7 ~ Ti amo

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Non ne potevo più.

Mi si stava rivoltando il mondo contro.

Aveva ragione Lucia, ero stato un vigliacco.

Avrei voluto urlare e riavvolgere il nastro della mia vita, cancellare tutto.
Tutto.
Tutto!

Dichiararmi già ai miei genitori, incassare il loro rifiuto, finire sotto un ponte, ma vivere.

Vivere, cazzo!

Vivere la mia vita.

Essere me stesso fino in fondo.

Invece ero una bugia, enorme, immensa. Non mi riconoscevo più allo specchio e avevo finito per fare del male a tutti quelli che mi circondavano.
A tutti.

Scrissi a mia moglie, avvisandola che non sarei potuto passare a prendere i bambini da lei.

Non le dissi perché, le mentii ancora.
Ancora bugie.

Non riuscivo a smettere di mentire.
Si stavano moltiplicando all'infinito, le bugie, affogandomi.

Fissavo l'acqua torbida del Tevere pensando che mi sarebbe bastato fare un salto. Arrampicarmi sulla balaustra del ponte – come avrebbe fatto Giuseppe, il mio piccolo Tarzan.
Il mio cucciolo.
Martina si sarebbe aggrappata a un lembo della mia giacca. Mi avrebbe trattenuto vicino a sé, perché con me accanto sentiva che tutto diventava più speciale.
La mia principessa, la mia bambina.
La mia luce.

Sarebbero stati meglio senza di me. Il loro era un amore che non meritavo.
La verità era che non ero ancora riuscito a trovare l'equazione del padre perfetto perché non sarei mai stato un padre perfetto.
Ero un pessimo padre.
Egoista.
Bugiardo.
Vigliacco.
Gay.

Mi sentivo esplodere la testa.

-Che ci fai qui?-

Mi sentii abbracciare da dietro. Le sue mani sulle mie, premute contro la superficie della balaustra. Mi strinse piano a sé, mi baciò il collo.

-Potrei farti la stessa domanda-

Lo sentii sorridere contro la mia pelle.
-È facile. Io ti ho seguito-

-Daniele...-

-Uhm?-

Deglutii. -Perché mi hai seguito?-

-Perché eri troppo sconvolto e mi sono spaventato-

Chiusi gli occhi e le lacrime fuggirono al mio controllo, scivolando sulle guance. -Dovresti lasciarmi andare-

-Non ne ho nessuna intenzione-

Riaprii gli occhi e fissai il panorama dinanzi a me. Avevo timore di girarmi nel suo abbraccio, anche solo di guardare a destra o a sinistra e incontrare gli sguardi curiosi dei passanti, magari persino sguardi pieni di rimprovero, di disgusto, di cattiveria. Continuavo a essere un vigliacco ed ero sempre più spaventato. Spaventato dalla vita che mi si stava dispiegando dinanzi gli occhi, dalle possibilità, dalle rinunce che avrei dovuto fare, dalle novità e gli sconvolgimenti che avrei dovuto affrontare.

E l'idea di fare tutto ciò senza Daniele al mio fianco mi uccideva. Ma ero stato io a tagliarlo fuori, a darlo per scontato, a trattarlo con superficialità.

-Mi dispiace-

-Shh. È già passato-

-Mi dispiace davvero- mi girai nel suo abbraccio e nascosi subito il viso contro il suo petto.

-Ero arrabbiato. Ora non lo sono più-

-Ho sbagliato-

-Dimmi perché stai così male-

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