Star Color 6

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Vestivo sempre di arancione quando ero nervoso.

I pantaloni, le scarpe, a volte anche le mutande. Tranne la maglia, quella era di Kirishima, e lui odiava questo colore.

Quel giorno ero vestito di arancione. Avevo mangiato dei noodles che avessero un colorito arancione, e anche una ciambella con la glassa arancione.

L'arancione era un colore a cui non riuscivo ad affiliargli alcuna emozione, e per me che ero affetto da autismo, era come un tarlo che si infiltrava e rosicchiava la corteccia di un albero fino ad arrivare al centro del tronco.

Fin da piccolo cercavo di trovare qualcosa che potessi collegare all'arancione.

Era terrificante la sensazione che provavo quando osservavo quel colore, lo studiavo, ma non mi sfiorava contro neanche la minima emozione.

Col tempo l'arancione diventò un ossessione, e se quel colore non avesse fatto parte della mia giornata il malumore inculcava le successive.

Avevo litigato con Kirishima.

Stavamo insieme da un mese ormai ed era splendido.

Non capacitavo a credere che io avessi dubitato di provare sentimenti per quel ragazzo.

Comunque, avevamo litigato, ed il problema era che sapevo che lui avesse ragione, ed era quello che mi urtava. Lui sosteneva che era stato un mio sbaglio, ed io sostenevo che fosse stato un suo errore credere che io avessi commesso un errore.

Anche se non mi tornava in mente il motivo, non parlavamo da quindici ore (che era un record), ed io non avevo alcuna intenzione fare il primo passo.

Se lui aveva avuto il coraggio di puntarmi il dito contro per primo, doveva avere lo stesso coraggio per tornare da me per primo.

Anche se avevo sbagliato.

Era il lato di me che odiavo di più. 

Spesso pensavo che dentro di me ci fossero cocci di una materia fosca. Avrei potuto creare così tanti neologismi per diagnosticare i miei turbamenti, ma se etichettassi qualcosa che mi spezza, potrebbe significare dare un nome al proprio page ed essere consapevoli delle proprie sventure. Io non volevo essere consapevole di un cazzo.

Viva l'ignoranza. Non sapere un bel mucchio di niente è sempre meglio di avere una mente sinuosa che oltraggia l'inconscio.

È vero, mi sto sbagliando anche stavolta, ma sapere può portare al dolore, almeno, non sapere nulla, può anche salvati ed avere una vita normale.

Stavo studiando per un esame che avrei dovuto dare da lì a poco. Ogni cosa sulla scrivania era ordinata: tre penne al lato del quaderno (tra cui una arancione), il mini astuccio arancione con un evidenziatore dello stesso colore, e un righello.

Gli appunti erano impeccabili, se ci fosse stata anche la minima sbavatura avrei strappato la pagine e ricominciato daccapo.

Non c'era nient'altro su cui mi focalizzavo.

Era sabato sera e studiavo da tutto il giorno. Faceva freddo e ciò che indossavo non mi riscaldava minimamente. Avrei continuato a studiare e se avessi messo addosso una coperta mi sarei appisolato.

Mi alzai per cercare qualcosa sull'armadio che potesse riscaldarmi, ma quando lo aprii vidi le felpe di Kirishima che lasciava se doveva restare a dormire o per uscite improvvise.

C'era anche una sua coperta, che era tutta bianca con delle strisce rosse.

Mi mancava il suo odore, la sensazione delle sue mani sui miei capelli.

Kiribaku  One Shot Where stories live. Discover now