Capitolo 17

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Dicembre 2022

Stavo camminando da circa venti minuti per le strade ormai buie di Monteverde, con la testa più pesante del solito, a causa di tutti i pensieri sbagliati che mi attraversavano la mente alla rinfusa da quel pomeriggio. Le mie gambe si muovevano da sole , come se avessero vita propria, come se conoscessero meglio di me quelle strade e stessero già dando vita alle mie preoccupazioni , quelle a cui mi ripetevo fermamente di non dover dare ascolto.
Quelle vie, quegli scorci, il profumo dei cornetti appena sfornati, il lontano rimbombo dei palloni proveniente dai campi di calcetto della parrocchia, persino l'odore dei fiori violacei sparsi disordinatamente lungo il marciapiede, sembravano urlare il tuo nome.
Ogni sguardo era un ricordo, come se i miei occhi catturassero ogni particolare in uno scatto, in una cartolina immaginaria che, purtroppo, na aveva più un destinatario. Adoro le fotografie perché restano così come sono, anche se le cose cambiano. Così feci saettare il mio sguardo ovunque tentando di intrappolare ogni dettaglio, seppur insignificante, aggrappandomi angosciosamente ad ogni  memoria, ad ogni testimonianza che dimostrasse che noi siamo esistiti, che noi eravamo lì , che noi, nonostante tutto, un " noi" a modo nostro lo eravamo, e che sebbene in quel momento , guardandomi intorno,  riuscissi a notare solo qualche traccia sbiadita, tu dentro di me avevi costruito un monumento.
E mi sembrava ancora di intravederti, mentre mi sussurravi qualcosa all'orecchio nel vicolo accanto al supermercato, o mentre mi raccontavi della tua giornata seduta sui gradini di fronte alla gelateria, quando ancora non mi vedevi davvero ed io cercavo di elemosinare un po' del tuo amore.

Non dovevo venire da te, me lo stavo imponendo da quando avevo aperto gli occhi quella mattina con il tuo nome in testa, come non capitava da molto, perchè per una volta dovevo volermi bene e non potevo permettermi di riaprire una cicatrice che in quel momento si stava rivelando una ferita ancora fresca, cogliendomi di sorpresa, impreparato, facendomi dubitare di quanto mi conoscessi, delle mie capacità di misurare l'affetto che provavo nei tuoi confronti è di calcolare i granelli che fanno di me quello che sono.
Ma quella sera, alla fine, mi presentai sotto il tuo portone.

Lo sapevo il perché, anche se dal giorno precedente avevo preferito fare finta di nulla, per non provare paura o senso di colpa, come se quello sguardo non fosse stato fuori posto, fuori luogo, completamente sbagliato, per me, per te, per lei, sotto ogni punto di vista.

