epilogo

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Sei settimane dopo.

Era una giornata soleggiata e limpida, ma il mio umore era decisamente un uragano.

Chiusi le tende e restai nel buio della mia camera con la testa sotto il cuscino e le lenzuola stropicciate cadute infondo al letto.

Sentivo la testa pesante e il cuore battere così lentamente che non ero sicuro non si sarebbe fermato.

Il telefono squillò di nuovo, era la settima o l'ottava volta che squillava ed erano solo le dieci del mattino. Vidi sul display il nome di Honey, ma la ignorai.

Non volevo parlare con nessuno, nessuno.

Da quando se n'era andata non ero più uscito con i ragazzi. Era venuto Ryan a casa mia per guardare film e tirarmi su il morale, ma ero davvero a pezzi.

Il telefono suonò di nuovo, stavolta, era Courtney.

"Che diavolo!" sbottai incazzato.

"Pronto?" risposi brusco.

"Marcus" aveva un tono troppo contento per i miei gusti e non c'era niente per il quale valeva la pena essere così felici.

"Arthemsis" esitò "È qui".

Mi alzai dal letto di scatto e realizzai che l'unica cosa a suonare era la cazzo di sveglia.

Guardai fuori dalla finestra e stava piovendo a dirotto.

Era da parecchio che pioveva almeno qualche ora ogni giorno.

Gli occhi mi si appoggiarono sulla tavola da surf coperta da un telo, incastrata nello spazio tra la parete e l'armadio.

"Fanculo".

Ormai era da più di un mese che mandavo avanti le mie giornate senza di lei. Mi aveva spiazzato, mi aveva preso il cuore dal petto e lo aveva incenerito nell'arco di un secondo e adesso chissà dov'era.

Di nuovo in viaggio, di nuovo lontana da me e di nuovo non riuscivo ad avercela con lei. Volevo solo fosse felice, non avevo mai desiderato altro e credevo potesse esserlo con me.

Mi sbagliavo.

E adesso mi ritrovavo ogni notte intrappolato nello stesso sogno, nella speranza che tornasse nonostante sapevo che non sarebbe andata così.

Sapevo quanto fosse forte e in gamba, in grado di cavarsela.

Lo sapevo, ma perché voleva essere forte da sola?

Sbattei la porta alle mie spalle e salii in macchina. Pioveva a dirotto, davvero troppo per essere settembre, ma nonostante avessi sempre odiato la pioggia più di qualunque cosa, in quel momento pensai che non era così male, che rispecchiava piuttosto bene come mi sentivo. Ma non faceva altro che ricordarmi di lei, ogni goccia sembrava urlasse il suo nome e la sensazione che provai, per la prima volta, mi piacque.

Raggiunsi in più tempo del previsto la spiaggia dov'eravamo abituati andare e aspettai Ryan sotto il gazebo che, con una giornata come questa, era deserto.

Mi sedetti con lo sguardo rivolto verso il mare, le onde erano altissime oggi, più alte di quel che ci si poteva aspettare di vedere da qui.

Ma perché lo hai fatto?

Perché hai...

"Klein".

Arrivò Ryan e si sedette di fianco a me, salutandomi con una pacca sulle spalle e anche lui puntò gli occhi dritti davanti a sé.

"Come stai?" mi chiese piano. Sapeva di dover stare attento ad ogni singola parola. Ogni cosa di quella situazione mi mandava fuori di testa.

Non gli risposi subito. Come stavo? Distrutto.

"Spero solo possa trovare sé stessa" gli dissi "E tutto l'amore che sua madre le ha portato via".

Pronunciare quella frase fu come ricevere un pungo in pancia da me stesso.

Cazzo, perché faceva così male?

"Pensi che tornerà?" mi chiese poi, girando la testa e l'attenzione su di me.

Non mi voltai.

Non risposi alla sua domanda.

"Le vedi quelle onde?" gli chiesi facendo cenno con la testa di guardare davanti a sé.

"Sì".

"Le vedi come si infrangono contro gli scogli, come si disperdono, come si scontrano, ma ogni volta tornano indietro, uno dall'altro?"

Ryan annuì.

"Io e Arthemsis".

Mi bloccai, costretto ad ammettere una verità che tra tutte era quella che più avrei voluto capovolgere.

"Non siamo come onde del mare".

Angolo Marcus Klein

Ora, voi lettori, ascoltatemi.

Amare è qualcosa d'immenso, qualcosa in cui ti ci immergi completamente senza aspettarti nulla in cambio.

Amare è rispetto e pazienza, è un gioco di sguardi, uno scambio di battute.

L'amore non sta necessariamente in un ti amo, in un regalo o in un bacio. Va ben oltre un gesto ricambiato, perché amore è amore anche non corrisposto.

Amare vuol dire esserci durante il mare in tempesta e lei era la tempesta, io la sua ancora.

Nonostante se ne fosse andata, nonostante avesse deciso di tagliarmi fuori, lei con la sua vita e io con la mia, si può amare anche da lontano e così avrei fatto.

Quindi ama, ama più che puoi.

Fai in modo, almeno tu, di riuscire a coniugare questo verbo così importante.

COME ONDE DEL MAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora