Capitolo 12

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Hamina si mise a sedere sul letto e osservò il cielo fuori dalla finestra. Dopo essere stata in giro nel villaggio fino ad un paio d'ore prima, aveva deciso di rientrare a casa quando tutti sarebbero andati a dormire. Non aveva voglia di vedere nessuno né di dare spiegazioni. Si strinse le ginocchia al petto e si chiese quanto sarebbe stata diversa la sua vita da lì a ventiquattro ore. Era rassegnata e stanca, ma i pensieri che si affollavano nella sua mente non le facevano chiudere occhio. Era tardi e una parte di lei non voleva dormire perché altrimenti il giorno fatidico sarebbe arrivato troppo in fretta. E lei non era pronta a condividere i suoi giorni con un uomo che non amava e soprattutto che non vedeva l'ora di prevaricarla.

Dovevano essere le 3 del mattino, fuori era buio pesto, l'unica luce proveniva dalle stelle e dallo spicchio di luna alto nel cielo. Se si escludeva il leggero bagliore che si intravedeva nell'abitazione del vicino. Chissà se anche lui non riusciva a dormire perché la sua vita sarebbe radicalmente cambiata in peggio. Chissà se immaginava cosa stesse provando Hamina in quel momento. Non riusciva neanche a definire a parole la morsa che le attanagliava il cuore e ingabbiava le sue speranze.
Dopo che Hamina era uscita di corsa da casa, suo fratello Yassin aveva approfittato della sua assenza per indagare e trovare qualche informazione utile per aiutarla. Purtroppo l'esito non era stato positivo, né sua madre né suo padre ricordavano nulla dell'oro e soprattutto avevano negato di essere stati ricattati da Karim.
Possibile che non vi ricordiate nulla?
Li aveva aggrediti Yassin.
Magari non ci ricordiamo perché non è mai accaduto aveva ribattuto offeso Esram.
Ma papà perché Hamina avrebbe dovuto raccontarmi una storia tanto assurda se non fosse vera? Aveva insistito lui.
Yassin, basta! Il matrimonio si farà. Vera o meno che sia questa storia tua sorella domani si sposerà. Esram, senza aggiungere altro, si era alzato di scatto facendo strisciare la sedia sul pavimento. Per lui la conversazione, se così si poteva definire, era terminata. Yassin lo aveva seguito con lo sguardo mentre si chiudeva la porta della camera alle spalle.
Taeh, sua madre, non aveva fiatato durante tutto lo show di Karim poi quando lui se n'era andato aveva iniziato a piangere. Era dispiaciuta perché, per quanto si sforzasse, non riusciva a ricordare nulla di quegli eventi. Yassin non se l'era sentita di infierire ed era andato a dormire sconfitto.

Hamina sospirò e puntò lo sguardo su una stella che brillava in alto nel cielo. Dove sei Cleo? Solo a pensare a lei sentí mancare il terreno sotto i piedi. Come se lei fosse l'unica speranza che le restava. Salì sul davanzale e come si era abituata a fare saltò giù in giardino. L'aria della notte era fresca, ma lei non se ne preoccupó troppo e nel buio sgattaioló fuori da casa.
Passeggió con calma, rasente ai muri delle abitazioni per non farsi scorgere da qualche insonne pettegola. Quando arrivò al tempio si fermò all'ingresso. Puntò ancora lo sguardo verso l'alto e pensò a Cleo. Mi manchi. Nel suo cuore si rincorrevano emozioni contrastanti, ma quella più forte in assoluto era l'inquietudine per ciò che sarebbe successo poche ore dopo. La sensazione di impotenza che la rendeva una pedina nelle mani del destino era insostenibile.
Entrò nel tempio e si avvicinò alla statua della Dea, si inginocchió e per la prima volta nella sua giovane vita iniziò a pregare veramente. Chiese aiuto al cielo per affrontare il suo futuro, chiese agli Dei di ricevere la forza necessaria a guardare il lato positivo di questa brutta situazione. Chiese aiuto per suo fratello che le era stato vicino nel momento del bisogno. Chiese aiuto per Cleo e persino per Karim, perché non conosce il male che si trascina dietro agendo in questo modo subdolo e meschino. E poi come una piccola scintilla, sentí forte il bisogno di perdonare i suoi genitori. In fondo, non era colpa loro, cominciava a sentire che il peso sul cuore si stava affievolendo; il rancore non era mai stato un suo alleato fedele, lei non riusciva a tenere il broncio per troppo tempo con le persone che amava. In questa occasione invece le risultò molto più difficoltoso non pensare ai suoi genitori come gli artefici della sua rovina. Eppure in quel momento percepí un calore nel suo cuore che si espanse in tutto il corpo Non è colpa loro. Quella frase rimbombó dentro di lei come una sentenza, una certezza. Adesso ne era pienamente convinta, non desiderava più che sua madre è suo padre soffrissero vedendola tra le braccia di un uomo malvagio, non voleva che si sentissero colpevoli. Per lei non lo erano più. Non è colpa loro. Rivolse agli Dei i suoi pensieri più puri e il risentimento si consumó lentamente come fosse mangiato dalle fiamme di un fuoco ardente. Anche i suoi genitori, esattamente come lei, erano state vittime innocenti della malvagità di Karim.
Come posso avercela con loro? Non avevano altra scelta. Non aveva più pretese, si rendeva conto che quella era la sua battaglia, adesso toccava a lei combattere. Quando si rialzó guardò verso il cielo e intercettó con lo sguardo una stella.
Il suo pensiero volò a lei.
Dovunque tu sia, non ti dimenticherò mai.

Sotto il cielo d'EgittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora