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Strane figure.

La settimana iniziò nel peggiore dei modi: una chiamata da parte di sua madre lo svegliò un'ora prima del previsto e convinto che fosse un'emergenza e che lo stesse chiamando Hiroe, rispose senza guardare o pensarci troppo.
—Che succede Hiroe?— aveva mugolato fra i cuscini tenendo gli occhi chiusi.

—Hiroe? Sono tua madre pezzente.— si lamentò Mitsuki mantenendo un inspiegabile tono calmo. Sapeva che per quanto suo padre cercasse di calmarla e farle cambiare idea, tutti i suoi buoni propositi per far pace sparivano solo dopo un paio di frasi. La dolcezza si perdeva nell'acido puro e anche Katsuki che nella vita non era mai stato violento, sfociava nella sua personalità peggiore.
—che cazzo vuoi?— ringhiò riprendendosi in parte dal sonno. Non aveva programmato di sentirla così presto.
—cosa voglio? Ci sono tante cose che vorrei, tra queste: che trattassi anche me come tratti tuo padre, che tornassi a casa e che ti decidessi a cercare un lavoro più "normale".— Elencò iniziando ad agitarsi. Il più piccolo sentì qualche sussurro in lontananza e ipotizzò che suo padre stesse cercando di calmarla ancora una volta.

Nessuno voleva che scoppiasse a piangere in un attacco isterico alle sei di lunedì mattina.

—oh mio dio.— scandì stressato. —perché mi hai chiamato così presto?—
—pensavo che mi avresti risposto, ed è così.— scrollò le spalle.
—mamma ti prego...— piagnucolò nascondendosi fra i cuscini come se potesse aiutarlo a sparire anche da quella conversazione.
—cosa? Mi sto preoccupando per te! Voglio sapere anche io cosa fai, cosa mangi e con chi stai uscendo. Sono tua madre!— si lamentò iniziando ad alzare il tono di voce.

—tu sei mia madre solo quando lo decidi tu...— Katsuki non aveva intenzione di dirlo, e tantomeno con un tono acido che avrebbe fatto impazzire la donna nel giro di pochi istanti. Si strinse nelle spalle aspettando già i nuovi insulti.
—Katsuk...i.— prese un respiro la donna utilizzando il nome giusto sotto dettatura di suo marito.
—voglio solo che torni a casa, così possiamo rivedere di questa decisione insieme e fuori dal circuito malato in cui ti sta portando quella donna.—
—smettila di parlare di Hiroe in questo modo.— si incazzò nonostante la buona volontà di farlo ragionare e tornare sui suoi passi senza insulti diretti.

Era la prima volta che usava il suo nome.

—oh andiamo! Sei troppo ingenuo se pensi che non ti tenga con se per un reso conto personale e non perché ti vuole bene.— sospirò bruscamente l'altra sentendosi in diritto di mettersi sulla difensiva.
—Hiroe a differenza tua si è persa cura di me, ed è grazie a lei se ho avuto il coraggio di iniziare la transizione. Quindi, e soprattutto, venirmi a fare questi discorsi alle sei di mattina ti prego!— urlò contro un cuscino.

—devi solo aprire gli occhi e capire ch—
—no, non te lo lascio neanche dire. Potrai pensare ad un rapporto con me quando avrai accettato Hiroe nella mia vita perché è la cosa migliore che mi sia successa!— chiuse la telefonata con rabbia gettando il cellulare lontano da se per non vederlo più. Si era lasciato andare in qualche lacrima calda contro la federa del cuscino continuando a chiedersi perché fosse tutto così difficile. Perché le cose non potevano andare bene?

Hiroe lo aveva cresciuto e coccolato con amore, sostituendo una figura importante con successo. Eppure non era bastato, perché ogni volta che sentiva la parola "mamma" non poteva fare a meno che pensare alla propria con un sorrisetto stanco e ripensare a quando era un bambino e le cose andavano meglio. Quando era una bambina le cose andavano meglio per Mitsuki. Lui aveva scelto di reprimersi molti anni per non deluderla e perderla, ma da quel progetto del liceo e le bellissime parole che Hiroe non si era sprecata di urlargli in faccia a diciassettenne anni, non aveva più potuto ignorarsi.

Stalker [kiribaku]Where stories live. Discover now