Capitolo quattro (2 di 9)

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Con sguardo attento, Zara lo osservò dedicarsi alle ferite riportate da Stefano insieme all'energumeno con la cicatrice.

Mentre i due soccorritori erano intenti a fasciare la gamba rotta dell'amico, il vento si fece sempre più forte e lei iniziò a preoccuparsi: il tetto non cessava di scricchiolare, così come le pareti, e in lontananza si udiva un rumore sordo, come quello di un treno ad alta velocità in avvicinamento.

Con gli occhi appannati dalla stanchezza allora guardò i due uomini, cogliendo qua e là sprazzi della loro conversazione.

Una seconda torcia fu accesa dallo sconosciuto con il turbante nero, quindi lei poté vedere ancora meglio di prima, come la borsa che si erano portati dietro, una barella lasciata in un angolo e i guanti in lattice indossati da entrambi.

All'improvviso il gigante alzò il capo e incrociò il suo sguardo, facendosi un po' sorpreso, così come prima aveva fatto quando si era ritrovato minacciato dal proprio coltello da caccia. In seguito, il compagno gli intimò un ordine e, dopo aver frugato nella borsa, gli consegnò una piccola siringa preriempita di un inconsueto liquido giallognolo.

Zara trattenne il fiato in gola.

«Cosa fa?» domandò con preoccupazione all'uomo col turbante nero.

Lui si fermò con l'ago a mezz'aria.

«Gli sto per somministrare un antidolorifico» rivelò, nel mentre che infilò l'ago sottile nel braccio dell'amico e poi spingendo pian piano lo stantuffo. «Ha una brutta frattura alla gamba e altre ferite sul corpo, quindi è meglio se resta addormentato. Tra l'altro, ha perso molto sangue, ma ho notato che non presenta i consueti segni di chi è sottoposto a forte disidratazione». Infine concentrò di nuovo l'attenzione su di lei. «È stata molto brava a occuparsi di lui» concluse in tono ammirato. «Se la caverà».

Poco mancò a Zara per scoppiare a piangere di sollievo.

«Grazie al cielo» sussurrò poi, emotiva. «Ha tentato di difendermi ed è solo colpa mia se sta così...».

Dopo aver detto quelle parole, il soffitto scricchiolò ancora, sinistro. Per quanto sembrasse voler continuare a interloquire, una luce riluttante comparve negli occhi neri dell'uomo con il turbante nero che, dopo un attimo di esitazione, confabulò in arabo con il gigante con la cicatrice. Si scambiarono diverse battute dai toni un po' concitati e infervorati.

Poco dopo i due agganciarono l'amico addormentato alla lettiga e fecero per trasportarlo all'esterno, quando lei tentò di alzarsi.

«Dove pensa di andare?».

Ansimante per lo sforzo, Zara sollevò il capo e incrociò lo sguardo incupito dell'uomo riccioluto.

«Sto preparandomi a seguirvi» spiegò senza battere ciglio. «Perché, scusi?».

«No, non va bene» ribatté lui, invece, severo. «L'elisoccorso è poco distante, ma dovremo concentrarci sul suo amico. Non posso pensare anche a lei».

La rabbia e la frustrazione riemersero in superficie.

«Non ho bisogno che qualcuno si occupi di me» sibilò tra i denti. «Posso farcela da sola».

Era sopravvissuta facendo affidamento su se stessa fino a quel momento, quindi sarebbe stata più che in grado di trascinarsi da sola sino a quel maledetto elicottero.

I due uomini si scambiarono un'occhiata: il più giovane proferì qualcosa, per poi tornare a fissarla.

«Signora Ascarelli, è ferita» le spiegò paziente. «Lasci che ci occupiamo noi di tutto, che ha fatto tutto ciò che le era possibile in tali circostanze».

Zara strinse le labbra e fissò l'uomo con greve intensità.

Lui parve intuire la sua determinazione a non ascoltarlo.

«Tornerò subito, glielo prometto» affermò solenne. «Le lascio la torcia».

Poi, assieme al compagno, puntò in direzione della porta, conducendo Stefano in salvo. 

Alba di Perla [COMPLETA]Où les histoires vivent. Découvrez maintenant