Prologo

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 "Roy, le persone come te scappano per paura di ferire coloro che amano, ignorando che la loro assenza fa più male di un cuore spezzato." Fu la prima cosa che mio nonno mi disse quando scoprì che anche io, come mia nonna e mio padre, sono uno Spezzacuori.

"Spezza il cuore di coloro che ce l'hanno incatenato.

Liberale dalla loro maledizione con la tua.

Fa del bene con il tuo male, e lascia in pace coloro che soffrono.

Queste sono le regole."

Quando avevo otto anni spezzai il cuore della mia prima vittima.

Il mio compagno di banco stava disegnando liberamente su un foglio di carta. Percepivo la gioia di creare scorrere nelle sue dita e muoversi sul foglio in un groviglio di colori brillanti e di forme stravaganti. Sentivo sotto pelle quel desiderio di rendere la sua opera perfetta e ammirabile. Non era un bambino modesto e né un gran pittore, ma possedeva il barlume dell'artista.

Provai in quel momento l'irrefrenabile impulso di strappargli il foglio dalle mani e ridurlo in coriandoli. E lo feci.

Vidi nei suoi occhi susseguirsi lo stupore, la realizzazione e il dolore per il suo disegno per sempre incompiuto trasformarsi in lacrime e stridule grida.

Ed io non provavo gioia nel vederlo così. Non capivo perché avessi fatto qualcosa di così crudele. E, più di tutto, non capivo perché provassi il suo stesso dolore, come se si fosse trasmesso dal suo corpo al mio, trasformandosi in un bruciante calore che mi scorreva nelle vene facendosi strada fino al cuore.

Nonostante tutto rimasi impassibile anche quando la maestra mi definì uno spezzacuori, ignaro che quella semplice combinazione di parole avrebbe definito il corso della mia vita.

In seguito ad una serie di episodi classificati dalle insegnanti come atti di bullismo, mia madre fu informata del mio comportamento.

Ero riuscito a nasconderle questa parte di me per due settimane, soddisfacendo tutti i miei impulsi a scuola così da non averne a casa. I miei amici divennero le mie vittime e si allontanarono da me.

Quando la maestra ebbe finito di esporle gli avvenimenti, mia madre si voltò verso di me.

Non vidi disapprovazione nei suoi occhi, né delusione. Piuttosto mi guardava come se non mi riconoscesse, come se fossi qualcun altro. Qualcuno di cui aveva avuto paura.

Ma quello sguardò sparì in fretta, seguito da una serie di scuse all'insegnante per il mio comportamento.

"Promettimi che non lo farai più" mi disse quando fummo da soli in macchina.

Rimasi zitto. Non potevo prometterglielo. Non potevo controllare quei pensieri. Non potevo impedirgli di farsi largo nella mia mente. Non sapevo come.

"Ci proverò" le risposi. Almeno questo glielo dovevo.

Sorrise, mise in moto, e tornammo a casa.

Quella stessa sera mi accompagnò a casa di Annabel Lee per trascorre la notte mentre era a lavoro come infermiera in ospedale. Non si fidava abbastanza di me per lasciarmi da solo a casa.

Lei e la madre di Annabel erano amiche fin dai tempi del liceo. Io ed Annabel siamo praticamente cresciuti insieme, con l'unica differenza che lei aveva un papà ed io no. Ma non mi importava così tanto. Io avevo mia madre.

Annabel era la mia migliore amica e fu la prima persona a cui raccontai cosa mi stava succedendo. Pur non frequentando la stessa classe, aveva sentito dei bambini chiamarmi lo spezzacuori.

La Maledizione dello SpezzacuoriWhere stories live. Discover now