5. Eppure

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Percepisco le mie iridi inumidirsi quando, fuori dal finestrino dell'aereo, osservo la mia Tokyo farsi piccola come fosse solo un plastico. Mi copro la bocca con la mano per evitare di emettere alcun singhiozzo. Non ho intenzione di farmi vedere da Kisaki in quel modo.

Sono forte, lo sono sempre stato. Determinato e intraprendente, a volte anche eccessivamente stronzo.

Ma in questo momento, pensando a lui, mi sento debole, vulnerabile, ferito...privo di vita.
Inupi. Inupi. Il suo nome rimbomba nella mia testa così tante volte che ad un certo punto quasi risuona male.

Perché continuo a pensare a lui? Perché non riesco a smettere? Perché, immaginando il suo viso sorridente nella mia mente, mi viene soltanto da chiudermi in bagno e piangere rumorosamente?
Non posso farlo però. Io sono forte.
Scuoto la testa. Non ci credo più neppure io.

«Non tenermi il broncio, avanti.» Mi fa Kisaki, quasi mi ero dimenticato della sua presenza accanto a me.
Non so che dire, così non rispondo. Continuo a fissare la mia dolce Tokyo, sperando inutilmente che la mia vista arrivi al quartiere di Inui, alla sua casa, al suo letto e sorprenderlo mentre dorme beato come un angelo...il mio angelo.

«Lo so che sei incazzato con me per non avertelo detto prima. So quanto ami Tokyo. È solo questione di...forse pochi mesi.»
«Non è questo il punto.» Dico io e la mia voce echeggia roca, perché non fatta uscire da troppo tempo.
«E qual è il punto allora?»
Lui. Inupi è il punto.
In questo momento mi giro e lo guardo «Come hai detto tu, amo la mia città e dover lavorare lontano da qui mi fa...»
«Incazzare?»
«Rabbrividire. Ma tu non puoi capire.» Detto ciò distolgo lo sguardo e mi rigetto sul finestrino, ma al posto della mia Tokyo scruto solo nuvole sotto di me.

«Aiutami a capire.» Esclama il mio collega.
Mi limito a sospirare, ma non aggiungo altro.

Credo di addormentarmi ad un certo punto. Lo percepisco soltanto quando nella mia testa sento la sua voce chiamare il mio nome. Poi lo sento ancora. Infine lo vedo, ad un metro da me, è bello come lo ricordo.
Lo fisso ammutolito. Aspetto che parli.
Mi guarda anche lui e sento quello sguardo lacerarmi le membra.
«Io non sono Akane.»

Quelle parole mi trafiggono l'anima, sento il dolore propagarsi in tutto il corpo.
È solo un sogno, è solo un sogno.
È solo un...incubo.
Provo a chiamarlo, ma dalla mia bocca non esce alcun suono. Grido il suo nome, sento la gola bruciarmi, ma lui non mi ode.
Mi metto a correre, anche se odio farlo. Voglio raggiungerlo, voglio toccarlo, voglio...

Più mi avvicino più lui sembra farsi lontano, poi si volta, il suo sguardo è impenetrabile. Vedo la sua schiena, io allungo la mano per afferrarlo, ma un istante dopo apro gli occhi.

«Siamo arrivati.» Mi dice Kisaki, destandomi.
Emetto un sospiro, mi stropiccio gli occhi e mi getto a capofitto nella mia nuova, raccapricciante vita di merda.

...

Ho passato il mese successivo più noioso della mia esistenza. Non parlo dei soldi, ovviamente. La società mia e di Kisaki ha fruttato il doppio dei profitti come mi aveva detto il mio collega prima del viaggio. Aveva proprio ragione. Il mio stipendio è aumentato radicalmente e sotto l'aspetto economico mi sento al sicuro.

Al sicuro.
Ripenso a queste due parole più volte e più le ripeto nella mia mente e più mi sembra un'idiozia. Al sicuro mi sentivo con Inupi. Era lui che mi faceva sentire al sicuro, protetto. Se c'era lui nessuno poteva farmi del male. Se c'ero io nessuno doveva permettersi di toccarlo.

Mentre questi ammorbanti pensieri mi lacerano la testa, finisco di bere la mia tazza di caffè in ufficio, ammirando un paesaggio collinare che, vivendo a Tokyo, non mi è familiare. Però è una mattina che poche volte ho potuto vedere nella mia città. Il cielo è meraviglioso, intriso dei colori tenui dell'alba.

Dove il mondo non ci tocca - Koko x InuiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora