Quarantaquattro

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«Che stamo pe' aprì? Er vaso de Pandora?»

Sorrido appena mentre un altro sorso del cappuccio che ho preso mi bagna il limite delle labbra.

Ma ha senso, perché da uno che ha dormito tutto il tempo in macchina non mi aspettavo altro.

È ritornato curioso d'un tratto e non è nemmeno troppo arrabbiato.

Credevo che sarebbe impazzito dopo quello che Dodo gli ha mandato, ma mi sbagliavo.

È proprio vero che sono io e non lui a compiere un errore dietro l'altro.

Errori di giudizio più che altro o di valutazione.

Per esempio non credevo che i gatti ormai affezionati alla casa di cui sono ospiti non avrebbero protestato a seguirci.

Hanno subito accettato e fino in macchina ci hanno fatto compagnia sostenendomi talvolta con i loro miagolii purché io prestassi attenzione alla strada.

Può essere molto pericolosa, a detta loro, se non si fa attenzione alle regole assurde a cui la mia epifisi mi ha abituato.

Le frega poco se ho da guidare, tanto quella a decidere è lei mantenendomi costante lo stupido ritmo circadiano.

«C'ho 'n'emicrania che vorrei morì.»

Accarezzo il pelo di quella più curiosa mentre cerco di valutare che posso dargli.

Ho un'aspirina in borsa e poco altro.

Qualche buscopan per il dolore da ciclo mestruale che con me il buscofen non va manco a pagarlo, poi un paio di zerinol per un colpo improvviso di mal di gola e i cerotti.

Per essere una studentessa di medicina alla Statale dovrei portarmi dietro più farmaci, lo ammetto.

«Ho un'aspirina in borsa.»

La sbronza gli è passata, è ai postumi perciò non corre tanti rischi.

Al massimo finisce in ospedale e si innamora della prima infermiera di turno e se la sposa.

Gli manderei le mie felicitazioni in quel caso nonché la scatola di preservativi che con me ha dimenticato di usare.

«C'hai anche un computer e 'na chiavetta davanti a te, Es.»

E lui ha un piatto di uova e bacon che mi viene male a guardarlo.

Non so come sia riuscito ad ordinare una simile prelibatezza nella prima stazione di servizio che abbiamo incrociato sull'autostrada per Roma.

Come minimo ciò che sta per mangiare ha la salmonella o gli fa venire il colera.

Io mi sono limitata al cappuccio e ad una brioche vuota e calda per non correre rischi.

Ma se lui ama prenderseli, non sono nessuno io per poterlo fermare.

«Daje, Es, apriamo er vaso de Pandora.»

Gli prego di attendere mentre con ansia punto al cornetto che quanto prima avevo intenzione di gustarmi.

Ha un profumo delizioso e il fatto che ancora un po' scotti tra le mie fredde dita mi scalda il cuore.

Il croissant tiene a me, con il suo burro e lo zucchero attorno promette cose che il moro manco si sogna.

Può nutrirmi e saziare la mia oscura anima, può persino riportare indietro il tempo come quella stupida madeleine che sembra aver cambiato le sorti della letteratura moderna.

Proprio come quel dolce è il croissant a riportare a tempi d'infanzia e ad un'atmosfera parigina che io non conosco ma ascolto e assaporo.

Basta addentarne la pasta per capire di essere stata portata in tutta un'altra dimensione.

Un errore dietro l'altro||Damiano DavidWhere stories live. Discover now