Chapter 13: Our Mother Is A Warrior

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Zoppicante, delusa, ma pur sempre agguerrita, ritorno il più velocemente possibile nella mia stanza, aprendo silenziosamente la porta e richiudendola allo stesso modo.

Mi reco vicino al comodino, dove giace il mio abbandonato telefono, e guardo l'ora. Cristo, sono le 6.30 a.m.
Sono rimasta chiusa in camera con lui per sei fottutissime ore. Riappoggio il telefono sulla superficie di legno lucida e mi incammino verso la porta dei miei figli, massaggiandomi delicatamente le tempie, colpita da un improvviso mal di testa.

Apro la porta, così piano da non farla nemmeno scricchiolare, e la visione dei miei due angioletti che dormono beati mi reca una grande gioia e un profondo sollievo immediato.
I miei piccoli amori.

Lentamente, camminando quasi in punta dei piedi, mi avvicino prima ad Harry e poi ad Hunt, lasciando un dolce bacio sulla fronte di entrambi, promettendo loro, in una sentenza silenziosa, tutto il mio amore e la mia protezione.
Loro sospirano, e una calda ma silenziosa lacrima scende dai miei occhi, rigando la mia guancia destra in una scia che pare in fiamme.

Me la asciugo velocemente e poi ritorno nella mia camera da letto, chiudendomi la porta della loro alle spalle, e poi mi sdraio sul morbidissimo materasso, cominciando a fissare il soffitto immersa tra i miei più oscuri pensieri.

E comincio a pensare, pensare e pensare, fino a quando il sonno mi costringe a chiudere gli occhi fattosi ormai pesanti e a cadere nel buio.

✨✨✨

«Mamma!» una lontana voce squillante all'orecchio mi induce ad abbracciare assonnata il mio cuscino, mentre la mia bocca mugola un qualcosa di incomprensibile.

«Mamma! Mammaaa!» un'altra voce si unisce all'altra, sta volta con un tono piuttosto canzonatorio e di rimprovero, eppure i miei occhi non vogliono aprirsi, né il mio corpo risvegliarsi.

«Ma non è che è morta?» Domanda la prima voce, con un tono leggermente preoccupato. «Harry! Non ti azzardare neanche a dirlo!» Lo rimprovera il secondo, e un lungo silenzio lo segue. Quando finalmente la mia mente riacquisisce un minimo di calma e pensa che finalmente può tornare a riposare, dei forti scossoni percuotono il mio corpo.

«Mamma! Svegliati, svegliati, svegliati!» Quasi prega la seconda voce, che si è fatta più spezzata e preoccupata di prima. Di scatto mi riaccendo, alzando il busto in modo rapido, ma la mia testa collide bruscamente con altre due, più piccole, e un giramento potente la colpisce.

«Cazzo» borbotto sotto voce, portandomi una mano sul punto dolente, facendo dei leggeri cerchi, ma poi subito mi ricordo che, se mi sono fatta male, ho sbattuto contro qualcos'altro. Quindi, con fatica, riesco ad alzare le palpebre, e la prima cosa che vedo sono i miei due bambini seduti in posizioni strane e maldestre sul materasso ad ogni mio lato, con le mani nella stessa posizione in cui le avevo messe io. Il mio cuore, in modo istantaneo, salta un battito, per la paura, e poi, d'istinto li accolgo entrambi nelle mie braccia, ripetendo con tono desolato la parola "scusa" innumerevoli volte, scordandone persino il numero, baciandoli ripetutamente entrambi sulla fronte, quasi sul punto di mettermi a piangere e avere un crollo emotivo. E quando finalmente trovo uno straccio di buon senso mi stacco di poche decine di centimetri da loro, giusto per assicurarmi che il danno effettivo non sia grave.

Pero è quando noto delle piccoli ed innocenti lacrime rigare loro le piccole guance paffute che la mia testa affoga nella vera paura.
«Amori miei, parlatemi, vi ho fatto così male? Vi devo portare in ospedale? Perché piangete?» Chiedo in ansia e preoccupazione, ma loro scuotono la testa, mentre i loro bellissimi e giovani visi si deformano in smorfie addolorate, ma sollevate, e i loro occhi si fanno sempre più rossi e stracolmi di lacrime.

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