Capitolo diciotto (4 di 5)

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Zara ammirò l'anello, sconvolta dall'idea di doversene separare. Sconvolta da quanto sembrasse insignificante, al primo sguardo, l'antico simbolo del regno impresso sulla superficie fredda e la benché minima traccia di pietre preziose; anche se in parte era accaduto per una questione di trono, le pareva impossibile che la ragione fosse stata anche quel piccolo gioiello.

Dopodiché alzò lo sguardo su Harun, ma sul volto di lui era impressa ancora quell'odiosa espressione indecifrabile, una mera maschera esibita per non rivelare cosa sentiva in fondo al cuore a chi lo stava guardando. Eppure lei lo vide, scorse oltre quella superficie qual era la verità...

L'enormità della sua azione la colpì come uno schiaffo: Harun si era sempre definito un uomo duro, pazzo, sprezzante, che aveva sempre asserito di non avere senso dell'umorismo, ma in grado di prendere parte a una squadra di salvataggio e salvare due stranieri dalle grinfie di terroristi senza scrupoli. Perché si ostinava a voler interpretare sempre la parte del cattivo?

«Puoi andare, Dunab» ordinò Harun. «Di' a Farik di annunciare che sarò lì tra un po'».

«La gente comprenderà, signore» poi fece un inchino e uscì.

«Sei sicura di non volerlo più, Zara?» domandò Harun a un tratto.

Con un cenno del capo lei annuì.

Forse le faceva male il cuore all'idea di separarsene, non le restava altro che quello, oltre le fotografie che teneva in casa: in qualche modo si sentì come se la madre fosse morta per la seconda volta.

Era stanca e tutto il dolore che aveva trattenuto prima era in procinto di riemergere, in tutta la sua prepotenza. Ed era sempre più arduo, difficoltoso, dimostrarsi distaccata con Harun.

«Bene».

Il re afferrò l'anello e l'argento brillò sotto la luce del sole che inondava la stanza.

A quella vista si fermò con le mani sospese in aria. La stava fissando con un'espressione sconvolta e fu in quel preciso istante che si accorse di stare piangendo.

«Non piangere, hayati...».

La voce di Harun si arrochì. Lo sguardo annebbiato dal pianto impedì a Zara di cogliere la sua espressione. Si strofinò gli occhi con le dita, per asciugarsi il volto e scacciare via le lacrime. 

«Zara» la chiamò ancora lui, quasi sussurrando.

Le accarezzò il viso, poi si inginocchiò ai suoi piedi, afferrandole le mani e trattenendole saldamente tra le sue.

«Zara, non posso indossarlo» le disse. «Era di tua madre».

Spiazzata, batté le palpebre e cercò di smettere di dannarsi e frignare come una bambina.

«No, è ed è sempre stato tuo. Hai avuto quello che volevi e ora lo hai ottenuto. Non puoi rifiutarti di tenerlo adesso» ribatté singhiozzando, senza preoccuparsi di celargli la sua amarezza.

Silenzio.

«Non hai compreso» obiettò Harun dopo un bel po'. «L'anello non è per soddisfare curiosità, anche se un tempo era mostrato dal re nel corso delle uscite pubbliche».

Lei abbassò lo sguardo sulle sue mani e sbarrò gli occhi. Lui le aveva infilato l'anello al dito, all'anulare sinistro, dove era sempre stato. E in più, Harun le stava porgendo anche qualcos'altro...

«Zara!» la chiamò nel tentativo di riscuoterla.

A quel richiamo lei sollevò il capo e avvertì crescere una sensazione di calore, oltre che di incredulità.

La sua espressione... la sua espressione era quella di...

Alba di Perla [COMPLETA]Onde histórias criam vida. Descubra agora