Capitolo 7

49 3 2
                                    

Chi ha ucciso Robin Hood?

È questo il titolo del notiziario del mattino successivo al ritrovamento del corpo di Patrick Adams, da tutti conosciuto come Robin Hood a causa dei suoi presunti furti, trafitto dalla freccia incoccata dalla statua di Robin Hood nel cuore della foresta di Sherwood nella notte del 16 settembre.

Accanto a lui è stato rinvenuta Annabel Lee, definita una promettente studentessa della Nottingham High School, con una ferita alla tempia. "È stata portata in salvo da un ragazzo della zona" dichiara la giornalista. "I medici riferiscono che le sue condizioni sono stabili."

Ho trascorso il resto della notte sul divano davanti alla tivù, facendo zapping tra i canali, cercandone uno che trasmetta un servizio sull'omicidio, attendendo di vedere una mia foto sotto la scritta RICERCATO o ASSASSINO, confermando la mia più grande paura.

Sono capace di uccidere un essere umano?

Secondo Agatha Christie ognuno di noi è un potenziale assassino - in ognuno di noi sorge di tanto in tanto il desiderio di uccidere - sebbene non la volontà di uccidere.

E se lo sono davvero, allora accetterò la mia condanna e sarò grato di venir rinchiuso in un luogo dove non potrò far male a nessuno, in cui magari morirò prima che il desiderio di spezzare cuori mi porti alla follia.

"I due ragazzi", spiega la giornalista, "erano lì assieme ai loro coetanei per la secolare festa che si svolge nella foresta di Sherwood in onore del leggendario Robin Hood e della sua compagna Lady Marian."

Tasto la chiave nella tasca che ho girato e rigirato così tante volte pensando alla serratura a cui appartiene. Ma giungo sempre alla medesima conclusione: l'unica persona che può saperlo è morta.

Alle otto del mattino arriviamo alla centrale di polizia di Nottingham, uno dei tanti edifici in mattoni rossi inglesi, fiancheggiato da due cespugli di narcisi che, con il loro color giallo vivo, splendono nel grigiore del mattino.

Un agente ci conduce in una stanza quadrata con una fila di sedie disposte su tutto il perimetro, occupate dai miei compagni di scuola.

Indossano ancora gli stessi vestiti della sera prima. Li avranno condotti qui direttamente della festa. Se non fosse stato per l'intervento di Mike avrei trascorso anche io tutte queste ore con loro.

Prendiamo posto sulle sedie libere di fianco alla porta da cui siamo entrati.

Affianco a noi sono seduti Isaac e un uomo che ha la stessa espressione ombrosa che Isaac veste ogni giorno, suo padre.

Hanno entrambi un neo sporgente sopra il labbro nella parte destra del volto che ondeggia quando si arrabbiano. E ora sta ballando la Hula.

Giselle è accompagnata dalla madre che avevo già visto agli incontri scuola-famiglia. La loro somiglianza è impressionate: entrambe bionde, esili e con grandi occhi azzurri che gli riempiono il volto. Quelli di Giselle sono arrossati dal pianto e contornati dal mascara colato.

È l'unica in questa stanza ad aver pianto e sofferto la morte di Patrick. Il suo vestito da fata dei boschi, poche ore prima pieno di magia, ora sembra esser uscito da un film dell'orrore, macchiato dal sangue di Annabel sulle maniche e con i bordi strappati dai rami all'altezza delle caviglie.

Veronica è circondata da entrambi i genitori seduti ai suoi lati. Lei ha certamente ereditato i capelli rossi e ricci dal padre e non quelli biondi della madre, ma gli occhi azzurri non li ha presi da nessuno dei due: i suoi sono scuri, color pece, in contraddizione con le leggi sull'ereditarietà di Mendel.

Meryl invece è sola e, dal modo in cui guarda ansiosa il telefono in attesa di una notifica, ritengo che i suoi debbano ancora arrivare. Agita le gambe contro il pavimento in un tic nervoso, nascondendosi il volto con i capelli scuri e gli occhi con le mani come per ripararsi dal sole.

La Maledizione dello SpezzacuoriOnde histórias criam vida. Descubra agora