La sera prima eravamo stati invitati a casa di amici, per una cosa tranquilla, come ogni venerdì in quel periodo, quando ci riunivamo a casa di Lello per fare due chiacchiere e mangiare qualche fetta di pizza insieme.
Ero seduto sul divano di casa tua, Giorgia stava lavando i piatti ancora sporchi del pranzo in cucina, mentre mi parlava distrattamente. Io ridevo perché non stavo capendo nulla di quello che mi stesse dicendo, mentre lei proseguiva convinta con il suo discorso.
Il sorriso mi morì sulle labbra quando percepii i tuoi passi sulle scale, che scricchiolarono leggermente di comseguenza.
E mi sorpresi a guardarti, mentre la mia ragazza mi continuava a parlare ma sembrava che non riuscissi più a sentirla, che i suoni giungessero sempre più ovattati, mentre percepivo la sua voce farsi via via più lontana fino a svanire completamente, mentre la vidi di sfuggita uscire dalla cucina posando il suo sguardo su di me, ma non spostai comunque il mio ormai incatenato al tuo neanche  di un millimetro, perchè quella sera quando ti ho vista, per un momento, mi era ancora mancato un po' il respiro, quando ti sei presentata davanti a me con quelle calze a rete cosi familiari, un paio di stivaletti col tacco, e quel sorriso sexy da morire, il mio cuore ha perso un battito.
Per un secondo mi eri sembrata ancora tu, mi era parso di vedere ancora quella ragazza a volte un pò goffa e bella da morire che straparlava per ore, che avrei potuto riconoscere anche fra un miliardo di persone, che ogni volta che faceva il suo ingresso in una stanza era come se avesse un riflettore puntato constantemente su di lei.
E nell'esatto momento in cui io ho visto nuovamente quella ragazza, il resto del mondo si è nascosto nell'ombra, perché non ha mai retto il confronto.
La verità è che quando sei quella persona non hai competizione, e vorrei urlarlo a Giorgia che la felicità è bastarda, perché  io e lei abbiamo lottato ogni giorno per conquistarcela, per costruirci faticosamente il nostro presente, il nostro futuro, la nostra vita insieme, ma con te arriva sempre silenziosa, alle spalle, ti cinge la vita e ti avvinghia a se.
Vorrei gridarle in faccia che ci provo, che per quanto io tenti di farlo stare zitto e di non ascoltarlo, il mio cuore, ogni tanto, continua a ripetere quello che pensa, che lei è perfetta, che è la persona più giusta che avrei mai potuto conoscere, che la amo da morire, ma che a volte può mancarti anche la persona sbagliata, anche se non ne parli mai e quando nominano il suo nome fai finta di non sentire, che è doloroso, che mi fa uscire fuori di testa sentire la mancanza di qualcuno che, ti giuro, dopotutto non rivoglio nella mia vita.

Ero sotto casa tua perchè quello sguardo mi aveva incasinato tutto, e probabilmente lo aveva fatto anche con te, perché non mi ero più permesso di guardarti così dal giorno in cui mi sono reso conto di essermi innamorato di lei.
In quel momento realizzai che ero un coglione, perché mi stavo preoccupando per te quando avrei dovuto preoccuparmi per lei, che se a te avevo incasinato la giornata, a lei avevo incasinato la vita, perché il motivo per cui io quella sera stavo per suonare al tuo citofono invece che al suo, era lo stesso per cui lei era sicuramente più terrorizzata di te in quel momento, perché anche dopo un anno, anche dopo che quel "noi" sembrava solo un ricordo, tu quel ricordo l'avevi vissuto, c'eri stata dentro fino al collo, e sapevi che , nonostante fosse una memoria sfumata col tempo che ormai esisteva solo nel nostro passato, io sarei venuto prima da te, sempre, comunque, e mi stavi aspettando, ne ero convinto, sapevi già che ero lì, impaziente di parlarti, di rassicurarti, di litigare, di consolarti.
Passi le giornate a piangere in disparte, lamentandoti di aver perso il tuo migliore amico, puntandomi il dito contro ogni giorno per averti abbandonata, accusandomi di  averti messa da parte senza nemmeno uno straccio di spiegazione.  Ma tu sei troppo intelligente Vic, ti conosco meglio di chiunque altro, e se c'è un motivo per cui non ti ho mai chiesto scusa è proprio perché non ho mai avuto intenzione di farlo.
Fingere a questo punto non ha neanche più senso, non dopo tutto quello che abbiamo vissuto, quindi adesso puoi anche ammetterlo, puoi anche sputarmi addosso ciò che hai sempre saputo: tu per me sarai sempre al primo posto.
Quel ricordo per te era una garanzia, un'assicurazione per la vita, mentre per lei era una condanna, un punto interrogativo costante, perché al contrario tuo, l'aveva vissuto da spettatrice, e temeva in qualunque momento un passo falso, un gesto fuori luogo, perché mentre tu sedevi spensierata al primo posto, lei conviveva con la paura costante di slittare al secondo, e quello sguardo, seppur rimanendo solo una semplice occhiata, rappresentava la concretizzazione della sua paura più grande:

Io la amavo, ma amavo te di più.

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⏰ Last updated: Dec 26, 2022 ⏰

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𝑺𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒖𝒏 𝑪𝒂𝒔𝒊𝒏𝒐 𝑺𝒕𝒖𝒑𝒆𝒏𝒅𝒐 // Damiano x VictoriaWhere stories live. Discover now