45. Forse giusta

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Passai la settimana successiva in ospedale.

Anche Nathan era venuto a trovarmi insieme a Susanna, che mi aveva portato una delle sue crostatine alla marmellata e, dopo sette giorni con il cibo dell'ospedale, la presi come una benedizione.

Marcus era rimasto con me praticamente ogni giorno. Appena finiva il turno al Surf Shop correva da me. Quando i medici gli chiedevano di lasciare la stanza si appostava fuori, seduto su quelle seggioline scomodissime e si appisolava lì la notte.

"Per ogni cosa, sono qui fuori".

Aveva promesso e aveva rispettato la sua promessa.

Honey ce l'aveva ancora con me, ma nonostante questo si era presentata più volte, appena staccava con il lavoro veniva a chiedermi come stavo e mi raccontava qualcosa di divertente che lei e Courtney avevano fatto.

Oggi finalmente potevo tornare a casa.

Con le stampelle perché il mio ginocchio era ancora poco stabile, ma non me ne lamentai. Non vidi l'ora di essere a casa di Marcus, nonostante non odiassi gli ospedali, anzi, non mi facevano né caldo né freddo, sicuramente non erano uno dei miei posti preferiti.

Odio le cliniche. Cavolo, quelle le odio parecchio.

"Ti fa tanto male?" mi chiese Marcus dandomi una mano a salire in macchina.

Scossi la testa, non era un dolore così fastidioso. Ero convinta che le stampelle potessero servirmi meno delle due settimane che il Dottor McCoy aveva detto.

Marcus mi prese da i fianchi e mi adagiò sul sedile della sua auto facendo attenzione che non pestassi la gamba o la testa. La mia testa stava bene perché ero stata fortunata, quindi quel forte dolore grazie a degli antidolorifici i primi giorni e successivamente a delle medicine e ai leggeri massaggi da parte della dottoressa era quasi del tutto svanito.

Guardai Mister Arroganza spostare i suoi occhi su di me con cura e attenzione per controllare stessi bene e feci un sorriso. Era molto dolce, vederlo così attento a me non fu una sorpresa, ormai era da qualche settimana che io e lui c'eravamo avvicinati molto ed era da settimane che ad ognuno importava fin troppo dell'altro. Era da settimane che aveva realizzato di...

"Così va bene?".

Marcus mi riscattò dai miei pensieri e io arrossii lievemente quando fece un sorrisetto, consapevole che lo stessi fissando.

"Sì" risposi soltanto e gli feci un sorriso.

Salì in macchina anche lui, si raccomandò che la mia cintura fosse agganciata e partì.

"Tuo nonno non sa ancora niente?" mi domandò a un certo punto del tragitto.

"No e non voglio che lo sappia. Si preoccuperebbe troppo. Però dopo lo chiamo, se non ti spiace".

Marcus fu d'accordo con me sul fatto di chiamarlo per sapere come stava, non di certo sul fatto di tenergli nascosto che ero andata in ospedale.

Ma poco importava, davvero credevo fosse il caso che non lo sapesse, per il momento almeno.

Arrivati a casa mi si illuminò la stessa lampadina che si era accesa mentre stavo facendo surf. Dovevo riferire tutto a Marcus, sperando che avrebbe accettato la mia proposta.

"Ti aiuto" mi disse scendendo dalla macchina a venendo dalla mia parte.

"Dovrei farcela a scendere" risposi, ma lui ignorò completamente la mia affermazione.

Mi cinse la vita con una mano e mi prese da sotto il ginocchio con l'altra per reggermi a mo' di principessa -che non ero- ma mi ci fece sentire.

"Quanto sei premuroso" lo presi in giro, ma colse poco la mia ironia e mi stampò un bacio in fronte. Quel piccolo contatto fu il primo dopo una settimana passata in ospedale e mi si scaldò il cuore.

COME ONDE DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora