Capitolo 1

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Il sole batteva forte e il vociare del mercato si mescolava agli odori di carne abbrustolita e pane appena sfornato, il vento portava a ondate anche l'odore di sudore degli avventori accaldati. Hamina era seduta su due casse di legno ribaltate e osservava il viavai da dietro il banco di frutta e verdura della sua famiglia. Sua madre stava contrattando con una donna tarchiata, avvolta in un vestito beige consunto sui gomiti e dalla voce profonda, come quella dei giganti. Suo fratello Yassin, invece, era intento a fare gli occhi dolci a tutte le giovani che facevano la spesa insieme alle loro madri.
Yassin era bello, alto, petto possente, braccia forti, barba incolta e occhi neri. Un fascino selvaggio che faceva stragi di cuori. Dispensava sorrisi e regalava arance, pompelmi e melograni alle ragazze più carine. Allo stesso tempo aveva il polso fermo quando doveva trattare con gli uomini, nessuno riusciva a strappargli sconti esagerati. Hamina si annoiava al mercato, aveva quasi ventun anni e non era quella la vita che aveva desiderato da bambina. Sua madre la voleva già sposata e con almeno un figlio E i nipoti quando arrivano?
Questo era il mantra ai pranzi di famiglia. I suoi genitori, i suoi zii, i cugini e persino i vicini quando la incontravano per strada le chiedevano quando si sarebbe sposata
perché il tempo stringe.

Già, perché la massima aspirazione di tutte le donne è avere un marito che le comandi a bacchetta; che assurdità!, pensava Hamina. Lei a cui i pretendenti non mancavano di certo. Due di loro in particolare erano i più assidui frequentatori del suo quartiere. Nasser era il figlio dei suoi vicini, lui le stava simpatico, Hamina si divertiva in sua compagnia, ma non aveva mai sentito il fiato corto o le mani sudate per la sua vicinanza. L'altro era Karim. Benestante, il partito perfetto per sistemarsi per tutta la vita. Peccato fosse prepotente e molto pieno di sé. Inorridiva solo a sentirlo apostrofare le donne di casa sua come insulse pettegole neanche in grado di cucinargli il pranzo. Sua madre, le sue sorelle, le sue cugine...se aveva questa considerazione della sua famiglia Hamina non era decisamente il suo tipo. Lei certi commenti non li avrebbe mandati giù tanto facilmente, avrebbe espresso il suo disappunto con grinta e determinazione come faceva sempre, anche se spesso questa sua sincerità non veniva molto apprezzata. Sua madre aveva provato tante volte a creare l'occasione lasciandoli soli quando Karim passava dal villaggio e si fermava a bere un the. Ma non c'era stato verso: Hamina non sopportava la sua presenza. Lui parlava soltanto di quanto fosse stancante la vita da scapolo, dei lussi, dei ricevimenti, dei pettegolezzi
"Mi piace venire qui in mezzo alla gente povera" diceva, non mancava occasione per sottolineare la loro differenza sociale e questo era l'ennesimo motivo per cui Hamina preferiva rimanere single. Non le chiedeva mai nulla, se non dei come stai di circostanza. E questo, di certo, non le bastava.

Lei non era come tutte le altre ragazze del suo paesino vicino al Nilo che bramavano un fidanzato come Karim. Lei voleva studiare, conoscere il mondo, viaggiare e lo desiderava fin da quando aveva 13 anni. Ma i suoi genitori non potevano permetterselo, o almeno così le avevano raccontato stroncando i suoi sogni sul nascere. Hamina si era adattata, senza lamentarsi troppo ma ogni giorno da quando era adolescente si recava al tempio di Iside di nascosto e pregava la Dea. Le chiedeva aiuto per far aprire gli occhi ai suoi genitori e far loro comprendere i suoi bisogni. L'appuntamento fisso al tempio risaliva proprio a quando era soltanto una ragazzina di 13 anni, purtroppo, però i frutti delle sue suppliche non si erano ancora concretizzati. Forse la Dea aveva richieste più importanti della sua da soddisfare.

Hamina sbuffó quando sua madre le diede l'onere di gestire la bancarella da sola ancora per un'oretta mentre lei tornava a casa a preparare il pranzo. Suo fratello Yassin si defiló sostenendo di dover andare a casa degli zii per aiutare loro padre a spostare alcuni mobili pesanti. Hamina non era incline a credere alle storie di suo fratello, ma d'altronde lui era il cocco di mamma, libero di fare ciò che preferiva. L'aria era diventata ancora più calda e la folla si era diradata quasi del tutto. Che senso ha rimanere qui se sono tutti a mangiare? Si chiedeva Hamina mentre giocherellava con un'arancia. Nessuno, si rispose da sola e alzandosi dalle casse decise di iniziare a chiudere la bancarella. Ma proprio mentre era intenta a sistemare i melograni nella cassetta qualcuno si avvicinò al banco "Scusa, sono ancora in tempo per acquistare delle arance?" Hamina si voltò pronta a dar battaglia, ma il suo impeto venne bloccato all'istante da due occhi verde smeraldo che la fissavano.
La giovane proprietaria di quello sguardo portava un abito lungo, bordeaux. Un tessuto sottile, tanto sottile da risultare trasparente. Teneva scoperti solo gli occhi.
"Certo, quante ne vuoi?"
"Una decina" la sconosciuta porse una  borsa ad Hamina, ma sporgendosi verso il banco, l'abito le scivoló scoprendole il braccio. Una scena simile non era così usuale in un villaggio come il suo. Abiti più scollati o accattivanti li indossavano soltanto le persone più ricche, che sfoggiavano oltre ai loro gioielli anche i loro corpi curati, depilati e in forma. Chi era quella giovane forestiera?
"Non ti ho mai vista qui, sei di passaggio?"
La giovane esitó, fece per rispondere poi si irrigidì come se avesse sentito un rumore e fece scivolare qualcosa nella mano di Hamina prima di sparire nel nulla. Hamina osservò il ciondolo che la ragazza dagli occhi verdi le aveva lasciato; era a forma di goccia e recava inciso un nome: Cleo.

Sotto il cielo d'EgittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora