Ci conosciamo? ~ (Prologo)

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Salutava da lontano, ma io, nello stesso istante in cui mi ero accorto del suo braccio destro che si alzava e della mano che si apprestava a fare "ciao, ciao" mi ero subito tolto gli occhiali.

Mossa astuta proprio per niente e me lo ripetevo mentalmente, dandomi dell'idiota, mentre pulivo le lenti degli occhiali con assoluta abnegazione, nella speranza che lui comprendesse che no, dannazione no!, non doveva assolutamente – per nessun motivo, nessuna ragione – avvicinarsi a me.

Le regole erano state messe in chiaro fin dal principio: non ci conosciamo, non so chi sei, nessuno deve saperlo.
Se mi vedi per strada devi ignorarmi.
Per te io non esisto, tu per me non esisti.
Scopiamo e basta.

E lui stava contravvenendo a una delle regole basilari di quella nostra relazione clandestina.

Non avevo proprio preso in considerazione l'ipotesi che potesse rivelarsi così stronzo da seguirmi pure mentre me ne stavo cinque minuti al bar, intento a rilassarmi durante la mia pausa lampo dal lavoro, seduto attorno a uno dei tavolini esterni, in pieno centro a Roma.

Il mondo è piccolo – schifosamente piccolo, mi ripetevo, continuando a guardarmi intorno nella speranza di non scorgere nessuno che conoscessi, tra la folla di turisti e romani che riempivano Piazza di Spagna.

Vuoi vedere che devo pure pentirmi di essermi preso una pausa?

Indossai di nuovo gli occhiali.

Ovvio che sì.

-Ciao-

Ciao, un cazzo! – avrei voluto urlare. Invece rimasi impietrito sulla sedia, stringendo con forza i braccioli. Daniele mi fissava con un sorrisino sghembo.

-Ci conosciamo?-

Nega sempre.
Nega fino all'evidenza.
Nega fino alla morte.

Daniele reclinò il capo da un lato e il suo sorriso si fece più ampio e assottigliò lo sguardo, nascondendo l'azzurro delle iridi tra le folte ciglia bionde che adoravano i suoi occhi. -No- e tirai un sospiro di sollievo. -Ma mi piacerebbe conoscerti-

Irrigidii i muscoli della mandibola, stringendo i denti per non vomitargli addosso insulti in tutte le lingue del mondo.

-Sono un uomo sposato-

-Per fare amicizia-

Amicizia?!

Ricordavo con esattezza il giorno, il minuto esatto in cui i miei occhi si erano posati su di lui per la prima volta in assoluto, nel mio ufficio, quando – trafelato e con un braccio appeso al collo – era arrivato da me nella speranza che l'assicurazione coprisse l'intero danno dell'incidente che lui stesso aveva causato.

E no, fin da subito, la tensione dolorosa che mi aveva attraversato l'addome e il basso ventre non aveva avuto nulla di professionale.
E neppure il suo invitarmi a cena fuori, per ringraziarmi, aveva avuto nulla di professionale.
Neppure il mio sì.

Il mio saltargli addosso appena era entrato in macchina mentre ci dirigevamo verso la conclusione di quella serata.

La sua pelle calda, bollente. Il sapore squisito delle sue labbra. La morbidezza dei suoi capelli sottili e quegli occhi chiari, liquidi, cristallini, capaci di incendiare ogni singolo millimetro del mio corpo soltanto con uno sguardo.

Amicizia. Non sarei mai potuto essere suo amico neppure per sbaglio.

-Preferisco non cedere alle tentazioni-

-Io sarei una tentazione?-

Avrei sempre più voluto mandarlo a farsi fottere da qualcun altro, ma la sola idea mi uccideva dentro.

Finii di bere il mio caffè e feci per allontanarmi dal tavolino e lui si frappose tra me e la direzione che stavo prendendo, sbarrandomi la strada.

-Spostati- sibillai, ma lui si protese verso di me, afferrandomi i gomiti, fissandomi dritto negli occhi. -Daniele- gli intimai.

-Allora... mi conosci- sussurrò a un palmo dal mio viso, leccandosi il labbro inferiore. Poi accostò una guancia a una delle mie e continuò a muovere la lingua sul lobo di un mio orecchio, facendomi rabbrividire fino alla punta delle dita dei piedi. -Non voglio più essere uno sconosciuto, per te-

E lì, davanti a tutta Piazza di Spagna, mi baciò.

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