Capitolo 7

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~Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi.~
William Shakespeare.

Osservo le persone, quelle che mi passano di fianco, quelle che incrociano il mio sguardo, quelle lontane, vicine, chiunque io abbia vicino, e conto.

Uno...due...tre...quattro....ho incontrato sei persone per ora e quattro di loro avevano gli occhi spenti, come se volessero gridare dal dolore, agonizzanti, fragili, impauriti.

Però, tutte e quattro le persone sorridevano, assurdo come chi sorride di più è solitamente chi sta più male, perché sa.
Sa quanto sia brutto stare male e non vuole far preoccupare le persone vicine.

Perché è tanto semplice fingere che vada tutto okay, nascondere le lacrime dietro a un sorriso ben costruito. È semplice piangere in silenzio e poi cancellare le lacrime, come se nulla fosse, come se con loro si cancellasse anche il dolore.

Oppure, c'è chi non vorrebbe altro che piangere, eppure i suoi occhi rimangono più asciutti del deserto.

Ecco, io faccio parte di questa tipologia di persone.
È passata un'altra settimana, l'ennesima, ho onestamente perso il conto, il tempo mi scivola tra le mani come granelli di sabbia.

Alla fine, mi rimarrà solo un granello, e quella sarà la fine.

Eppure, io non vedo l'ora che arrivi quel granello, perché così smetterei di vedere gli altri andare avanti, ricominciare a vivere. Perché anche queste persone che ho visto, prima o poi torneranno a vivere realmente, tutti lo fanno. Tutti tranne io, che sono ancora fermo a quella sera.

Gli altri ricominciano a vivere, hanno vicino qualcuno. Fanno quello che io non ho il coraggio di fare.
Perché forse mia madre aveva ragione ad aver paura.

Però, c'è ancora qualcosa, che mi tiene in vita. Sono sul filo del rasoio, eppure qualcosa mi tiene in vita.

Perché oggi è venerdì.

Perché lei mi aspetta, e so che è una cagata, soprattutto perché non mi conosce, non sa nulla di me e quando parla faccio il finto duro, però, ogni venerdì, oggi sarà già il terzo, beh, non posso dire che le cose migliorino di tanto.
Però, vanno meglio.

Forse, inconsciamente, non voglio deludere anche lei. Forse, stupidamente, ho paura di deludere anche lei, come se realmente le potrebbe importare qualcosa...eppure, io continuo a presentarmi in quel bar
il venerdì sera, ad orari variabili. Come se un giorno la stronzetta potrebbe anche starci male se non mi vedesse entrare dalla porta il venerdì sera.

Com'è possibile che io sia ridotto così? Mi sembrava impossibile creare un rapporto così, basato sul nulla se non su un caffè.
Eppure, mi sembrava impossibile anche chiudere i rapporti con Jake, invece è quasi un mese che non ci parliamo.

Quand'è che quella ragazzina impertinente è diventata così importante per me? Com'è successo? Soprattutto, perché a me va bene?

Ho avuto la conferma che nessuno riesce a stare nella mia vita senza essere ferito. Quindi, però non mi allontano?
Perché non mi ribello a questo assurdo legame, probabilmente sentito da un solo lato, il mio.

Guardo in alto.

«Dammi un segno. Dimmi che andrà tutto bene. Ti prego fratellone, se è vero che sei tra le stelle e che mi stai guardando. Dimmi che andrà tutto bene, perché io credo di aver perso la speranza.
So della promessa che ti avevo fatto.
Ma anche tu sai che non sono mai stato bravo a mantenere le promesse. Anzi, sono sempre stato una frana in tutto.

Dammi un segno, uno solo, impercettibile. Ma ti prego, aiutami a capire qual è la cosa giusta da fare.»

Finisco di parlare, la pesantezza delle parole che ho pronunciato rimane nell'aria, anche se la sento solo io.

Guardo in alto, scruto ogni cosa nel disperato tentativo di trovare qualche segno.

Dopo poco, mi arrendo.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime che caccio indietro, ma una sola, con molto coraggio, mi scivola via e cade sulle mie guance.

Proprio quando quella singola lacrima tocca il terreno, una stella cadente passa nel cielo, è comparsa dal nulla, si fa vedere da me e sparisce nel nulla.

Spontaneamente, sorrido e a quel punto, tutte le lacrime seguono l'esempio della loro amica e mi inondano il viso.

Crollo contro il primo muro che trovo.

Piango tante lacrime, più di quelle che pensavo di avere.

Piango lacrime di tristezza, di dolore, di frustrazione, di felicità, di speranza, di rabbia.

Un uragano di emozioni esplode in me, ma non mi importa quante siano. L'importante è che ci siano.

Cup of loveWhere stories live. Discover now