Strumentale

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No.

Un semplice monosillabo, ma martellava nella sua mente. Non cedeva, non si affievoliva, si conficcava sempre più a fondo, con dolore. Guardava le lanterne, scie di luci tra la musica, leggera, lontana ma piacevole. La distrazione non giungeva, non con quel chiodo là, piantato, appunto costante e fastidioso.

«Oh Marija, guarda che amori, così carini.»

Una ragazza bionda aveva parlato, una del suo gruppo. Sua amica, certo, ma ora le parve remota, una voce tra la folla.

Distrazione, doveva distrarsi.

Accettò l'invito, spostò lo sguardo. Erano vicini a una bancarella e sulla bancarella vi era una morbida cuccia. Nella morbida cuccia, poi, vi erano dei graziosi animali, piccoli, orecchie a punta e coda flessuosa. Il musetto appariva a fatica, sotto il lungo pelo, un nasino nero che si alzava ogni tanto per esplorare, per capire cosa fossero quelle creature tanto alte. Si muovevano con calma, la luce seguiva il loro moto, sul pelo, riflettendo colori cangianti.

«Hai ragione, sono carinissimi!» rispose, sforzando un sorriso.

Il chiodo era ancora là.

Le giovani cercano di accarezzarli, lei le imitò. Piacque a uno, che annusò la sua mano curioso, la leccò per conoscerla meglio. La lingua era morbida al tatto, calda. Non distraeva abbastanza.

La creaturina le fece le fusa, felice, lei ricambiò con altre carezze. Il pelo era davvero morbido, l'atteggiamento curioso. Era finto l'animale, capì, non era originario di quelle terre; un incrocio, un meticcio con creature loro, più caute e mansuete, adatte per la compagnia. Quantunque fosse natio di quella terra, era nella sua natura ritirarsi e non lasciarsi avvicinare.

No.

Il chiodo era ancora là.

Perché non se ne voleva andare? Glielo aveva detto lei che andava bene così, no? Perché non si dava pace?

Si guardò attorno, nuovamente. Distrazione, doveva distrarsi, doveva evadere.

Uan scia di lanterne la guidò, portandola verso una bancarella. C'erano lattine sui suoi scaffali, ammaccate e vuote. Un cesto di palle opache mostrava il loro ruolo: un gioco a premi, dove sarebbero cadute una dopo l'altra.

«Ragazze, vorrei provare a vincere un premio, provo quello!» annunciò, stampandosi un sorriso in volto.

Forse, se lo fingeva, l'entusiasmo sarebbe arrivato.

Le giovani la ignorarono, le creature avevano la loro attenzione. Le concessero solo un debole assenso, ma la sua mente era concentrata su altro, poteva bastare. Con finalmente un obiettivo, non pensava, le sue parole pesavano meno.

Raggiunse la bancarella, sforzò un radioso sorriso, il suo solito, chiese alla signora dietro al bancone se potesse giocare. Pagò, prese la palla, mirò. Lanciò, con forza, si sentì sollevata, infine.

Continuò, due, tre lanci. Non un ottimo risultato, ma stava meglio, l'animo era più leggero. Ogni colpo infrangeva quel "no", lo faceva cadere con le lattine, vuote, prive di corpo.

Pagò, ancora, voleva colpirne, ancora.

Il "no" di Alaya doveva sparire.

Era successo all'improvviso, quella sera, sua sorella era ornata indietro, a quell'estate di sette anni prima, quando l'aveva trovata in soffitta, nascosta.

«No, quest'anno andrò alla fiera da sola, magari con i nostri genitori» le aveva risposto, quando era andata a chiamarla.

Altre lattine caddero a terra, trascinando con loro il peso della sabbia che contenevano.

Non se l'era aspettato, non se l'era nemmeno immaginato. Anno dopo anno era stata per loro la fiera, assieme, per divertirsi.

Era tradizione, ormai, era parte del loro legame. Alaya l'aveva spezzato quella sera, con quelle parole, di certo frutto di paranoie.

«Vai pure con le tue amiche, io non ho problemi. Non voglio che tu rinunci a una serata con loro, non se è per causa mia.»

Peccato che quella fosse la loro serata. Alaya, perché non l'aveva capito?

Altre palle, ancora lattine a terra, non le stava più contando. Bastava che fossero tante.

Alaya, con il tempo, si era allontanata dagli altri, chiudendosi nel suo mondo, nelle sue idee. Aveva provato lei, a impedirlo, aveva provato a evitarle la solitudine, ma Alaya aveva scelto lo studio come amico. Non aveva capito, lei, e ci aveva rinunciato, come il resto del mondo. Ben accetava lei, una ragazza solare e dalla mente semplice, mentre rifiutava Alaya, sveglia, riflessiva, forse troppo intelligente.

Troppe idee nascevano dalla sua mente, molte affascinanti, talune pericolose. Lei ascoltava Alaya, apprezzava i suoi ragionamenti, i tortuosi sentirei che costruiva. Potevano non piacerle, potevano affascinarla, potevano anche trovarla in disaccordo, ma lei ascoltava, sempre.

Alaya non era perfetta, ma nessuno lo era. Lei parlava troppo, se nervosa; la loro madre non sapeva badare alla casa, per questo se ne occupava loro padre; anche le sue amiche, ognuna aveva il suo, ma era normale, non aveva senso soffermarsi troppo.

Era ingenua, ma aveva capito che non tutti pensavano come lei. Alaya per loro era fredda, distante, aliena. Non vedevano quello che vedeva lei, forse nemmeno si sforzavano. L'aveva accettato, sarebbe rimasta solo lei al fianco di Alaya, sempre.

E lei l'aveva rifiutata.

Calcolava troppo la mente di Alaya, non valutava anche le emozioni. Le parole non erano solo parole, pesavano, potevano ferire. Quel rifiuto le aveva trapassato il cuore con una lama invisibile.

Sanguinava, ancora, ma aveva sorriso. Una bella facciata, ora a terra con le lattine.

Quattro giri, venti tiri e il chiodo era ancora là, a fondo nelle sue carni. Stava pure piangendo, non se n'era accorta prima. Non era brava a mentire, le era sempre stato detto.

«Tesoro, va tutto bene?»

La donna dietro al bancone pareva preoccupata, il sorriso che sforzava era finto, quanto il suo.

«Sì... sì» rispose, asciugandosi le lacrime con la manica.

Non parve convinta, la donna, il sorriso scompare completamente.

«Ti faccio un regalo. Questo giro non lo paghi e, se butti giù un'altra lattina, ti do un premio bellissimo, va bene?»

Il suo cuore si scaldò, un po', e il dolore diminuì. Era poco, ma le bastava. La rabbia si era acquietata, poteva respirare.

«Grazie mille» rispose, con voce strozzata, sorridendo veramente.

«Promettimi una cosa, però...», continuò la donna, afferrandole le mani, «Dopo, parla con chiunque ti abbia fatto piangere, digli ciò che senti dentro di te. Nulla ti hanno fatto queste lattine, lasciale in pace. Parla, invece, discuti, solo così la rabbia se ne andrà.»

Stay with Me - Krys Talk RemixWhere stories live. Discover now