Capitolo diciassette (2 di 2)

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Fu in quella manciata di secondi che vide una luce addolorata attraversare lo sguardo di Agib. Tuttavia fu solo un momento, un battito di ciglia, perché dopo i suoi occhi diventarono di nuovo freddi e distanti.

«No!» gridò qualcuno.

Al contempo vi seguì un'esplosione e Harun si ritrovò spinto in un lato con sua somma sorpresa. In quel fragente chiuse gli occhi più per puro istinto che altro, mentre l'angolo più razionale della sua mente cercava di capire cosa stesse accadendo.

All'improvviso udì una serie di voci levarsi verso l'alto, specialmente quella della sorella minore, come mai l'aveva sentita.

Ciò bastò per condurlo a risollevare le palpebre di scatto: lo scenario che gli si figurò dinanzi era l'ultimo che si era aspettato di vedere, o meglio, forse nel peggiore dei suoi incubi. Zara era a terra su un fianco, pallida come la luna in cielo e un rivolo di sangue che le colava lungo la spalla, gocciolando sulle piastrelle immacolate, andando a incanalarsi nelle fughe altrettanto bianche. I capelli dello stesso colore del deserto all'alba erano sparsi a creare un'aureola attorno al volto e il suo sguardo era lucido, nervoso nel cercare solo lui.

Dinanzi a quello scenario, il terrore s'impadronì di lui. Harun gridò ordini a destra e manca, sentendo la gola ardere per lo sforzo, e si protese su di lei, dimentico di Agib e della sua minaccia. L'adrenalina prese a scorrergli nelle vene a fiotti e, con gesti rapidi, si stracciò l'orlo della tunica per tamponare il punto in cui fuoriusciva in cui Zara era stata ferita.

Aveva freddo. Gli occhi gli bruciavano per lo sforzo di non piangere. Si diceva che non doveva avere tutta questa paura, perché lei possedeva l'anello e...

Poi guardò Zara in volto e la paura che scorse nei suoi occhi lo indusse a parlare.

«Non temere, l'anello ti protegge» disse per rassicurare lei e se stesso, la voce scossa per l'emozione. «Te la caverai...».

«Sta arrivando il medico» intervenne Dunab con il fiatone.

Harun le sfiorò il volto con l'altra mano.

«Hai sentito?» mormorò roco. «Devi resistere e...»

Alla notizia, a sorpresa, lei storse le labbra e abbassò le palpebre per un attimo, per poi tornare a guardarlo a fatica. Sembrava desiderosa di dirgli qualcosa, Harun lo sentiva benissimo dal tremore del suo corpo e dall'urgenza della sua espressione.

Preoccupato, si chinò in avanti.

«Non uccidere...» sussurrò Zara in un soffio dal suo orecchio, il tono di voce così basso da strappargli un brivido lungo la schiena. «Puoi scegliere...».

Intuendo a cosa si riferisse, lui serrò le palpebre, non riuscendo più a trattenere le lacrime che presero a scorrergli lungo le guance del volto.

«Sì» mormorò afflitto. «Lo so cosa intendi, ora ho capito».

Dopo tornò a guardarla e sentì un curioso suono sotto il palmo della mano che tamponava la ferita della ragazza: Harun scostò la mano dalla ferita di Zara e si rese conto di tenere stretto, nel lembo di stoffa ingrumato di sangue, il proiettile. Al contempo seguì un curioso tintinnio...

L'anello del potere, il simbolo della famiglia di Harun, scivolò sul pavimento producendo un tintinnio e rotolò a terra, in un primo istante ruotando su se stesso come una trottola: mutò colore dall'argento all'oro, comunicandogli che aveva compiuto il suo dovere proteggendo il suo proprietario da un vero e proprio pericolo mortale.

Intanto le guardie reali si erano rialzate ed erano saltate addosso a Agib, strappandogli la pistola dalle mani prima che potesse usarla ancora. Allo stesso tempo irrompe una squadra di medici sul luogo e circondarono Zara, prestandole le prime cure sul posto.

Quando gli fu possibile, Harun si volse di scatto e guardò dritto in volto il fratello maggiore immobilizzato dalle guardie: Agib s'immobilizzò per un secondo, quasi trattenendo il fiato, come se temesse una ripercussione da parte sua.

Per un fragente di secondo si fissarono negli occhi e sembrò quasi che i presenti svanissero in un soffio attorno e loro due fossero soli.

Nonostante il cuore gli bruciasse, la stanchezza e il desiderio di distruggere, Harun fece due passi e si fermò a pochi centimetri da lui, prendendo una decisione: era stanco di quelle catene che si era costruito con le proprie mani, voleva andare avanti e stare con chi lo amava senza filtri.

«Fratello, io... io ti perdono» si ritrovò a dire in modo inaspettato. «Ti lascio andare insieme a Muna».

Detto ciò Agib sbiancò e rimase in silenzio, anche quando le guardie lo trascinarono via dal corridoio. 

* * 

Alba di Perla [COMPLETA]Where stories live. Discover now