Quarantatré

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Una mezza verità sarà, presto o tardi, una menzogna intera.

Mia madre mi recitava spesso quel proverbio, riportandolo come l'unica certezza su carta.

Perché lei non riusciva ad accettare che io le parlassi soltanto a metà di tutto ciò che tenevo dentro.

Era stancante per lei tirarmele fuori con la forza ma lo faceva, si sedeva al mio fianco e mi guardava aspettandosi da un momento all'altro che io gridassi e le parlassi.

Al moro questo non è servito però, la vede adesso e abbastanza presto la mezza verità che venuta a galla si fa subito bugia.

Hanno fatto male ad entrambi i messaggi di Dodo.

Hanno fatto male a chi sapeva e a chi invece poco di questa faccenda credeva.

Perché io non so che dirgli adesso né come trovare scuse o storie che possano reggere.

Non può che mancarmi di fiducia e urlarmi contro quanto sia sporca e bugiarda.

Perché quella è soltanto verità che gli grida in faccia e schiaffi ci tira.

E schiaffi che lo paralizzano dato che l'unica cosa che si permette di fare è spegnere lo schermo del suo telefono e ritornare come se nulla fosse successo con un tenero abbraccio da me.

Damiano non fiata ma anzi preferisce nascondere con una levata di spalle i nervi che gli scoppiano a fior di pelle.

Non suda ma sorride, praticamente ride alla seconda battuta tirata da mio fratello dopo la nostra vittoria.

Quasi sembra non gli importi la schifosa verità che mi allontana via da lui e che mi espone rendendomi sporca davanti alle luci di un finto terzo grado.

«Dov'è che abita quella testa di cazzo di Dodo?»

Non lo chiede a me ma si rivolge a Leonardo che qualcosa in più di lui almeno sa sulla vita di Dodo.

Non so che dire né che fare per evitare che il moro si arrabbi più del previsto.

Sento qualcosa rompersi in lui, la mancanza di fiducia e tanta rabbia finiscono per farsi preda di quel poco che del suo buon animo gli rimane.

«A City Life che io sappia, Damià.»

Annuisce stentando ancora che un certo numero ci abbia bussato alla porta stasera.

E mi guarda mimando un semplice no con la testa, come se con il suo capo mi implorasse di negare o di dirgli ciò che si aspetta da me.

Ma io non so che fare, annuire non avrebbe senso e quindi rimango muta come un pesce che non ha un granché da dire.

Il massimo che mi permetto è singhiozzare e ridurre in sospiri deboli il silenzio che ad entrambi fa male.

Presto si chiedono che abbia o perché Damiano mi guardi scioccato mentre finge che in realtà tutto quanto stia filando liscio come l'olio.

Però non è affatto così, no.

Sono caduti due mondi a pezzi e il nostro rapporto d'un tratto sta perdendo la sua stabilità.

Domanda piuttosto e io taccio alle continue suppliche che lui mi fa.

«Dimmi che ti obbliga, Es.»

In un bisbiglio quasi intangibile si fanno presenti le sue lacrime.

E io vorrei soltanto abbracciarlo e dirglielo di no, eppure non posso rispondergli.

È qualcosa più forte di me tentare ancora una volta di ingannare le apparenze.

Un errore dietro l'altro||Damiano DavidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora