Capitolo 7

15 3 0
                                    

Hamina finì di prepararsi "Niente male" convenne ammirando il suo riflesso nello specchio. Aveva indosso l'abito delle feste, quello che sua madre riteneva troppo scollato.
In effetti, non aveva tutti i torti. L'abito contava di un top arancione con fasce incrociate sul petto e dietro la schiena che le lasciava scoperti pancia, fianchi e braccia e di un paio di pantaloni dal cavallo basso, stretti alla caviglia. Arancioni anche quelli e dal tessuto morbido, leggero e fresco.
Doveva incontrarsi con Cleo quel pomeriggio e non voleva apparire trasandata. Per non sfigurare si era persino truccata gli occhi. Non era mai uscita in ghingheri con la luce del sole, solo la notte di nascosto quando andava alle feste clandestine insieme a Jasmine.
Cleo sarebbe rimasta senza parole.

Quella notte Hamina aveva dormito avvolta nel suo scialle che profumava di lei e la sensazione di piacere se la portava ancora sulla pelle. Cosa le stava succedendo? L'anima di Cleo aveva una forza attrattiva potentissima, la percepiva anche a distanza. I suoi occhi verde smeraldo rappresentavano questa forza attrattiva a livello estetico.
Erano la sua particolarità,il suo marchio distintivo.
Avrebbe potuto ascoltarla e ammirarla per ore e adesso si sentiva in trepidazione solo perché sapeva che l'avrebbe incontrata.

Non era un pretendente a farle quell'effetto, anzi, a pensarci bene, nessun pretendente le aveva mai fatto quell'effetto. Era una donna. No, più precisamente era un'anima bella, profonda e pura. Il pensiero di Cleo scatenava nella mente di Hamina solo immagini positive, pensieri allegri, luminosi, esattamente come lei.
Non le sembrava strano o fuori luogo avere certi pensieri, non era preoccupata del giudizio degli altri abitanti del villaggio nonostante fosse un tema così estraneo al loro modo di pensare. L'unica coppia possibile era quella formata da un uomo e una donna. Non c'erano alternative.
Non era preoccupata neppure dal proprio pensiero su se stessa, sui suoi sogni, sulle sue aspettative future. Trovava semplicemente normale seguire le sue emozioni, le sue sensazioni, tanto nelle faccende quotidiane, quanto nei pensieri e nei sentimenti.

