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MONICA

Mi risveglio che è appena l'alba, solo a causa dei brividi di freddo. Sembra di essere da sola in casa. Da una parte è quello che spero. Come dovrei comportarmi ora con Roberto? Ogni modo che mi viene in mente mi sembra sbagliato. Forse perché semplicemente è solo sbagliato quello che abbiamo fatto. E vorrei sapere lui cosa ne pensa a riguardo, ma riaprire il discorso non so dove ci porterebbe. Riaccendo solo ora il cellulare. Decine di messaggi da parte di Nicolò, altrettante chiamate, sempre da lui. Mi rivesto con quel che ieri il mio amico mi ha aiutato a togliermi per spogliarmi. In cucina non c'è, ma lo trovo in camera da letto. Sta dormendo, addosso tiene giusto l'intimo, e la coperta ha deciso di lasciarsela ai piedi. Mi sdraio accanto a lui, lasciando di nuovo quegli invisibili centimetri tra noi due. La sua pelle calda sembrava mi stesse aspettando, e in questo momento l'unica cosa che voglio è quella sensazione di protezione che solo un suo abbraccio mi può dare. Mi infilo così tra esse, e capisco si sia svegliato quando leggermente mi stringe e mi accarezza la nuca, appoggiata al suo petto.

«Cosa abbiamo fatto?» sussurro pentita.

«Niente.» le sue coccole però tranquillizzano. «Non è successo niente stanotte, d'accordo?»

«Quindi facciamo come se niente fosse?»

«Hai una famiglia. Non voglio rovinartela. Ho usato poco la testa, ma non devi pagarne te le conseguenze.»

«Eravamo in due.»

«Vai da Nicolò, il tuo posto è lì.»

Voglio guardarlo negli occhi mentre mi caccia. Non che abbia torto, ma infondo tornare alla cruda realtà di tutti i giorni non mi va. È come se fosse diventata troppo pesante per me da riuscire a sostenerla.

«E te? Intendo, io e te? Siamo sempre amici?»

«Certo.»

«Stanotte per te è stato sesso o amore?»

«Cosa cambierebbe se ti rispondessi?»

«Magari niente, ma vorrei comunque saperlo.»

«È stato molto più che sesso per me.» ammette poi, le sue dita arrivano a segnarmi le labbra. «Ma non deve succedere più.»

«Devo dirlo a Nicolò.»

«Non dirglielo, per favore.» vorrebbe baciarmi, si capisce da come punta alle mie labbra, e dal suo timbro di voce. «Digli di venirti a prendere.»

«Posso stare ancora un po' qui?» incrocio le nostre dita.

«Monica, ti prego, scrivigli ora.»

Così faccio. È la cosa migliore, lo so anch'io. Non gli faccio il buongiorno, nemmeno gli chiedo come sta. Scrivo solo un banale 'Mi vieni a prendere te, o vengo da sola? Roberto ha la macchina rotta'. Passa una decina di minuti, il tempo di risistemarmi, prima di sentire il clacson suonare da fuori dalla finestra.

«Mi raccomando, non dirgli niente. Non è successo niente.» ripete un'ultima volta.

Ci abbracciamo prima che io lasci definitivamente l'abitazione. Da lontano, Nicolò saluta con un cenno di mano Roberto, mentre io per l'intero tragitto non proferisco parola, e il cantante non osa rompere questo silenzio creato. La mia mente sembra essersi trasformata in un enorme frullatore in cui sono mischiate decine di immagini, tutte diverse tra loro: l'ultima notte passata da Roberto, i miei momenti di dolcezza con Nicolò, altri di litigio sempre con lui, le parole di mio nonno, mio padre quella volta con me sulla lapide di mamma.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Where stories live. Discover now