gli do le spalle ma sento comunque il suo sguardo addosso, mi chiedo che cosa stia pensando.
<<Sono disgustosa se ammetto di essere felice che sia morta>> dico con la voce spezzata e la testa appoggiata sul finestrino, incapace di voltarmi a guardarlo.
<<No non lo sei>> dice in tono piatto, privo di commiserazione o pena, fa dei respiri profondi e poi parla di nuovo. <<Non sei disgustosa, quella donna ti ha cresciuta a sangue e botte non merita il tuo dispiacere o il tuo perdono per quanto mi riguarda>>.
Mi volto verso di lui, con gli occhi gonfi dal pianto e il viso rigato dalle lacrime. Stanca.

Parla come se capisse quello che sento, come se sapesse da dove viene il mio dolore, che non è per quella donna ma è tutto per me.
Mi asciugo le lacrime e cerco di ricompormi un po', mi guardò intorno e noto solo adesso che siamo alla villa e non al dormitorio.

<<Mi hai chiesto tu di portarti qua>> deve aver notato la mia confusione, annuisco piano, solo ora ricordo di averglielo chiesto quando Carlos se n'è andato.
Scende dall'auto e raggiunge la porta, lasciandomi li, non so cosa fare e come comportarmi la velocità con cui cambia umore mi destabilizza.
Sopratutto in momenti così poi.
Scendo e lo seguo, salgo le scale della villa e raggiungo dietro di lui la sua camera da letto.
Entro appoggiandomi con la schiena alla porta, Trent si siede sul bordo del letto tenendosi la testa tra le mani.

<<Non so nemmeno perché ti ho chiesto di portarmi qui ma è meglio se..>> sussurro piano ma mi interrompe: <<Sono nato nella classica villetta con il portico bianco mia mamma era la classica casalinga con il grembiule da cucina cucito addosso, mio padre faceva il poliziotto. Drew viveva nel mio isolato e giocavamo con il monopattino tutti i pomeriggi insieme dopo la scuola>> sospira e capendo che è in difficoltà mi avvicino a lui sedendomi in mezzo alle sue gambe per terra, alza gli occhi e l'incastra nei miei, rivelandomi la tempesta che ha dentro. Mi accarezza il viso e inizia a giocare con una ciocca dei miei capelli.
<<Ero felice in quei momenti, ma vivevo con l'ansia del rientro a casa di sera. Perché quello che mi aspettava erano botte e umiliazioni di ogni tipo, mio padre dopo lavoro si fermava in qualche motel con qualche puttana e si scolava qualche bottiglia di birra, tornava a casa e scaricava la sua frustrazione su me e la mamma.
Prima me e poi finiva con lei che cercava di difendermi sempre>> lo guardo come lui guarda me, senza compassione, solo con comprensione.
<<Poi una sera quando avevo 17 anni tornai a casa dopo di lui, trovai mia madre sul lavandino della cucina che si tamponava il naso pieno di sangue con i vestiti strappati. Quel verme non si era saziato delle puttane che si scopava, violentò mia madre e la picchio a sangue.
Quella sera persi la ragione e nonostante le suppliche di mia madre corsi in salotto e gli diedi un pugno in faccia, ero un ragazzino di 17 anni ed ero anche mingherlino contro un uomo di due metri per cento kili di muscoli non avevo possibilità, ma non mi importava. Solo che mi ha steso con un pugno e non si è più fermato, nemmeno quando sono svenuto nel mio stesso sangue, nemmeno quando mia madre l'ha implorato di smetterla. L'ha fermato solo la morte, mia madre sapeva che mi stava uccidendo, così ha preso la pistola di servizio che quella sera aveva lasciato sul camino e gli ha sparato>>.
Non dico nulla.
Il mio dispiacere non gli serve, lo ascolto attonita.
Si passa una mano fra i capelli in modo nervoso <<Mi sono svegliato un mese dopo in ospedale mi aveva procurato un'emorragia celebrale ci è voluto un mese per aspirare il sangue dal mio cervello mi avevano dato per morto, ma alla fine ce l'ho fatta. Quando mi sono risvegliato ho trovato Drew e suo padre, mi hanno informato che mio padre era morto e che mia madre era dentro>> ride in modo nervoso <<piansi come un bambino perché ora che eravamo liberi di vivere senza quel mostro lei era rinchiusa dietro quattro sbarre ingiustamente. Quell'uomo mi aveva quasi ucciso e mia madre mi aveva difeso, ma essendo uno dei loro hanno dato 8 anni a mia madre perché mi ha sparato a un disarmato, assurdo no? Ora le restano tre anni e poi uscirà è l'unica cosa che voglio fare fino ad allora e prepararmi al meglio per darle la vita che ha sempre meritato e che merita. Voglio comprarle una villetta in riva al mare, con una cazzo di cucina di lusso dove può infornare tutte le torte che vuole, voglio che si faccia delle amiche e che esca a prendersi il te con loro. Vorrei poter cancellare il terrore che le ha condizionato la vita da sempre e ce la metterò tutta per farlo. Ma non pensare mai di essere disgustosa per non provare pena per tua madre perché io vorrei tornare indietro nel tempo e poter premere quel grilletto, vorrei averlo ucciso io>>.

Come uno specchio rottoWhere stories live. Discover now