Dopo essersi pettinata i capelli con la spazzola, si decise ad uscire dalla sua stanza. Non voleva far aspettare Cleo più del dovuto.
"Ciao, io sto uscendo, ci vediamo stasera" salutò di sfuggita i suoi genitori seduti fianco a fianco al tavolo del soggiorno.
"Hamina, aspetta!" sua madre aveva usato un tono perentorio. Il tono delle grandi strigliate. Hamina si aspettava una reazione simile per via del suo abbigliamento.
Si bloccò all'ingresso, immobile.
"Io e tuo padre dobbiamo parlarti. C'è una cosa importante che dovresti sapere" Hamina si voltò a guardarli con aria di sfida, ma quando inquadró i loro volti capí che l'argomento non riguardava il suo modo di vestire. C'era dell'altro sotto. Sua madre si era alzata e le indicava la sedia di fronte a sé "Siediti cinque minuti, è importante" ribadí in tono neutro. Neutro esattamente come la sua espressione che restava seria, imperturbabile, ma Hamina conosceva bene sua madre. Il suo viso parlava anche quando lei teneva la bocca chiusa. I suoi occhi non riuscivano a reggerle il gioco, il nero profondo delle sue iridi le stava comunicando qualcosa. Ma cosa? Sembrava dispiacere con una punta di amarezza. Hamina provò a protestare
"Ho un appuntamento, non voglio far aspettare Jasmine" ovviamente non aveva raccontato nulla di Cleo ai suoi genitori.
"Ti rubiamo solo pochi minuti" sua madre le indicò di nuovo la sedia di fronte a lei e stavolta il suo tono tradì una sfumatura supplichevole. Hamina cedette e guardinga si accomodó iniziando a studiare la situazione. Cosa avrebbe scoperto adesso?
Suo padre stava in silenzio, con le dita intrecciate appoggiate sulla superficie in legno della tavola. Fissava un punto sulla parete di fronte a sé ed esprimeva la tensione del monento dondolando la gamba destra sotto il tavolo. Era un uomo di poche parole, soprattutto con sua figlia. Hamina non ricordava molte occasioni in cui avevano avuto una conversazione. Era sempre sua madre che si rivolgeva a lei, per lodarla o più spesso, per rimproverarla. Era sempre sua madre che riportava il parere del padre durante le discussioni, sia che lui fosse presente sia che fosse fuori con gli amici a bere e giocare a dadi. Tuo padre pensa, tuo padre dice, Hamina non aveva mai avuto la fortuna di conoscere i pensieri di suo padre direttamente dalla sua bocca e si era chiesta più volte se anche sua madre in realtà non interpretasse a modo suo i silenzi del marito e riportasse a sua figlia ciò che più le faceva comodo per chiudere le discussioni. Hamina tirò indietro la sedia e si accomodó di fronte ai suoi genitori.
Dopo qualche istante di silenzio sua madre prese la parola "Tu sai quanto vi vogliamo bene e teniamo alla vostra felicità" parlava al plurale includendo anche suo fratello che al momento non era presente. Eppure Hamina, dentro di sé, sentiva che Yassin non era coinvolto in quell'agguato, lui era salvo. Quella in trappola era lei.
Iniziò anche lei a dondolare la gamba sotto il tavolo, quelle premesse non promettevano nulla di innocente.
"E sai anche quanto abbiamo sacrificato per farvi avere la vita migliore possibile" Hamina scrutava il volto dei suoi genitori, con attenzione. I baffi neri e folti di suo padre, le occhiaie e le rughe intorno agli occhi di sua madre. Erano invecchiati.
"Non abbiamo mai chiesto nulla in cambio, perché siamo i vostri genitori, abbiamo fatto tutto con il cuore" Hamina corrugó la fronte, dubbiosa. Sentiva aria di ma.
Sua madre smise di parlare, mentre continuava a torcersi le mani.
"Tuo fratello ha già 25 anni, un lavoro e può scegliere tutte le donne che preferisce. Un domani gestirà l'attività di famiglia e sarà lui a portare il pane a casa per sua moglie e i suoi figli" Doveva voleva andare a parare? C'era lei lì seduta, non suo fratello. Volevano rimproverarla per non essersi ancora accasata? Per il suo modo di fare polemico che allontanava gli uomini? Perché frequentava persone sbagliate come Jasmine?
"Tu ormai hai 21 anni, sei una donna, sei bella, intelligente, potresti gestire alla perfezione una casa, accudire il tuo sposo e - perché no? - renderci nonni" pronunciò le ultime parole abbassando lo sguardo e il tono di voce, come se fosse pronta a ricevere la furia di Hamina, che tanto si era battuta nella sua famiglia per far capire loro le sue vere aspirazioni e i suoi desideri per il futuro. Ma Hamina non esplose a quelle parole, rise amara. Un interruttore aveva fatto click nella sua testa. I suoi genitori volevano accasarla da quando aveva 15 anni, almeno a parole. Non si erano mai spinti oltre a frasi tipo Ma il fidanzato? Quando ci inviti al tuo matrimonio? Quando ci renderai nonni? Fastidiosi come interrogativi, ma pur sempre nell'ambito delle ipotesi. Hamina sentiva puzza di imbroglio stavolta.
"Noi ormai siamo vecchi, gestire la bancarella sotto il sole tutto il giorno sta diventando pesante per me. Tenere pulita la casa, occuparsi dei pranzi, delle cene, del giardino...a fine giornata sono distrutta. Ho un mal di schiena così forte la sera che fatico a riposare tanto che tuo padre mi prepara sempre un the speciale per sciogliere le tensioni e farmi dormire tranquilla" lui per la prima volta durante quella riunione famigliare annuì, senza distogliere lo sguardo dalla parete di fronte.
"Tuo fratello fa quello che può, ma in generale è sempre fuori casa, si sta costruendo una vita" Hamina alzò le sopracciglia sorpresa per quella dichiarazione. A quanto poteva constatare lei, Yassin non si stava costruendo nessuna vita fuori da lì. In casa faceva il minimo indispensabile perché era uno sfaticato e andava ad aiutare al mercato solo per potersi pavoneggiare con le ragazze del villaggio che venivano a fare la spesa. A lui non importava nulla di quella bancarella. Hamina era sicura che se i suoi fossero mancati improvvisamente lui l'avrebbe venduta. Ma era particolare la visione che sua madre aveva di Yassin, così distante dalla realtà. Non riusciva a rimproverarglielo, era la mentalità dell'epoca, del loro villaggio. I figli maschi erano i più desiderati, quelli che davano meno problemi, soprattutto a livello economico.
"Hamina, tu hai 21 anni" ribadí "sarebbe importante che iniziassi a pensare al tuo futuro e che la smettessi di uscire sempre con quella scapestrata di Jasmine. Quella ragazza pensa solo a divertirsi"
Il tono di suo madre si riempí di biasimo. Aveva smesso di parlare del fratello e adesso stava battendo sul suo punto debole. Il matrimonio.
La vita da moglie e da madre che Hamina non aveva nessuna voglia di costruirsi. Non erano quelli i suoi obbiettivi primari, lo aveva ribadito in più occasioni. Le dava fastidio anche il modo denigratorio con cui sua madre parlava di Jasmine, che era sì una ragazza leggera, che badava molto all'estetica e all'apparenza, ma che restava una sua amica. E ancora prima una donna che era libera di divertirsi e godersi la vita quanto le pareva e piaceva.

