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«Ammazza bella sta casa.» dico entrando in sala e guardando intorno a me. «Ma ci vivi da solo?»

«In teoria sì, ma spesso vengono amici.» lancia la chiavi sul tavolo.

«E le ragazze.»

«E le ragazze.» ripete dopo aver appeso anche la mia giacca, poi si ferma di fronte a me. «Vatti a pulire la faccia, c'hai tutto il sangue secco.» mi guarda le ferite dello zigomo, del sopracciglio e del labbro.

«Dov'è il bagno?»

«Terza porta a sinistra.»

Allo specchio mi accorgo finalmente di come io sia messa male. L'acqua non fa molto, evidenzia solo meno le botte. Ritorno quasi zoppicando sul divano, mentre Nicolò è in cucina, penso.

«Ti fa male?» dietro di me mi fa sussultare.

«No, macché.» rispondo ironica.

«Aspetta, ti aiuto.» appoggia sul tavolino basso della sala la bottiglia di birra, e si avvicina a me.

«Lascia stare, faccio da sola.»

«Mamma mia, 'na bambina capricciosa sei.»

Sbuffa, non ascoltandomi. Ma il modo in cui lo dice mi fa sorridere. Mi prende in braccio e mi sistema sul divano, dove riesco a stendere la gamba dolorante sopra il tavolino bianco.

«Grazie.» dico orgogliosamente.

«È la prima volta che ti fanno sta roba?» scuoto la testa. «Cos'è che vendi?» si siede accanto a me.

«A te niente.»

«Perché?» inarca un sopracciglio.

«Sei troppo conosciuto.»

«Guarda che gli impicci li faccio pure io, e non m'hanno ancora sgamato.»

«Ma se ti sgamano finisco nella merda pure io.»

«Sto discorso vale pure per l'altri, mica solo per me. Comunque non volevo comprare niente, ero solo curioso.»

«Coca, erba ed eroina.»

«Da quanto?»

«Tre o quattro anni.»

«Ma scusa, ma quanti anni c'hai te?»

«26.»

«Pari 'na bambina.»

«Sarebbe un complimento?» lo analizzo cercando di capire.

«Boh, non era un insulto comunque. Quanto ti devo per la canna di prima?»

«Offre la casa.» sorrido. «Quanto tempo posso rimanere qui?»

«Quanto ti pare, non dai fastidio a nessuno.»

«Se mi dici così, rimango pure due anni.»

«Meglio, mi fai compagnia.»

«Ma davvero non hai niente da fare il sabato sera?»

«Ho dato buca.» risponde facendo spallucce.

«Perché?»

«Che facevo? Ti lasciavo sola?»

«Guarda che non ti rubo in casa.»

«Mica per quello. Ma non stai manco in piedi.»

Lo guardo in silenzio. Non capisco se pensi davvero quello che sta dicendo. Non sono abituata forse che qualcuno si preoccupi per me, specialmente qualcuno che non conosco.

«Invece io quanto ti devo per l'alloggio?»

«Ti sto ospitando, non ti sto affittando casa.»

«Che c'entra?» alzo gli occhi al cielo.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora