Capitolo 9

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Attendo che il respiro di Annabel torni regolare, che le sue spalle smettano di tremare. Ha il viso stravolto, gli occhi rossi dal pianto. Dalla benda le colano gocce di sudore che si mischiano alle ultime lacrime che le scorrono pigramente sulla guancia. Le raccolgo con il pollice, accarezzandole il viso.

Non mi guarda. Ha lo sguardo rivolto alle sue gambe stese sul pavimento.

Ha la testa appoggiata nell'incavo del mio gomito sinistro mentre il mio braccio destro riposa sul suo stomaco.

Questa posizione, per quanto scomoda possa essere, sento che sia normale.

Anche se il suo corpo è cambiato, so che appartiene alla stessa Annabel che mi consolava quando c'era un temporale, la stessa Annabel con il neo sotto il labbro inferiore che si nota solo quando lo morde, la stessa Annabel con cui condividevo il suo letto a una piazza e mezza, separati dal peluche di Winnie the Pooh a cui raccontavamo storie fino ad addormentarci.

È la stessa Annabel di cui ho sentito la mancanza per tuti questi anni.

Tira sù col naso e si schiarisce la gola prima di mettersi a sedere lasciando un vuoto tra le mie braccia.

Si alza la zip coprendo i lividi e trae un gemito di dolore quando la cerniera le sfiora la pelle.

Apre il rubinetto dell'acqua e se la getta sul volto con entrambe le mani. Delle gocce d'acqua schizzano sullo specchio e, quando Annabel ci guarda dentro, qualcosa la spaventa perché gli volta le spalle di scatto e, senza spegnere il rubinetto, si dirige verso il dispenser di fazzoletti.

Mi alzo anche io e, passandole accanto, spengo il flusso d'acqua mentre si soffia il naso.

Guardo nello specchio, il riflesso di noi due vicini è... qualcosa che si avvicina alla nostalgia

"Ti piacciono ancora le patatine al formaggio?" Una volta erano l'unica cosa in grado di farle tornare il buon umore. Sua madre Sally ne teneva sempre qualche pacco di scorta.

"Sì." Per un attimo sul suo viso alleggia l'ombra di un sorriso.

Passiamo accanto all'armadietto di Patrick, un mazzo di gigli bianchi ai suoi piedi, simbolo di quella pace che spero sia finalmente provando, ovunque egli sia.

Ci fermiamo per qualche secondo, in silenzio. Poi continuiamo a camminare.

"Ho visto tua madre all'ospedale. Mi ha fatto da infermiera."

Annabel sgranocchia le patatine al formaggio alla luce del distributore. Ci siamo seduti a terra, sfiniti, come soldati in guerra che devono rifocillarsi prima della prossima battaglia. E quanto pare, è già iniziata.

Non mi aspettavo che tirasse in ballo mia madre, la persona che credevo lontana anni luce da Nottingham.

Bevo un sorso della soda comprata al distributore. Ma un sorso non basta a mandare giù il dolore dei ricordi che tornano a galla assieme alle lacrime. Ne bevo un altro, e un altro ancora e senza accorgermene ho finito la lattina.

"Non sapevo lavorasse ancora lì. Pensavo che fosse fuggita via da Nottingham dopo avermi abbandonato nella foresta." Stringo la lattina nel pugno accartocciandola.

"Non se ne è mai andata." Il groppo che ho in gola diventa sempre più grande. Ho bisogno di un'altra soda.

Mi alzo, anche perché non voglio che Annabel guardi il tumulto di emozioni che si susseguono sul mio volto. Sento il suo sguardo studiare ogni mio movimento, registrando la mia reazione.

Perché me lo sta dicendo? Perché ora?

Forse avrei preferito non saperlo. Sì, avrei preferito non sapere che è ancora in città, a qualche chilometro dal figlio che ha deciso di non rivedere mai più, dal mostro di cui ha paura.

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⏰ Última actualización: Dec 30, 2023 ⏰

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