Capitolo 8

50.5K 2.2K 423
                                    

CALEB


«Ehi... sono le nove e trenta, è ora di svegliarsi, non credi?» chiamai la ragazza stesa al mio fianco ma non sembrò ascoltarmi nemmeno questa volta, così le sfiorai il naso con le dita e lei lo arricciò facendomi ridacchiare.

«Alan, dai... cinque minuti.» mugugnò appoggiando una mano sulla mia guancia. Rimasi immobile qualche secondo a guardarla, poi le presi la mano e la tenni tra le mie «Sono Caleb, non Alan.»

Lei corrugò la fronte e tirò via la mano «Ti odio...»

Risi «Non è vero, io ti piaccio.» ribattei.

«Ti odio. Però mi piacciono i tuoi occhi.» mugugnò ancora.

«Lo so.»

In corridoio si sentirono dei passi, poi una voce acuta «Dove sei, Cal?» gridò Jenny. Che diavolo ci faceva a casa mia a quell'ora del mattino?

Guardai allarmato Grace, la quale però non sembrò comunque svegliarsi, e tirai un sospiro di sollievo.

La porta si spalancò «Caleb, ma che-» la bionda si fermò quando mi vide steso nel letto, e la sua espressione cambiò improvvisamente quando vide Grace accanto a me.

«Ma che diavolo succede qui? Che ci fa lei abbracciata a te in quel modo?» strillò picchiando un piede a terra per la rabbia.

La ragazza stesa accanto a me si mosse e sbadigliò piano «Pensavo di aver capito che odiassi gli animali.» disse.

«Sì, infatti.» risposi confuso.

Lei aprì un occhio e guardò Jenny, poi lo richiuse e si stiracchiò «C'è una gallina nella stanza.»

Ridacchiai non facendo caso alle urla di Jenny.

«Ascoltami bene, stronzetta: ti renderò la vita un inferno se non smetterai all'istante di girare intorno al mio Cal, ti è chiaro?»

Grace sbuffò «Mi stai già rendendo la vita un inferno urlando in questo modo di prima mattina e disturbando il mio sonno. Ti basta? Ora te ne puoi andare?»

Jenny diventò rossa di rabbia «No che non me ne vado! Finché tu starai in questa casa, io non me ne andrò.»

A quel punto Grace si alzò sospirando, si stiracchiò e strisciò i piedi nella direzione di Jenny, la quale la guardò confusa e arrabbiata.

«Aspetta un attimo, eh.» le disse Grace appoggiando le mani sulle sue spalle e spingendola leggermente indietro «Ecco, mettiti qui.»

Le lasciò le spalle e prima che potesse ribattere qualcosa esclamò: «Grazie della visita, a mai più.» e sbatté la porta chiudendola a chiave.

«Ma sei stupida? Apri questa dannata porta!» gridò, ma Grace la ignorò bellamente e tornò a letto nascondendosi sotto le coperte e borbottando imprecazioni.

Si stirò la schiena e le gambe e si raggomitolò nuovamente afferrando la mia mano e stringendola al petto. Pensai subito che fosse sua abitudine farlo e lo trovai un gesto tenero.

«Alan?» domando in un sussurro.

«Sono Caleb, ti ho detto.» ripetei ridendo.

Lei spalancò gli occhi e si allontanò da me come se le avessi dato la scossa, poi si guardò intorno spaesata «Ma che diavolo ci fai qui?»

Mi sedetti comodamente nel letto «Me l'hai chiesto tu la notte scorsa.»

Grace divenne rossa in viso e si girò a guardare la porta «Impossibile.»

La mia vita è un clichéWhere stories live. Discover now