Capitolo 20

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GRACE



Che mal di testa!

Le orecchie mi fischiavano, le labbra si erano appiccicate, la testa vorticava come se fosse immersa in un frullatore gigante e avevo bisogno di bere dell'acqua. Ma quanto avevo bevuto la sera prima? Perché i ricordi erano così confusi?

Tentai di girarmi per mettermi a pancia in giù ma dovevo trovarmi al limite del letto perché non appena mi misi su un fianco e mi diedi la spinta per girarmi finii a terra con un tonfo tremendo e il ginocchio dolorante.

Gran bella giornata, insomma...

Imprecai ad alta voce cercando di concentrarmi più sulla mia voce che sul ginocchio che pulsava, ma non funzionò granché.

«Finalmente ti sei svegliata, tigre.»

Spalancai gli occhi e fissai il tappeto, smisi di respirare.

Stavo chiaramente sognando ancora, perché non potevo aver sentito la sua voce.

Volsi lo sguardo in fondo alla stanza e vidi il biondino che mi guardava cercando di trattenere una grossa risata. Non volevo crederci.

Misi le mani sul viso e mi riappoggiai a terra «Ma tu sei ovunque!» sbuffai esasperata.

Lui si avvicinò e si accovacciò accanto a me «Tecnicamente, sei tu che sei sempre nella mia stanza.» disse sorridendo.

Lo guardai male: lo trovava così divertente? Non riuscii a non farglielo notare «Smettila di sorridere in quel modo, sei inquietante.»

Si sedette e si spostò i capelli all'indietro «Strano, ieri sera non la pensavi in questo modo: hai detto che ti faccio impazzire.»

No. Non l'avevo detto davvero.

Mi misi a sedere a fatica e appoggiai la schiena al letto cercando di mettere più distanza possibile tra noi «Tu menti.»

Scosse la testa sorridendo.

Non potevo averlo detto seriamente.

«Anche se fosse vero, non lo penso sul serio: ero ubriaca ieri sera, avrò detto un sacco di stupidaggini.»

Però, effettivamente, aveva un sorriso niente male. In un'altra circostanza, in un'altra vita, probabilmente gliel'avrei anche detto. Ma quello non era il momento adatto dato che l'ultima cosa che volevo era alimentare il suo ego già smisurato.

«Lo sai anche tu che gli ubriachi dicono sempre la verità.» mi fece presente.

Capii subito che sarebbe stata una guerra persa, così cambiai argomento «Perché sono qui? Perché Alan non mi ha portata a casa?»

Alzò le spalle «Eri parecchio andata, gli ho detto che volevi restare e lui te l'ha permesso.»

«Questo è sequestro di persona, lo sai? Io non voglio stare qui.»

Il biondino inarcò un sopracciglio «Ieri sera volevi. Mi hai implorato di restare con te e di non lasciarti sola.» era serio.

Era davvero serio. Cosa diavolo era successo la sera prima? Perché sembrava così deluso che io non me lo ricordassi? Cosa stava cercando di fare? Di capirmi?

La testa ricominciò a girare, dovevo smetterla di cercare di ricordare. Dovevo andarmene da lì. Quel discorso stava prendendo una piega che non mi piaceva.

La mia vita è un clichéDove le storie prendono vita. Scoprilo ora