Chapter 15: Crying

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Con le palpebre pesanti a coprirmi gli occhi, la testa appoggiata al suo petto e le sue braccia attorno alla mia vita che mi sorreggono, rimango ferma mentre entrambi cerchiamo di placare i respiri affannosi e recuperare energia.

Almeno fino a quando realizzo quello che è appena successo. Smetto di respirare e spalanco gli occhi, irrigidendomi.
So che lui ha capito cosa sto pensando, perché serra ancora di più la presa su di me, come se stesse cercando di prevenire una mia ipotetica fuga.

Cosa che avevo proprio in mente di fare.
Da quando sono diventata così tanto codarda? Non riesco più a riconoscere me stessa. Scappare non è mai stato nella mia natura, eppure in questi ultimi tempi il più delle volte riesco solo a pensare di ricorrere a quella scelta.

«Non...» comincia, e poi riprende fiato «Non ti azzardare nemmeno a pensare di scappare, Iris» sentire il mio nome sulle sue labbra, detto con quel tono autorevole, mi fa sobbalzare e staccare la testa dal suo petto, mentre la consapevolezza di essere la ragazza più arrendevole di questo mondo mi fa sprofondare nella vergogna.

Rimango in silenzio, fustigandomi mentalmente e quasi annego in quel mare di disagio che sto provando in questo momento.
Sto veramente cominciando a pensare di essere io il cattivo della mia stessa storia, poiché non faccio altre che tradire me stessa in continuazione ed autoflagellarmi consapevolmente cedendo con così tanta spensieratezza all'uomo dietro di me.

«Guardami» ordina, e io scrollo il capo velocemente, rifiutandomi di farlo, mentre incrocio le braccia al petto in modo da coprirmi i seni. Brividi di freddo mi scuotono, e il mio corpo esposto si ricopre di pelle d'oca.

Dylan, che ovviamente se ne accorge, si stacca in modo rapido da me.
«Alza le braccia» mi dice dopo alcuni secondi, e io, non capendo bene cosa intenda fare, le alzo delicatamente, tremando.

Morbido cotone viene a contatto con la mia pelle, e capisco che lui mi sta infilando la sua maglietta.
La sua maglietta.
Perché ha visto che avevo freddo. E sa bene anche che mi sto vergognando tantissimo in questo momento.

Non sta migliorando affatto la situazione, perché questo tipo di gesti implicano il voler davvero bene alla persona a cui si dedicano, e cominciare a dubitare riguardo la vera natura di Dylan e iniziare a pensare che lui mi ami davvero, è una cosa inammissibile.

«Guardami» ripete, però sta volta con dolcezza. E io, come una stupida, non resisto e, pur sempre esitante, con cautela mi giro, mantenendo dapprima gli occhi fissi sul pavimento e poi, lentamente, li alzo facendoli entrare in contatto con i suoi.

Non riesco però a capire se l'impercettibile sobbalzo di lui, appena vista la mia faccia, sia frutto della mia strana immaginazione o meno.
Cautelarmente, inizia ad alzare le mani verso il mio viso, e quando realizza che non mi sto sottraendo ad esse, mi avvolge le guance con esse, in una presa fin troppo delicata e amorevole per lui.

Una lacrima salata sfugge al mio occhio, ma ben presto viene raccolta e asciugata via dal suo pollice, che accarezza inevitabilmente la pelle del mio zigomo.

Non so se sia per la stanchezza provata in questi ultimi trenta minuti o, in generale, negli ultimi sette anni, ma quando noto anche i suoi occhi farsi Rossi e lucidi, la mie ginocchia crollano, portandosi dietro di loro il mio intero corpo.

Sarei finita a terra, se lui non mi avesse ripreso in tempo.

Con uno svelto movimento aggraziato e di natura gentile, si abbassa, passandomi un braccio sotto le ginocchia tremanti, e l'altro dietro alla schiena, per poi sollevarmi. Mi aggrappo istintivamente al suo collo, appoggiando la testa sul suo petto e di conseguenza inalando con enfasi il suo profumo.

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