Quei discorsi smossero il suo orgoglio. L'orgoglio ferito di una figlia e l'amarezza che aveva provato poco prima si trasformò in nervoso "Mi state cacciando di casa?" le parole taglienti, aggressive.
"No, figlia mia. Non ci sogneremo mai di fare una cosa del genere...sono le circostanze" sua madre abbassò lo sguardo imbarazzata. Come se si vergognasse lei stessa di ciò che aveva appena detto.
"Le circostanze? Intendi le tue amiche strette? O le signore che comprano da te al mercato, eh? Sono loro che ti mettono in difficoltà con le loro domande impertinenti e le loro figlie sposate e incinte a 15 anni?"
Hamina affiló le unghie e la sua indole battagliera venne fuori più indomita che mai. Si alzò con aria di sfida mentre sua madre si coprí il volto con entrambe le mani e suo padre, per la prima volta, spostò lo sguardo su di lei.
"Dillo! Ditelo tutti e due" urlò Hamina con le lacrime agli occhi puntando il dito contro i suoi genitori. Sapeva come sarebbe finito quello scontro.
"È Karim, non è vero?" rise amara lei, osservando i suoi genitori disperati. Sua madre scuoteva la testa e sussurrava preghiere a labbra socchiuse. Suo padre strinse il bordo del tavolo fino a farsi venire le nocche bianche.
"Non abbiamo avuto scelta. Lui è un pezzo grosso e tu...hai già 21 anni! Entro la fine della settimana sarete marito e moglie" suo padre in tono impersonale mise la parola fine ad ogni discussione. Si alzò come un automa e si infiló in camera da letto chiudendosi la porta alle spalle.
"Perché?" Hamina non riusciva a spiegarsi il brusco cambiamento. I suoi genitori, per quanto all'antica, non le avevano mai imposto nulla. Si lamentavano, ma era sicura non si sarebbero mai spinti così in là pur di non sfigurare agli occhi degli altri. Non erano mai stati interessati al giudizio altrui, avevano sempre agito di pancia.
Quanto potevano essere cambiati dal racconto di Cleo? Da quel giorno in cui avevano offerto il pranzo ad uno sconosciuto. La vita poteva davvero stravolgere le persone così nel profondo? Tanto da buttare la propria figlia nelle mani di un uomo egoista, superficiale e interessato soltanto ai lussi come era Karim?
"Mi dispiace" sua madre alzò lo sguardo. Aveva gli occhi rossi e tirava su col naso. Hamina si stupì di sé stessa, non provó tenerezza in quel momento, non le si strinse il cuore come succedeva ogni volta che in casa i toni si alzavano troppo e scopriva sua madre piangere in un angolo del soggiorno in silenzio. In quei casi la stringeva fra le braccia, ma adesso no. Si sentiva ferita, tradita dalle persone che più di chiunque altro avrebbero dovuto proteggerla.
Scosse la testa e stringendo i pugni spalancò la porta e uscì di corsa. Camminava senza una meta precisa, si era persino dimenticata il suo appuntamento con Cleo. Voleva soltanto fuggire, le mancava il fiato, si sentiva in trappola.
Corse fino al porto, si sporse, guardò l'orizzonte, le navi che salpavano e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Perché le avevano fatto questo?

Sotto il cielo d'EgittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora